Giovedì, 02 maggio 2024 - ore 12.27

L’abbraccio di Caino e Abele dentro l’Assassino dei Sogni

| Scritto da Redazione
L’abbraccio di Caino e Abele dentro l’Assassino dei Sogni

Per gli uomini ombra il giorno comincia e finisce quando apri gli occhi (“L’Urlo di un uomo ombra”, di Carmelo Musumeci,  Edizioni Smasher, 2013).
Questa settimana ho fatto un colloquio particolare. Ho incontrato Mario Arpaia, Presidente di “Memoria Condivisa”.
Aspettavo questo incontro come quando si attende la libertà.
Mario è partito dalla Puglia per incontrare un avanzo di galera, un cattivo e, per la legge, colpevole per sempre come me.

I nostri sorrisi si sono incontrati ancora prima dei nostri occhi.
Poi ci siamo guardati l’un l’altro.
I nostri occhi si sono subito capiti senza parlarsi.
E hanno fatto immediatamente un patto di alleanza perché ci siamo accorti che entrambi sappiamo leggere negli sguardi.

Io ho visto la sofferenza di Abele.

E lui ha visto quella di Caino.

Poi ci siamo abbracciati.

E ci siamo commossi.

Lui con le sue lacrime da buono.

Ed io con le mie da cattivo.

Poi ci siamo parlati come due fratelli sconosciuti che non si vedevano da tanto, forse da troppo, tempo.

- Mario, un uomo ombra non può fare altro che aggrapparsi ai ricordi per attenuare la sua sofferenza. E anche se i bei ricordi non fanno scomparire il dolore, a volte lo rendono più sopportabile. Non ti nascondo che è un po’ di tempo che trascorro notti difficili. Agitate da ricordi e pensieri. E non riesco più a separare gli uni dagli altri. Ti confido che dopo ventitré anni di carcere non riesco più a sognare la libertà, neppure quando dormo. D’altronde questi sono gli ultimi anni della mia vita e non ho più nessuna speranza cui aggrapparmi,  perché è difficile, per non dire impossibile, che riuscirò a uscire vivo dal carcere.  Se la vittima del mio reato chiedendo apparentamene giustizia vuole invece esclusivamente la mia sofferenza, in un certo modo mi assolve dei miei reati. Nella mia mente non ho neppure più spazio per l’odio e il rancore contro i buoni che mi tengono ancora dentro senza che sia più necessario.

- Carmelo, non sono d’accordo con l’ergastolo ostativo. E sono d’accordo con te che è maledettamente sbagliato il ricatto della delazione in cambio di benefici: scambiare qualcosa o qualcuno per tornare in libertà. Piuttosto bisognerebbe uscire da carcere perché uno lo merita e non perché usa la giustizia per poterlo fare. Coraggio. Non ti arrendere. E non perdere mai la speranza.

Poi l’incontro è finito.

E ci siamo guardati ancora una volta con gli occhi lucidi dentro l’anima.

Dopo lui è andato verso la libertà, portando un po’ della mia morte,  ed io sono rientrato nella mia tomba, portando un po’ della sua vita.

Carmelo Musumeci

Padova, ottobre 2013

 

www.carmelomusumeci.com

Scrivo dopo aver incontrato per la prima volta nel carcere Due Palazzi di Padova Carmelo Musumeci, ci sono arrivato tramite Nadia Bizzotto. Ho firmato come tanti per il "fine pena" e l'abolizione dell' ergastolo. Entrare in un carcere per la prima volta è stato traumatico, ho provato grande sconforto, il lungo abbraccio con Carmelo ha in parte placato l'ansia.

E' stato un lungo colloquio, sono stato fortunato, lo abbiamo fatto nell'area verde, era da tanto tempo chiusa ai visitatori, in un giardino attrezzato con giochi per bambini. Carmelo mi ha confessato che ha provato disagio al solo calpestare il prato, essendo abituato al cemento della prigione da oltre 22 anni, lo hanno particolarmente colpito i colori dell'autunno, è tornata alla mente la poesia di Ungaretti, ricordate? Si sta come d'autunno le foglie sull'albero. Abbiamo lungamente parlato del suo percorso volto alla riabilitazione, dei libri pubblicati, del suo impegno in Ristretti orizzonti,la Redazione all' interno del carcere che stampa l'omonima   rivista. Carmelo ha voluto sapere di Internet e di Facebook,  a loro è inderdetta la visione, ha chiesto che ne pensassimo, abbiamo risposto: una rivoluzione continua, una grande finestra aperta sul  mondo.  Mi è tornata forte l'ansia al momento dei saluti, tre ore e mezza seduti su una panca in compagnia dell' Angelo custode di Carmelo, Nadia, che lo segue da tanti anni con amorevole passione, è lei che cura i rapporti con le case editrici, che lo assiste nell' impegno per una giustizia più giusta e per il recupero e renserimento nella vita di tutti i giorni e nel mondo del lavoro. Nadia è una donna molto forte, giovanissima a seguito di un incidente stradale, è diventata diversamente abile,  si è formata alla scuola di Don Benzi della Comunità Papa Giovanni 23°, il prete che ha dedicato tutta la sua vita al recupero degli ultimi, con grandissima umiltà. I saluti mi hanno molto angosciato, Carmelo verso le sbarre e noi verso la libertà.

Caro Carmelo,

penso spesso a Nelson Mandela anche perché ho visto un bellissimo film “Invictus” non vinto non sconfitto, la poesie che lo sostenne in prigione.

Dalla notte che mi avvolge

nera come la fossa dell’Inferno

rendo grazie a qualunque Dio ci sia

per la mia anima invincibile.

La morsa feroce degli eventi

non m’ha tratto smorfia o grido.

Sferzata a sangue dalla sorte

non s’è piegata la mia testa.

Di là da questo luogo d’ira e di lacrime

si staglia solo l’orrore della fine,

ma in faccia gli anni che minacciano

sono e sarò sempre imperturbato.

Non importa quanto angusta sia la porta,

quanto impietosa la sentenza.

Sono il padrone del mio destino;

il capitano della mia anima.

E'un omaggio a tutti quelli che vogliono crescere, diventare forti con umiltà (nello spirito) attraverso le sofferenze che inevitabilmente la vita ci affida poiché siamo sempre noi i capitani della nostra vita.

Caro Carmelo,

ci batteremo per abolire l’ergastolo ostativo, non è da Paese civile, la vendetta non deve colpire chi ha pagato e sta ancora pagando, la vendetta non fa vincere, la vendetta indurisce e  rende sterili. Gli amici americani di Peacefull Tomorrows mi hanno insegnato come trasformare il dolore in opere di bene. Sono i familiari delle vittime dell’attentato alle Torri Gemelle, si recano spesso a gruppi a Kabul ad aiutare quelle popolazione martoriate dalle guerra, spesso visitano il carcere di Guantanamo per controllare se tutti i diritti dei condannati sono rispettati.

Il primo atto di Mandela appena uscito dalla prigione fu quello di perdonare i suoi aguzzini, un gesto di pacificazione che ha salvato il SudAfrica dalla guerra civile.

Mario Arpaia

https://www.welfarenetwork.it/il-flop-i-di-governo-e-parlamento-20110804/

2013-10-23

1526 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria