L’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) ha pubblicato un nuovo studio sulla rivista scientifica Remote sensing, che delinea una nuova mappa di vulnerabilità delle precipitazioni di grandine avvenute nel Mediterraneo nell’ultimo ventennio, o più precisamente dal 1999 al 2021.
I fenomeni sono stati raggruppati in due categorie di severità: grandinate intense (caratterizzate da chicchi con diametro variabile da 2 a 10 cm) e grandinate estreme (associate alla formazione di aggregati ghiacciati con diametro superiore a 10 cm).
«A differenza dell’Europa centrale, dove questi fenomeni avvengono principalmente in tarda primavera e in estate, nell’Europa meridionale (in particolare nel sud Italia, nella penisola iberica e in Grecia), dove il clima è influenzato dall’elevata insolazione e dalla vicinanza al mar Mediterraneo, le condizioni ambientali sono le principali responsabili della formazione di forti grandinate durante la fine dell’estate e l’autunno. In questa fase dell’anno si registrano i valori più alti sia per quanto riguarda i fenomeni intensi che per quelli estremi», spiega Sante Laviola, ricercatore del Cnr-Isac e primo autore della ricerca.
In particolare, l’analisi dei trend per tutto il periodo preso in considerazione mostra una tendenza in crescita per tutti gli eventi grandinigeni, rivelando nel decennio 2010-2021 una crescita media rispetto al decennio precedente di circa il 30% per entrambe le categorie di severità.
«Questo risultato sembra trovare piena aderenza con gli andamenti delle principali variabili climatiche alla base della formazione dei sistemi temporaleschi intensi – conclude Laviola – Va comunque considerata la possibile incidenza del cambiamento climatico sulla frequenza, distribuzione e intensificazione di questi fenomeni, su scala globale e all’interno di hot-spot climatici, ovvero nelle aree climaticamente più vulnerabili».