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Questione mais nel lodigiano

| Scritto da Redazione
Questione mais nel lodigiano

Questione mais nel lodigiano. Assessore Boneschi: “l’attenzione della Provincia resta alta”
Mais a rischio nel Lodigiano dal 2013? “E' una questione che stiamo seguendo con grande attenzione e già da qualche mese abbiamo sollevato il problema nelle sedi preposte. Auspichiamo che una soluzione venga trovata al più presto”. L'Assessore all'Agricoltura della Provincia di Lodi, Matteo Boneschi, interviene sul delicato tema della “condizionalità” dei campi che dal 2013 potrebbe costringere buona parte delle imprese agricole del territorio a cambiare produzione, con gravi ripercussioni sul loro fatturato e anche sugli equilibri del settore zootecnico lodigiano.

“All'origine del problema – spiega l'Assessore Boneschi – ci sono disposizioni comunitarie (il Regolamento CE 1782 del 2003), recepite dalla Regione Lombardia alla fine del 2007, che stabiliscono come, in base ai principi della condizionalità in tema di buone pratiche agricole, le aziende non potranno coltivare cereali in mono successione sullo stesso terreno per più di 5 anni. Il calcolo ha preso il via dal 2008 e dunque il primo quinquennio scadrebbe nel 2013: da quell'anno i campi in questione dovranno per forza ospitare un'altra coltura, così da evitare un'azione sanzionatoria nei confronti dei coltivatori”.
La situazione nel Lodigiano è molto delicata. I dati raccolti dal Dipartimento Agricoltura e Ambiente Rurale della Provincia fotografano una situazione, al 2010, che registra come la presenza del mais ripetuta sugli stessi terreni da almeno 5 anni riguardi oltre il 63% della superficie coltivata a questo cereale: 929 aziende sulle 1.149 che in quel periodo hanno coltivato mais con continuità.

“Il problema è capire quante di esse potranno rispettare nel 2013 i vincoli imposti dal principio di condizionalità; quante cioè avranno a disposizione terreno sufficiente per poterlo fare. E il quadro non è dei migliori – continua l’assessore Boneschi -: ben 435 aziende che volessero mantenere inalterata la loro quantità di produzione non avrebbero aree sufficienti da dedicare al mais in sostituzione di quelle da destinare a colture diverse. Di quelle poi, ben 207 sono a indirizzo zootecnico e quindi producono mais anche per autoconsumo: quel lotto di imprese gestisce quasi il 60 per cento del patrimonio suino lodigiano e oltre il 40 per cento di quello bovino. Per loro attenersi alla norma sarebbe praticamente impossibile”.

Ecco perché la Provincia si è subito mossa, raccogliendo l'appello delle organizzazioni di categoria fatto al tavolo agricolo provinciale. “Ho personalmente sottoposto la questione all'Assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia, Giulio De Capitani – chiarisce Boneschi -, nel corso del tavolo istituzionale che si è tenuto a maggio e la Regione si è impegnata a studiare la questione per proporre eventuali soluzioni. Stiamo aspettando che si concretizzino le prime ipotesi, così da discuterne nel più breve tempo possibile. Per il momento assicuriamo che la nostra attenzione è sempre alta”.

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