Sono alcuni dei dati presentati al congresso della Flc, in corso a Napoli "Meno della metà dei ricercatori delle università italiane è assunto a tempo indeterminato. Mentre tra i ricercatori solo il 30 per cento ha un rapporto a tempo indeterminato". Sono alcuni dei dati presentati al congresso della Flc presentati da Francesco Vitucci, frutto di una ricerca sul precariato nelle università condotta da alcuni ricercatori su un campione di 1.700 questionari e dall'emblematico titolo di "Ricercarsi". Tra le conferme più allarmanti che emergono dalla ricerca c'è il fatto che negli ultimi 10 anni il precariato nelle università è quasi raddoppiato, con un aumentato di 10.000 posizioni. "Tutto questo - ha detto Vitucci - mostra con chiarezza che al blocco del turnover le università hanno risposto in un solo modo: facendo solo contratti precari". Molto negativi anche i dati "sociologici" che emergono dalla ricerca. La maggioranza dei precari espulsi in questi anni delle università italiane hanno almeno uno dei due genitori disoccupati, a dimostrazione, ha detto Vitucci, del fatto che "solo chi ha una famiglia alle spalle può permettersi lunghi anni di precariato. L'università si conferma quindi come uno dei luoghi in cui le diseguaglianze sociali anziché ridursi si amplificano". Negli ultimi 10 anni, infine, solo il 7 per cento dei 35.000 contratti stipulati si è trasformato in assunzioni, e il 35 per cento dei fuoriusciti è a oggi disoccupato. "Non solo uno spreco di risorse, ma anche la conferma che lo Stato è un datore di lavoro molto più spietato di qualsiasi manager di azienda privata", ha concluso il ricercatore (S.I.)
Ricercatori. «Nelle università pubbliche i precari sono maggioranza»
"Meno della metà dei ricercatori delle università italiane è assunto a tempo indeterminato. Mentre tra i ricercatori solo il 30% ha un rapporto a tempo indeterminato".
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