Come si scrive una poesia Vincenzo Montuori (Cremona)
In poesia ogni elemento ha la sua funzione, anche quello apparentemente più secondario, come la punteggiatura che parecchi poeti contemporanei (ma non tutti) ignorano allegramente.
Eppure, l’uso della punteggiatura da’ un senso e un ritmo a sequenze di parole altrimenti indifferenziate.
Tra gli elementi della punteggiatura, ce ne è uno che sembra del tutto superfluo ma che si presta a diversi usi:il trattino.
Esso, infatti, può essere usato per isolare una parola o un gruppo di parole da una sequenza come in questo verso di Montale da “I limoni”:” la luce si fa avara - amara l’anima” o nel mio “-alle ciglia l’ombra ti si addensa-“(“Il Po a Pontelagoscuro”, v. 9); il trattino può essere usato per aggregare molto strettamente due parole (“una morte-destino” per dire “il destino di una morte”) o può funzionare da pausa più lunga del normale (—) se interposto tra due parole o messo in fine di verso come fa la Dickinson nei suoi frammenti ; o addirittura può essere usato fino al parossismo o collocato provocatoriamente all’ inizio del verso per sottolinearne la convenzionalità e la superfluità come fa Edoardo Sanguineti nei suoi testi.
Ma il trattino può essere usato tra due o più parole per rendere più evidente e fulminante l’analogia segreta che le mette in relazione come nelle sequenze di Marinetti :”folla-risacca, porta-rubinetto, donna-golfo “; o anche eliminato.
Ciò’ che non va bene è, sia per il trattino che per gli altri segni di punteggiatura, farne a meno a casaccio senza dare al testo un’organizzazione ritmica e semantica: insomma le parole non acquistano un senso e un rilievo poetici solo perché le si scrive le une dopo le altre.
(da “Aforismi del poeta da vecchio”, n. 21)
