Il film "Cesare deve morire" è la storia di una resurrezione.
I detenuti grazie a Shakespeare tornano alla vita, reincarnandosi in personaggi liberi e importanti.
Loro: gli ultimi e i dimenticati.
I fratelli Taviani hanno usato il carcere come un teatro di posa e gli altri detenuti e persino le guardie come attori e comparse.
Eppure non c'è mai forzatura.
Anzi, il dramma della congiura acquista la potenza dei luoghi e delle persone del carcere
II detenuti si incarnano nei loro personaggi senza paure, senza pudore.
Li fanno entrare nei loro dialetti, nelle loro celle.
Perché sentono che il tradimento e la violenza loro li conoscono e li sanno raccontare.
Come parlerebbero della violenza che hanno inflitto e subito.
Alla fine il teatro ha trasformato loro, ma soprattutto me.
Al posto della benevola disposizione che avevo prima del film, mi alzo con un senso di rispetto e di gratitudine per quegli uomini veri - quegli attori veri - che mi hanno insegnato che la dignità non muore mai.
E che l'arte la può far risorgere.
Massimo Marnetto