Sabato, 20 aprile 2024 - ore 14.40

Jobs Act, distanze immutate tra governo e Cgil

Confronto serrato tra il ministro Giuliano Poletti e il segretario confederale Nino Baseotto. La critica del sindacalista: nessuna riduzione delle tipologie contrattuali. Pensioni, la promessa dell'esecutivo: interverremo sulla flessibilità in uscita

| Scritto da Redazione
Jobs Act, distanze immutate tra governo e Cgil

Era uno dei confronti più attesi delle Giornate del Lavoro e le scintille non sono mancate tra il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, e il segretario confederale della Cgil Nino Baseotto, l'uno di fronte all'altro sul palco del Salone dei Duecento di Palazzo Vecchio. L'unico punto condiviso fra i due è constatare quanto sia drammatico il quadro attuale dell'occupazione. Sulle contromisure, invece, la distanza tra esecutivo e sindacato - anche dopo il varo dei nuovi decreti sul Jobs Act - resta immutata.

In mezzo ai due, il presidente della Commissione episcopale della Cei, Giancarlo Maria Bregantini, che ha contribuito al dibattito con una serie di riflessioni sull'etica del lavoro: “L'economia – ha detto – deve essere considerate all'ultimo livello della società, non al primo. Per esempio, i centri commerciali aperti la domenica sono devastanti, non tanto per la messa domenicale, quanto per le famiglie, che vogliono ridurre ad un ruolo meschino”.

“Dobbiamo prendere atto di una situazione difficile, da un certo punto di vista terribile”, è il ragionamento di partenza del ministro il quale non si esercita in previsioni: “So soltanto che abbiamo alle spalle vent'anni di guai, errori e scelte sbagliate. La nostra intenzione è cambiare radicalmente il quadro per gestire il cambiamento”. “Le nostre critiche all'insieme del Jobs Act - precisa Baseotto - sono ben note. Noi proponiamo almeno due cose: garantire il ruolo del contratto nazionale; un nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che guardi anche al lavoro autonomo”.

 “Siamo intervenuti sul contratto a tutele crescenti – replica il ministro –. Vogliamo che il lavoro a tempo indeterminato costi strutturalmente di meno affinché torni a essere la tipologia principale. Che oggi sia solo al 15 per cento è aberrante. Una situazione che ha danneggiato i giovani non in condizione di progettare niente, e anche l'impresa ci perde perché non investe su quella persona”.

In tema di giovani, ma non solo, Poletti conferma l'impegno sui Centri per l'impiego: “Abbiamo stanziato 70 milioni, prima non c'era nulla. Poi ci sono le competenze delle Regioni con le quali mettersi d'accordo, ma un primo passo è stato fatto”. “Se però - replica Baseotto – in tema di politiche attive l'unica misura concreta è il contratto di ricollocazione, rischiamo di dover ricorrere ancora una volta ai voucher” che invece “andrebbero aboliti del tutto”.

Sul salario minino è confermato il passo indietro del governo: “Nella delega al Jobs Act c'era l'ipotesi di introdurlo – sottolinea il titolare del Welfare – ma poi abbiamo deciso di non farlo. Nel panorama italiano avrebbe avuto un effetto destabilizzante per la contrattazione” nella quale “le parti sociali hanno un ruolo e una responsabilità”.

Inevitabilmente si finisce a parlare della legge Fornero. “Troveremo i modi per la flessibilità in uscita – è l'impegno del ministro – Non possiamo però produrre altro debito da scaricare sulle nuove generazioni. Interverremo nella legge di Stabilità con questo vincolo”.

La flessiblità in uscita “sarebbe utile – precisa Baseotto – tuttavia le soluzioni svedesi nel mercato del lavoro italiano non funzionano. Serve una revisione profonda della legge Fornero, bisogna riattivare il circuito virtuoso dell'ingresso nel lavoro, e qui torna il tema della formazione. Certo, le parti sociali devono fare il loro mestiere. Noi vogliamo creare il rapporto più positivo possibile con la Cisl, la Uil e gli interlocutori delle imprese. Per dialogare, però, non possiamo essere solo noi, l'altra parte deve fare di più”. (M.M.)

Fonte: rassegna sindacale

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