Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 14.14

La sonata della violinista precaria

| Scritto da Redazione
La sonata della violinista precaria

Ah, sei musicista! E di lavoro cosa fai?". Intervista di Fabrizio Ricci, rassegna.it
Ah, sei musicista! E di lavoro cosa fai?". La domanda è ricorrente per i professionisti della musica come Sabina, 33 anni, che racconta le difficoltà di un mestiere non riconosciuto, in cui il lavoro nero è la norma DI FABRIZIO RICCI
“Ah, sei musicista... e che lavoro fai?”. La domanda che fa più male. Quella che non vorresti più sentire se di mestiere fai, appunto, il musicista. Ma anche quella che rende meglio l'idea di quanto questa nobilissima professione sia poco riconosciuta nel nostro Paese. Lo sa bene Sabina Morelli, 33 anni, che la musica la coltiva da quando ne aveva otto e oggi è una violinista, brava, ma precaria. D'altronde, Sabina non rappresenta di certo un'eccezione nel panorama dei musicisti italiani, visto che secondo i dati del Siam (Sindacato italiano artisti della musica) il 95% dei musicisti professionisti in Italia è rappresentato da lavoratori intermittenti. Ovvero, da precari che lavorano spesso in nero, non godono di alcuna tutela, non hanno il diritto di ammalarsi o di acquistare a rate, di accendere un mutuo o di fare figli. E una pensione, riforma o non riforma, non la vedranno mai.
D.Sabina, insomma, che lavoro fai?
R.Faccio la violinista precaria. Ormai l'aggettivo è parte integrante della risposta, visto che da quando ho iniziato è un continuo peregrinare in cerca di lavoro, passando da un'orchestra all'altra, da una città all'altra, anche all'estero. In Italia la vita del musicista è questa, una vita da nomadi, in cui sono impensabili normali relazioni sociali. E non è per niente facile.
D.Secondo te cosa non va in particolare?
R.E' il sistema che non funziona, a partire dalla formazione. In Italia se vuoi studiare musica lo devi fare di pomeriggio, al conservatorio, mentre la mattina fai un'altra scuola, i due percorsi sono completamente distaccati e non si tiene in nessun conto lo sforzo maggiore che lo studente è chiamato a fare. All'estero non è così, la musica è una materia che ha pari dignità e si studia la mattina insieme alle altre. Per di più, ora i miei dieci anni di conservatorio sono stati equiparati ad una laurea breve di tre anni. Non dico altro.
Poi arriva il momento di entrare nel “mercato del lavoro”...
E lì iniziano anche i dolori. Prima di tutto nessuno ti indirizza a fare master o scuole di specializzazione e men che meno a trovare un lavoro. Quindi le cose sono due: o si va per conoscenze e amicizie, all'italiana diciamo, oppure si fa come ho fatto io, si smette. Perché il panorama che ci si trova davanti può essere davvero desolante. E quello che ho trovato allora io, nella mia regione, l'Umbria, che da un punto di vista musicale non offriva nulla, lo era. L'unica prospettiva? Tirare a campare facendo quelle che noi in gergo chiamiamo significativamente “marchette”, ovvero suonando qua e là, rigorosamente in nero, spesso in condizioni poco consone (al freddo per esempio) e, soprattutto, senza gioia.
D.Ma davvero il nero è così diffuso nel vostro settore?
R.Il nero è la norma. Ti dicono “vieni a suonare tre giorni” e poi ti pagano 200 euro in contanti, nei casi fortunati la sera stessa, ma più spesso dopo sei mesi. Oppure, ti fanno un rimborso spese di 80 euro, sul quale comunque non si pagano le tasse, e poi il resto te lo danno in nero. Naturalmente senza alcuna garanzia, per cui se ti ammali, addio.
D.Verifiche, controlli?
Per esperienza personale dico: inesistenti. Da quando ho 15 anni e ho cominciato a suonare in questi contesti non ne è ho mai visto uno. Gli unici controlli rigorosi sono quelli della Siae sul diritto d'autore.

fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2012/12/19/95383/la-sonata-della-violinista-precaria

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