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La strana estate dei ristoranti italiani . I clienti preferiscono comprare cellulari| M.Scibilia

| Scritto da Redazione
La strana estate dei ristoranti italiani . I clienti preferiscono comprare cellulari| M.Scibilia

Con la crisi, la gente spende molto meno. Ma se non ci sono soldi e al ristorante i clienti fanno le scene se spendono 30-40 euro, come mai poi non possono rinunciare ad acquistare i cellulari di ultima generazione? Per il bene della nostra economia si devono rivedere al più presto le norme del settore ristorazione

Più negozi, bar e ristoranti aperti. La crisi è complice, ma la gente spende meno anche nei ristoranti aperti. Sono già diversi anni che in agosto resto aperto con la mia Osteria della Buona Condotta, convinto (e lo sono tuttora) di dare un servizio ai miei clienti tradizionali ma anche speranzoso dell’idea di conquistare qualche cliente nuovo. E in parte anche quest’anno, almeno fino ad oggi, 14 agosto, l’obiettivo sembra raggiunto. Ma questa è un’estate strana...

È vero, la gente spende molto meno. Nel vino per esempio è tornato di prepotenza quello sfuso. Oggi sono andato a comprare il giornale in un grande negozio Mondadori a Vimercate (ci vado anche per osservare cosa fa la gente che non va in vacanza) e mentre noto che in tanti sfogliano riviste e quotidiani senza poi comprarli, il banco, l’unico con un po’ di gente in coda, guarda caso è quello dei telefonini. Cattiva considerazione, ma se non ci sono soldi e al ristorante poi fanno le scene se spendono 30-40 euro, come mai alla fine si comprano i cellulari ultimo modello? Ma questo è un lungo dilemma.

Dobbiamo prepararci all’Expo, dobbiamo imparare almeno l’inglese, dobbiamo stare aperti di più con orari internazionali, per favorire gli usi e i costumi tipici delle grandi metropoli, dobbiamo assumere i giovani, dobbiamo abbassare i prezzi dei nostri servizi e via dicendo. Strano il nostro Paese: mentre l’industria per non soccombere dinanzi alle tasse altissime e dinanzi ad un costo del lavoro spaventoso “delocalizza”, noi piccole imprese (sopratutto bar e ristoranti) che non possiamo trasferirci all’estero dobbiamo sottostare a tutto quello che appunto l’industria evita del nostro Paese.

E infatti i ristoranti stanno chiudendo. Ma noi, quasi eroi in questo nostro Paese, subiamo in maniera “urlata” controlli, retate fiscali, quasi che, nonostante gli studi di settore, la non emissione dello scontrino sia il problema della nostra economia. L’industria che ha le sedi sociali per esempio a Belgrado o a Dublino è fatta tutta di brave persone?

Strano il nostro Paese, ed io dopo trent’anni di lavoro non l’ho ancora capito. “Settore dalle uova d’oro”, “si fa il nero dalla mattina alla sera”... Strano, chissà perché la maggior parte delle attività sono in vendita. E chissà come mai i cinesi acquistano a man bassa ovunque. Stupidi i miei colleghi: perché vendere un’attività così redditizia? Anche io spero nel cinese di turno.

Poi dall’altro lato, leggendo il nostro “Italia a Tavola” ed anche le cronache dei quotidiani, si apprende appunto delle continue frodi, sequestri e controlli che Nas e Asl stanno facendo nel settore. Operazione “Ferie in sicurezza”: 540 tonnellate di cibo sequestrato, 27 ristoranti chiusi, ecc. Quasi che di professionisti di cucina non ne esistano più, quasi che l’improvvisazione stia regnando nel settore più importante del Made in Italy, cioè l’enogastronomia. Perché?

 

Ho usato la parola improvvisazione coscientemente. Sostengo da tempo che nel nostro Paese si mangi male, che la nostra clientela è solo alla ricerca di luoghi dove si spenda poco, senza badare o meglio senza saper più riconoscere la qualità. E infatti non per nulla (e per fortuna) ci sono i controlli. La qualità degli alimenti è direttamente proporzionale ai prezzi offerti. È chiaro che a prezzi bassi corrispondono una cattiva qualità degli alimenti, una cattiva qualità della sicurezza alimentare e sicuramente una gestione del personale molto “allegra”.

Forse dobbiamo fare anche noi come in tanti Paesi, Usa in testa, dove è d’obbligo esporre il risultato dei controlli sanitari. Il cliente deve essere informato di tutto questo e sicuramente dopo l’effetto delle liberalizzazioni dei decreti Bersani, bisogna tornare ad una selettività di chi vuol entrare nel settore della somministrazione. Perché un elettricista o un idraulico, per fare un esempio, debbono avere patentini e simili per poter esercitare, mentre chi dà da mangiare alla gente in fondo ha meno obblighi? In Italia ci sono il doppio dei ristoranti che in Francia o in Germania: non è il caso che nel bene del Paese e della nostra enogastronomia si ricominci a rivedere le norme del nostro settore?

Dove sono i nostri grandi Cuochi? Non potrebbero per qualche minuto interrompere la superludica presenza mediatica e aiutare tutto il comparto? Una strana estate, quella del 2013. Chissà che autunno ci aspetta...

di Matteo Scibilia

Fonte: http://www.italiaatavola.net/articolo.aspx?id=31114

2013-08-20

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