Martedì, 07 maggio 2024 - ore 08.18

Riforma della sanità - Meno ospedali, meno territorio

Più che un’evoluzione, un’involuzione. Questo lo stato del Servizio socio sanitario regionale, che emerge da un’indagine del Pd, a quasi un anno dall’avvio del processo di riordino portato avanti dal governo leghista, con tante promesse e grandi aspettative. Numeri alla mano, le criticità ravvisate e i timori raccolti tra gli operatori e gli utenti sono parecchie.

| Scritto da Redazione
Riforma della sanità - Meno ospedali, meno territorio

Più che un’evoluzione, un’involuzione. Questo lo stato del Servizio socio sanitario regionale, che emerge da un’indagine del Pd, a quasi un anno dall’avvio del processo di riordino portato avanti dal governo leghista, con tante promesse e grandi aspettative. Numeri alla mano, le criticità ravvisate e i timori raccolti tra gli operatori e gli utenti sono parecchie.

Lo slogan del Libro Bianco, da cui la riforma è partita, era meno ospedale e più territorio, ma i dati che ci arrivano dalla Città metropolitana dicono che ci sono due meno e nessun più. La distribuzione degli operatori, sbilanciata verso i compiti di programmazione rispetto a quelli di erogazione dei servizi ai cittadini, è emblematica. La maggior parte del personale delle Asl della Città Metropolitana è rimasto nella nuova ATS, che a differenza dell’ente che l’ha preceduta ha meri compiti programmatori, non più di erogazione di cure e servizi, che secondo la riforma devono essere forniti dalle ASST. Dunque, all’ATS è rimasto il 64,5% dei dipendenti (1838 tra amministrativi e personale sociosanitario), mentre solo il 35,5% è passato alle ASST.

Ma non solo. Un effetto visibile del mancato aumento dei servizi territoriali, in questo caso per il rallentamento nella realizzazione dei Presidi ospedalieri territoriali (POT – ospedali di territorio per cure a media e bassa intensità) e dei Presidi socio sanitari territoriali (PRESST), è che i cittadini continuano a rivolgersi al pronto soccorso come prima. Le cure non urgenti prestate nei PS, i codici bianchi e verdi, non sono affatto diminuite. Confrontando i dati dei primi mesi del 2016 con quelli del 2015 non solo non si vede nessuna riduzione del ricorso al pronto soccorso, ma addirittura un lieve aumento (+2,76%). E le prestazioni per nulla o poco urgenti gestite dal Pronto soccorso sono ancora la stragrande maggioranza: negli ospedali della Città Metropolitana, nel primo trimestre del 2016, l’incidenza dei codici verdi e bianchi è stata ancora dell’89,65%.

La riforma di Maroni sta dando esiti opposti a quelli promessi.  Occorreva dare più servizi sul territorio e realizzare l’integrazione tra sanità e prestazioni sociosanitarie, ma al momento non è così. Basti dire che i piani aziendali delle ASST non saranno operativi prima dell’inizio del 2017, mentre si temono chiusure di servizi nei diversi territori. La sanità lombarda si sta indebolendo, soprattutto quella pubblica. Sono state annunciate chiusure di ambulatori che possono creare disagio ulteriore agli utenti. Altri disagi hanno a che fare con i ritardi e le disfunzioni nella distribuzione di ausili e protesi, già segnalati dai cittadini e dovute a una mancata corretta riorganizzazione delle funzioni.

Si è inoltre inceppato il meccanismo delle “dimissioni protette” che prevedeva che un paziente una volta dimesso dall’ospedale, venisse indirizzato in una struttura riabilitativa, mentre adesso il processo è in stallo.

Sul territorio c’era attesa per l’integrazione tra servizi sociosanitari e ospedali promessa dalla legge e ad oggi gli operatori stanno lavorando con impegno per garantire la continuità in questa fase di passaggio, ma la politica regionale sta lasciando sfuggire le occasioni. Ci sono temi importanti, come la psichiatria, le dipendenze, la cronicità, che hanno bisogno di una sinergia tra ospedale, servizi sociosanitari, comuni e volontariato: la rete è pronta, manca l’indirizzo della Regione. E manca il luogo in cui la programmazione territoriale dei servizi, che era dei Piani di zona e da ora sarà degli ambiti, si riaccorda con la programmazione delle Asst e dell’Ats.

Come ha sottolineato anche Emilia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato a commento della nostra indagine, la preoccupazione per la Lombardia è grande perché la sua sanità è storicamente buona e se arretra lo fa anche il resto del Paese. La riforma lombarda è una sperimentazione e andrà valutata, ma sembra che non ci sia una visione della salute in Lombardia. Maroni non sembra averla. Le sfide sono l’innovazione, l’universalismo e la sostenibilità, perché non possiamo, come cittadini, essere uguali davanti all’aspirina ma diversi davanti alle cure contro il cancro. Occorrono risposte, tagliare gli sprechi, riconvertire la spesa ai bisogni di oggi, combattere la corruzione per risparmiare le risorse necessarie a garantire senza distinzioni l’accesso ai farmaci innovativi.

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