Per farlo, è inannzitutto necessario superare la legge 20 febbraio 1958, n.75, ben più nota con il nome della sua prima firmataria, la senatrice socialista Lina Merlin. Tale norma decretò allora la chiusura senza appello delle case di tolleranza su tutto il suolo nazionale, vietando al contempo non tanto la prostituzione in sè, quanto piuttosto il favoreggiamento e lo sfruttamento della stessa.
Stando a la Repubblica, una 'cordata' politicamente trasversale di 70 parlamentari - deputati e senatori dal Nuovo Centro Destra al Partito Democratico, dal MoVimento 5 Stelle a Forza Italia - si sta facendo oggi portavoce di quel superamento. Tanto che mercoledì il 'manifesto' dell'iniziativa bipartisan, supportata da non meglio specificate "associazioni che sulla strada combattono tratta e sfuttamento", sarà presentato a Palazzo Montecitorio, sede dell'aula della Camera.
Il documento, sostenuto in primis dal presidente della commissione Sanità della Camera, Pierpaolo Vargiu (Scelta Civica), e dalla vicepresidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama Maria Spilabotte (Partito Democratico), poggia le proprie basi su alcune proposte di legge (di diverso colore politico e di diversa natura) ferme ormai da tempo in Parlamento. Tra i suoi punti centrali, ne emergono principalmente quattro: l'istituzione nei vari comuni italiani di specifiche aree 'a luci rosse'; la creazione in tali spazi di case protette in autogestione alle lavoratrici e ai lavoratori del sesso; l'obbligo per le prostitute (nella definizione vi rientrano anche transessuali e uomini) di procedere con l'iscrizione alla Camera del Commercio e con il pagamento delle tasse; l'obbligo per i clienti di utilizzare il profilattico.
