Perché ci colpisce tanto la bellezza in generale? Vincenzo Montuori (Cremona)
Egregio direttore, in questi tempi di brutture pandemiche (e non solo) in cui non si fa che alimentare divisioni e scontri reciproci, mi permetta di avanzare una riflessione su un argomento che dovrebbe interessarci tutti, perché è una delle aspirazioni più profonde della natura umana: cioè la bellezza, in tutte le sue manifestazioni.
Il quesito è il seguente: perché ci colpisce tanto la bellezza in generale?
Fermo restando il fatto che il nostro senso più sviluppato è la vista, che ci ha consentito il passaggio da raccoglitori primitivi a cacciatori a cui serve affinare lo sguardo per individuare le prede, la ragione di ciò che dicevo va ricercata, a mio avviso, in qualcosa che esula dal semplice atto della vista.
Non c’è ragione di essere invidiosi della bellezza, a meno che non riguardi un’altra persona; non si vede, infatti, perché bisognerebbe invidiare la bellezza di un tramonto o della Gioconda di Leonardo: basta contemplarne lo spettacolo.
Ma allora perché questa contemplazione ci lascia a volte stupiti e senza parole? Forse ciò deriva da un’intuizione che si attiva in noi e che ci lascia smarriti per la consapevolezza di essere inermi di fronte a quella apparizione, così che la bellezza è in effetti inconoscibile nella sua sostanza; e, quindi, nasconde un mistero, rimanda a un piano diverso dalla realtà, un piano che ci sforziamo di attingere ma a cui non riusciremo mai ad arrivare.
Dalla consapevolezza, più o meno chiara, di questo limite, potrebbe nascere il nostro disorientamento e quel senso come di nostalgia indeterminata che ci prende di fronte alla bellezza in tutti i suoi aspetti.
Vincenzo Montuori (Cremona)