Sabato, 04 maggio 2024 - ore 12.18

Le carriere separate tra giudici e pubblici ministeri sono un traguardo di civiltà di Francesco Nuzzo

I governanti, nella scelta dei sistemi di giustizia, possono mirare all’efficienza delle procedure, eliminando qualsiasi ostacolo alla repressione dei reati, o tendere alla garanzia dei diritti individuali della persona coinvolta nella vicenda penale.

| Scritto da Redazione
Le carriere separate tra giudici e pubblici ministeri sono un traguardo di civiltà di Francesco Nuzzo

Il prevalere di un valore o dell'altro riflette il più ampio rapporto tra autorità e libertà: i regimi assolutistici assecondano l’efficienza, i regimi liberali tutelano l’individuo. E’ del tutto naturale, perciò, che nei periodi di libertà siano larghe le garanzie dell’imputato, sicuri i diritti della difesa, pubblica la raccolta delle prove, aperti tutti i dibattimenti, preciso il potere dei giudici, indipendente e sovrana la loro funzione (sistema accusatorio); e, al contrario, nei periodi o nei paesi del dispotismo crescano i poteri delle polizie, le prove vengano raccolte nell’ombra, i banchi della difesa siano deserti, e divenuti ampi e arbitrari i poteri dei giudici, cresca, in proporzione, la loro soggezione al potere (sistema inquisitorio). Come è noto, il codice processuale italiano rispecchia, in via tendenziale, i caratteri del rito accusatorio, stabilendo con precisione il ruolo dei principali protagonisti del processo: il giudice è organo terzo e imparziale rispetto al pubblico ministero e all’i mputato, che sono rispettivamente la parte pubblica e privata del giudizio. Fermiamo la nostra attenzione sul pubblico ministero, che esercita l’azione penale, di cui la legge non dà alcuna definizione: contentiamoci di intenderla come insieme delle attività necessarie per ottenere dal giudice una decisione sulla fondatezza della notizia di reato, dichiarando se l’imputato sia o no colpevole del fatto di cui è accusato. Per lo svolgimento della sua funzione, egli può addirittura chiedere e ottenere, in presenza di alcune condizioni previste dalle norme, la carcerazione preventiva dell’inquisito, prima che la sua responsabilità risulti da una sentenza. 

Queste poche osservazioni, anche agli occhi del più profano di diritto, delineano poteri assai forti del pubblico ministero, che non sono bilanciati da quelli faticosamente riconosciuti all’imputato, la cui posizione dev’essere meglio rafforzata. Va da sé che la funzione dell’organo di accusa non deve subire restrizioni di nessun genere, men che mai mettendo in discussione la sua indipendenza. Però, c’è un però. Più sopra ho detto che la terzietà del giudice postula l’equidistanza dalle parti, e ora aggiungo che impone anche la separazione istituzionale del giudice dalla pubblica accusa: una scelta in armonia con la Costituzione, ma sentita come fumo negli occhi dal sindacato dei magistrati. Eppure, le carriere separate tra giudici e pubblici ministeri sono un traguardo di civiltà. Visto che è citato a ogni piè sospinto da quanti vogliono darsi un tono e conferire autorevolezza alle loro dichiarazioni, approfitto anch’io del pensiero di Giovanni Falcone, che in un’i n t e rvista a La Repubblica del 3 ottobre 1991 manifestò un’opinione netta, che non ammette integrazioni capziose o fuorvianti.

Affermò la necessità di una particolare formazione professionale del pubblico ministero che, per «esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica», si diversifica da quella del giudice, «figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti». Poi aggiunse: «Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pubblici ministeri siano, in realtà, indistinguibili». Esponenti della magistratura insi- stono nel magnificare la possibilità di reciproco mutamento tra le funzioni di giudici e pubblici ministeri, che garantirebbe, anche attraverso la loro comune formazione, miglior tutela dei diritti degli imputati e delle parti offese dai reati. E’ così pregevole la soluzione italiana che la comunità internazionale la guarda come esempio virtuoso. Capito? Gli avvocati delle Camere penali son bell’e sistemati. Le loro fastidiose lagnanze sull’urgenza di separare le carriere, in base a sofferte esperienze del lavoro quotidiano, non hanno alcun pregio (lo stile curiale calza a pennello), se messe al confronto con le idee di politici o funzionari abituati ad ammirare la Sirenetta di Copenaghen o le belle foreste finlandesi.

Francesco Nuzzo

 

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