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REFERENDUM. La sinistra manca ancora una volta l’appuntamento| Ravelli e Vecellio

| Scritto da Redazione
REFERENDUM. La sinistra manca ancora una volta l’appuntamento| Ravelli e Vecellio

E LA SINISTRA, ANCORA UNA VOLTA, MANCA L'APPUNTAMENTO CON LA MODERNITA'. OGGI COME IERI E SEMPRE...
Ora che la campagna referendaria si è conclusa (almeno per quel che riguarda la sua prima parte, la raccolta delle firme e la loro consegna alla Corte di Cassazione) avremo tutti modo e tempo per riflettere e discutere su come è andata e su come poteva andare.

Il primo pacchetto di sei referendum spaziava dal finanziamento pubblico ai partiti all’8 per mille, dal divorzio breve alla legge Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze e la Bossi-Fini sull’emigrazione; per questo primo pacchetto non si sono raccolte le firme sufficienti. Il secondo pacchetto, quello sulla “giustizia giusta” ha invece – grazie al decisivo sia pure tardivo apporto di Silvio Berlusconi e del PdL - raggiunto il numero delle firme necessarie. L’abbia fatto per una sua strumentalità, l’abbia fatto con un fine suo “personale”, fatto è che Berlusconi ha firmato tutti e dodici le richieste referendarie, anche quelle che non condivide; e il PdL ha fornito il contributo e l’apporto che sappiamo.

L’altro pacchetto, quello dei dirtti civili, sulla carta poteva disporre dell’adesione e del sostegno di forze politiche e personalità della sinistra, che però al dunque, hanno dato un apporto irrilevante alla campagna: dal nuovo PSI a SEL a quei settori possibilisti della CGIL non è venuto praticamente nulla. Ancora meno, se possibile, dal Partito Democratico, escluse rarissime eccezioni, si contano sulle dita di una mano. Eppure sarebbe stato “logico” che su alcuni referendum si mobilitasse e garantisse le firme necessarie. Invece lo strumento referendum, ancora una volta, viene visto con diffidenza, ostilità. Conferma, ennesima che esiste un filo rosso che lega quello che era il PCI a quelli che oggi ne sono i “nipotini”.

Sembra essere una caratteristica della sinistra, quella di arrivare sempre con cinque minuti di ritardo agli eventi decisivi; e di schierarsi sempre, quasi sia un dogma, contro le modernità. Probabilmente non se lo ricorda più nessuno, ma è del 1955 (1955!) la sconfitta della FIOM nelle elezioni sindacali alla FIAT, sconfitta da allora rivelatrice dei grandi e gravi ritardi del sindacato e del PCI nella capacità di comprensione e di “lettura” dei fenomeni e delle trasformazioni economico-sociali del paese. Ancora: sono trascorsi cinquant’anni dalla riforma della scuola media unica. Una riforma importante, varata la vigilia di Natale del 1962, fortissimamente voluta dal PSI che l’aveva posta tra le condizioni per poter partecipare al governo di centro-sinistra con la DC e “rompere” con i frontisti. Grazie a quella riforma, nell'anno successivo 1963-64, le nuove scuole medie aprirono le porte a ben 600.000 figli di operai, contadini, artigiani, piccoli commercianti e braccianti, che fino ad allora non erano andati oltre la quinta elementare o l’“avviamento professionale” secondo le norme del 1928. A scuola, a farsi un’istruzione, ci andavano solo i figli dei ricchi; per gli altri, il grembiule della quinta elementare veniva sostituito da quello di garzone o apprendista. La scuola per loro era il lavoro. Senza alcuna possibilità di accesso al sapere. Grazie a quella riforma quei ragazzi hanno potuto studiare Italiano, matematica, storia, geografia, i primi rudimenti di lingue straniere; e si potrà discutere dei limiti di quella riforma, ma è indubbio che ebbe una portata storica: il tasso di quattordicenni in possesso di licenza media passò, nei dieci anni successivi, dal 46,8% all’82,3%. Decine di migliaia di giovani entrarono, poi, nei licei e nelle scuole tecniche e professionali dotati di una più forte cultura di base. Una riforma che costituì all’epoca una piccola rivoluzione, e che era, in definitiva la “semplice” attuazione della Costituzione, che all’articolo 3 sancisce: ”È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli…che, limitando di fatto l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”

Quante volte il PCI e i suoi eredi, letteralmente prendono fischi per fiaschi, e assumono posizioni politiche che non sono neppure conservative, ma puramente e semplicemente reazionarie? Abbiamo fatto due esempi, ma se ne potrebbero fare tantissimi altri, da riempirne una biblioteca.

La mancata adesione ad alcuni dei referendum radicali, averli boicottati e contribuito a farli fallire, è tutto sommato in piena coerenza con quello che si è fatto e sostenuto in passato. Sono ritardi culturali e politici gravi. Quelli di oggi al pari di quelli di ieri. Un conservatorismo progressista e di sinistra che oggi come ieri è una pesantissima palla al piede del paese.

Cr, 2.10.2013

Valter Vecellio e Sergio Ravelli

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