Domenica, 05 maggio 2024 - ore 16.19

Non possiamo fallire ancora sulle riforme | Luciano Pizzetti

Dopo i fallimenti del passato ora non abbiamo alternative.

| Scritto da Redazione
Non possiamo fallire ancora sulle riforme | Luciano Pizzetti

Caro direttore, nei giorni scorsi Giuseppe Azzoni è intervenuto sul tema della riforma costituzionale. Giuseppe è personalità di valore della sinistra cremonese. Non valuto il suo giudizio politico, lo rispetto e basta. Vorrei invece confrontarmi sugli aspetti di merito sollevati. A partire dalla coda del suo intervento, laddove egli dice che De Gasperi, presidente del consiglio all’epoca dell’Assemblea Costituente, tenne il governo fuori dal processo costituente. Vero. Ma basta oggi? Molti, anche Azzoni, convengono sulla necessità di rinnovare la nostra Carta. Il Parlamento nella sua autonomia ha provato e purtroppo fallito tre volte. Nel 1983 con la Commissione Bozzi, nel 1992 con la Commissione De Mita/Iotti, nel 1997 con la Commissione D’Alema. Lo strumento delle Bicamerali si è rivelato inconcludente in questi 32 anni, la convocazione di una nuova Assemblea Costituente una via impercorribile. Solo nel 2001 e nel 2003, su spinta dei governi, il Parlamento riuscì ad agire. Nel 2001, su forte impulso del governo di centrosinistra, il Parlamento modifica il Titolo V recependo parte dei deliberati della Bicamerale D’Alema, riforma che il popolo approverà poi con referendum. Nel 2003 il Parlamento approva la cosiddetta ‘Riforma di Lorenzago’ su proposta del governo Berlusconi, riforma poi bocciata dagli italiani nel referendum. Nel 2014 il governo attuale si è fatto carico di sollecitare nuovamente il Parlamento, mettendo in campo una proposta di parziale riforma della Costituzione. Non si è imposto al Parlamento. Tant’è che la proposta del governo è stata notevolmente cambiata. Prima al Senato, poi alla Camera. Col concorso di molti, nonostante l’ostruzionismo . Vedremo se si giungerà a buon fine. Al termine del processo saranno comunque sempre i cittadini italiani a decidere con referendum. Un punto centrale della Riforma é il superamento del bicameralismo paritario che tante lentezze e incongruenze ha generato nel procedimento legislativo.

Lo si fa recuperando la proposta contenuta nel programma dell’Ulivo del 1995. La Camera dei Deputati sarà la sola detentrice del potere fiduciario col governo e la fonte preminente del potere legislativo ordinario. Il Senato diverrà il luogo di rappresentanza di Regioni e Comuni, che così entrano nel cuore del processo legislativo costituzionale e di raccordo con le Istituzioni europee, compensando il passaggio dalle Regioni allo Stato di alcune funzioni strategiche. Il Senato non sarà composto da nominati bensì da sindaci (eletti direttamente dai cittadini) e da consiglieri regionali (eletti in gran parte con le preferenze).Nei 28paesi dell’Europa, polmone della democrazia, 15 Parlamenti sono monocamerali. Nei rimanenti 13 bicamerali, in meno di 5 la seconda Camera è eletta direttamente. La democrazia europea non ha sofferto per questa ragione. Tra le tante cose, con la Riforma si rafforza il trinomio cardine del funzionamento dei sistemi democratici: partecipazione, rappresentanza, responsabilità. Responsabilità, attraverso una funzione più incisiva del governo. Rappresentanza, mediante una maggior efficacia del potere legislativo e di controllo parlamentare, anche in virtù di una riforma in essere dei regolamenti della Camera. Partecipazione, con una significativa facilitazione per le leggi d’iniziativa popolare, per l’attivazione dei referendum propositivi e con la maggior efficacia dei referendum abrogativi (con le norme ora previste molti degli ultimi referendum abrogativi sarebbero stati validi). Perciò non è in atto alcuna torsione autoritaria, caso mai leaderistica, iniziata però molto tempo fa con l’elezione diretta dei sindaci, e che va ora accompagnata con i cosiddetti contrappesi. Ovviamente non tutto è risolto per far funzionare in modo ottimale il sistema istituzionale. Altre questioni importanti che ora non è stato possibile affrontare (forma di governo, regioni a statuto speciale, macro regioni) dovranno essere trattate. Naturalmente la riforma costituzionale deve essere accompagnata da una riforma elettorale rispettosa della sentenza della Corte Costituzionale. Quella in cantiere trova fondamento nel consolidamento del bipolarismo e della scelta del governo da parte degli elettori mediante il doppio turno e il premio di maggioranza; nella  reintroduzione, non ancora del tutto esaustiva, della scelta degli eletti con la preferenza; nella garanzia del diritto di tribuna ai partiti minori mediante l’abbattimento al 3% della soglia di accesso alla distribuzione dei seggi. Un miglioramento enorme rispetto alla legge attuale e assai significativo rispetto alla prima versione del cosiddetto Italicum. Personalmente preferirei una legge elettorale a doppio turno con collegio uninominale e un Senato espressione dei governi di nuove regioni con popolazione non inferiore a 5 milioni di abitanti. Sono però consapevole che le riforme e le leggi si fanno col consenso della maggioranza non con i soli convincimenti individuali. Quelle proposte sono il prodotto di una buona sintesi democratica. Spero ulteriormente migliorabili. E rappresentano una risposta a quella crisi delle istituzioni che, in un tempo di serie difficoltà economiche e sociali, può tradursi in crisi della democrazia.

Luciano Pizzetti

*sottosegretario di Stato per le riforme costituzionali 

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