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Le stragi dell’indifferenza e la banalità del male

"È mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità, né una dimensione demoniaca.

| Scritto da Redazione
Le stragi dell’indifferenza e la banalità del male

Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero […] perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla." (Hannah Arendt, La banalità del male) La filosofa e scrittrice tedesca, Hannah Arendt, nota anche per essere stata la corrispondente del settimanale New Yorker per il processo al gerarca nazista Adolf Eichmann, così spiegava la superficialità del male compiuto dal regime nazista, un male non radicato nell’anima, ma “banale” per i presupposti su cui nasceva e si perpetrava.

Queste parole oggi sono più che mai significative: è desolante lo scenario di questa modernità dove la “globalizzazione dell’indifferenza" – così efficacemente definita da papa Francesco – non considera la profonda sofferenza che alcuni popoli stanno vivendo sulla loro pelle. Il dolore di quelle persone che si imbarcano per tentare di raggiungere le nostre coste e che hanno conosciuto l’inferno “come qualcosa di reale, quanto le case, le pietre e gli alberi” avrebbe detto la Arendt che, esule ebrea perseguitata dal nazismo, fu per alcuni anni apolide.

La banalità del male la riviviamo oggi nelle parole di chi, pur ricoprendo un incarico pubblico, si beffa dei migranti scambiando il loro esodo per una vacanza in Italia. La respiriamo nelle parole della gente comune che, nei social media e per la strada, inneggia ai “700 intrusi in meno”. La ritroviamo nelle parole di quei politici che sfruttano la tragedia umana per fare campagna politica. Ma la banalità del male è anche nel duplice atteggiamento dei tecnocrati europei che da una parte, con le politiche di austerity, pensano soltanto a far quadrare i conti, a discapito della gente che, sempre più strozzata e resa insicura dalla crisi, trova l’ennesimo capro espiatorio per giustificare il rifiuto dell’altro. Dall’altra parte rimangono immobili e muti, chiudendo gli occhi di fronte alle ripetute ecatombi nel Mare Nostrum, come se la storia non avesse insegnato nulla. “Affinché il commento delle morti di migliaia di bambini, di donne e di uomini non assuma il triste volto della retorica, occorre che la comunità internazionale e l’Unione europea, trovino al più presto soluzioni politiche unitarie capaci di fermare quelle che rischiano di passare alla storia come vere e proprie stragi dell’indifferenza che lasciano nelle mani di spietati trafficanti di esseri umani, persone che scappano da guerre e persecuzioni” ha dichiarato Antonio Russo, responsabile Acli per Immigrazione, legalità e coesione territoriale. Ma le politiche unitarie hanno bisogno di un pensiero. L’Europa, culla della democrazia, dovrebbe indirizzare le sue risorse ed energie per affrontare il tema dell’accoglienza cercando di attivare un pensiero che vada alla radice delle cose, che distingua ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, attivando una facoltà di giudizio e considerando le implicazioni morali delle proprie azioni o omissioni. Solo così si può evitare di fare il male”. (www.acli.it)

 21 Aprile 2015

Fonte: www.acli.it

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