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Luino.IV NOVEMBRE: la grande guerra e il Milite Ignoto

| Scritto da Redazione
Luino.IV NOVEMBRE: la grande guerra e il Milite Ignoto

DISCORSO  IN  OCCASIONE DELLA COMMEMORAZIONE DEL  IV NOVEMBRE 2012
«Domani partirò per chissà dove, quasi certo per andare alla morte. Quando tu riceverai questa mia, io non sarò più. Forse tu non comprenderai questo, non potrai capire come non essendo io costretto sia andato a morire sui campi di battaglia. Addio, mia madre amata...».
E’ questa la parte più toccante della lettera che Antonio Bergamas scrive a sua madre sapendo di andare incontro a morte certa.
Ma chi era  Antonio Bergamas? Era uno dei duemila volontari partiti da Trento e Trieste: sudditi austriaci, che l'imperatore mandava a combattere in Galizia, contro i russi, o in Serbia. Ma in duemila disertarono, e andarono a combattere con gli italiani, contro gli austriaci, andando verso morte quasi certa: se anche sopravvivevano agli assalti, non venivano fatti prigionieri ma impiccati, come Cesare Battisti.
Sua madre Maria fu la donna incaricata novantuno anni fa di indicare il Milite Ignoto che riposa all'Altare della patria a Roma che rappresenta tutti i 650 mila caduti italiani nella Grande Guerra.
Il figlio di Maria Bergamas cadde sul Carso, nel 1915. Sei anni dopo, la donna fu portata nel Duomo di Aquileia, davanti a undici bare di ragazzi sconosciuti, come suo figlio. Lei si tolse lo scialle nero, e lo posò sulla seconda bara. A quel punto il cerimoniale tentò di farla uscire. Ma lei volle salutare anche gli altri caduti, come per chiedere scusa di non aver scelto loro. Arrivata davanti all'ultima bara, si accasciò per l'emozione. Poi si riprese, visse ancora una vita lunga, morì nel '54, e ora riposa nel cimitero di guerra di Aquileia, accanto agli altri dieci militi ignoti.
Il feretro del prescelto partì per Roma in treno. Fu un rito collettivo, un funerale di massa. L'identificazione del Milite Ignoto con i propri cari fu tale che una madre pretendeva di far aprire la cassa, certa di trovarvi i resti del figlio. Tra Aquileia e Roma, il treno si fermò in 120 città e paesi, dove sindaci e cittadini riempirono il convoglio con oltre 1.500 corone, sotto lo sguardo di folle inginocchiate. A Roma il treno arrivò il 2 novembre 1921. Alla stazione Termini lo attendevano il re con la famiglia e i 335 vessilli dei reggimenti schierati nella Grande Guerra. La bara fu portata su un affusto di cannone nella basilica di Santa Maria degli Angeli, dove vennero celebrate le esequie. Il 4 novembre , terzo anniversario della vittoria, alle 10 e mezza del mattino, il Milite Ignoto fu deposto in un loculo sotto la statua della Dea Roma. Vittorio Emanuele III lasciò una medaglia d'oro. Poi gli argani lasciarono cadere la lastra di marmo.
La memoria diretta della Grande Guerra si è spenta, gli ultimi fanti se ne sono andati uno dopo l'altro negli anni scorsi, e la memoria dei sacrifici e dei patimenti può vivere solo nei segni, nei racconti, nelle carte. Come la lettera che Antonio Bergamas scrisse alla madre, per spiegarle la sua scelta di andare a morire dalla parte degli italiani: «Perdonami dell'immenso dolore ch'io ti reco e di quello ch'io reco al padre mio e a mia sorella, ma, credilo, mi riesce le mille volte più dolce il morire in faccia al mio paese natale, al mare nostro, per la Patria mia naturale, che il morire laggiù nei campi ghiacciati della Galizia o in quelli sassosi della Serbia, per una Patria che non era la mia e che io odiavo. Addio mia mamma amata, addio mia sorella cara, addio padre mio. Se muoio, muoio coi vostri nomi amatissimi sulle labbra, davanti al nostro Carso selvaggio».
Sta proprio in questa toccante lettera del giovane soldato Antonio Bergamas il senso del IV novembre, ricorrenza nella quale ricordiamo la festa delle forze armate e l’ Unità d’ Italia.
Il nostro paese cominciò il percorso di unificazione nel 1861, ma a quella data tutto il Triveneto era ancora sotto il dominio austro-ungarico.
Solo con la vittoria della prima guerra mondiale nel 1918, l’ Italia riuscì ad ottenere nel corso della conferenza di pace di Versailles le regioni che ancora mancava all’ unificazione  italiana, il Triveneto appunto e poi l’ Istria.
La guerra non è mai una cosa bella e dobbiamo essere contenti di vivere in un periodo di pace.
Pace che in Europa perdura da oltre 60 anni (fatta salva l’ eccezione delle guerre nella ex-Yugoslavia), e questo grazie all’ unità del Vecchio Continente ottenuta in seguito agli sforzi dell’ Unione Europea.
Sono davvero fiero che quest’ anno il Premio Nobel per la Pace sia stato assegnato all’ Unione Europea, perché è proprio vero che grazie a questo organismo sovranazionale abbiamo garantita la pace.
Però ogni persona intellettualmente onesta deve riconoscere che la guerra può essere purtroppo un male necessario e come dicevano i Romani spesso “Si vis pacem, para bellum”.
La prima guerra mondiale fu sicuramente quella che il Papa di allora,Benedetto 15°, ebbe a definire “l’ inutile strage”, ma fu l’ unico modo per l’ Italia di giungere finalmente alla piena e completa Unità.
Il fatto che la vittoria italiana fosse una vittoria mutilata fu certamente una delle cause dell’ avvento del nascente Fascismo, periodo che sicuramente va condannato perché fu una dittatura che portò al disastro della seconda guerra mondiale e alle vergognose leggi razziali del 1938.
Ma non è questa la sede per parlare del Fascismo.
Concludo dicendo che, sull’ esempio di grandi italiani come Antonio Bergamas e del nostro luinese Armando Chirola a cui dedicheremo la piazza del parco a lago, dobbiamo essere fieri della nostra Patria.
Dobbiamo amare l’ Italia, rispettarne i simboli come il Tricolore e difendere l’ Unità della Nazione contro ogni spinta secessionistica.
L’ Italia è una grande Patria che deve tornare a essere grande nel contesto dell’ Unione Europea, della quale siamo tra i fondatori.
Non c’è futuro senza o fuori dall’ Europa.
Quindi dico soprattutto ai giovani ma in generale a tutti i cittadini: festeggiamo il 4 novembre, il 25 aprile e il 2 giugno: sono le date simbolo dell’ Italia.
Non dimentichiamoci mai che la Libertà che oggi noi diamo per scontata è frutto di eroi come Antonio Bergamas e  Armando Chirola e anche dei partigiani che insieme agli alleati liberarono il nostro Paese dall’ occupazione nazi-fascista.
Viva l’ Italia.

Alessandro Franzetti
Luino, IV Novembre 2012

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