Al l’uscita, le considerazioni di Massimiliano Dolci di Flai Cgil, Gianfranco Scissa di Fai Cisl e Pietro Galvani di Uila Uil hanno dichiarato : ‘manteniamo ovviamente la massima prudenza nel giudizio — è la premessa — ma certamente siamo di fronte ad una svolta importante. E i primi elementi su cui possiamo contare ci fanno ben
sperare. Quella che si sta delineando è una ristrutturazione che salvaguarda anche i dipendenti. E ci sembra una garanzia il fatto che il compratore sia una azienda leader e lo è senza dubbio anche il fatto che stiamo parlando di una industria che non ha mai denunciato problemi di saturazione dei volumi produttivi nei propri stabilimenti, il che significa che non dovrebbe esistere un rischio di delocalizzazione» . E in quel senso, si mostra come potenzialmente rassicurante anche un altro aspetto: «Per noi — lo definisce ancora Dolci — è positivamente cruciale che si ragioni di vendita di tutti e quattro gli stabilimenti che Cloetta ha in Italia. Così si scongiura quell’ipotesi ‘spezzatino ’ che per un certo periodo era aleggiata e che poteva rappresentare una insidia diretta per Cremona». Per finire, nelle pieghe di una operazione che attribuisce alla divisione un ‘enterprise value’ di 450 milioni di corone svedesi (poco meno di cinquanta milioni di euro), e che Cloetta lega direttamente ad un complicato andamento d e l l’attività — nel 2016 Cloetta Italy ha registrato vendite per 745 milioni di corone svedesi (77 milioni di euro) e ha in tutto 400 dipendenti —, l’ultima nota positiva: l’intesa raggiunta stabilisce che per i prossimi cinque anni ci sia la prosecuzione di tutte le produzioni in atto”.