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Sabato a Cremona ‘Il veleno è donna’ e ‘Ricette fatali’, libri, danza e cucina

L’iniziativa si terrà sabato 7 marzo, alle 18:00, a Cremona, presso La Feltrinelli di Corso Mazzini, 20. La serata proseguirà presso la Cascina Lago Scuro

| Scritto da Redazione
Sabato a Cremona ‘Il veleno è donna’ e ‘Ricette fatali’, libri, danza e cucina

Sabato 7 marzo, presso La Feltrinelli di Corso Mazzini, 20, è in programma un doppio appuntamento letterario: Anna Lazzarini incontra Noa Bonetti e Katia Brentani, autrici rispettivamente dei libri Il veleno è donna e Ricette fatali. A seguire, ci si sposterà alla Cascina Lago Scuro, dove è prevista una cena intitolata Fame di Potere e arricchita da una performance di danza contemporanea a cura di Danzarea Slapstick. La cena, al costo di 30 € (bevande escluse), è prenotabile telefonando allo 0372 57487 o al 331 8242725. Per ulteriori informazioni, è possibile visitare il sito http://passaggi.wix.com/passaggi.

Donne, veleni e morte… Equazione antica, ricca di verità storiche ma anche contraddizioni. Emblematica è per esempio la figura di Lucrezia Borgia, avvelenatrice per antonomasia e vittima di una colossale mistificazione. Per una certa storiografia, soprattutto ottocentesca, i Borgia sono il simbolo della corruzione morale, sessuale e politica della nobiltà rinascimentale. E Lucrezia viene riconosciuta come la più spietata, machiavellica, donna di potere dell’epoca. La principessa è dunque accusata di incesto, omicidio, stigmatizzata come avvelenatrice seriale… Quest’ultima accusa, in particolare, non ha però alcun fondamento storico. È una leggenda nata molti secoli più tardi con la tragedia firmata da Victor Hugo, in seguito musicata da Donizetti, ribadita nel 1939 dal bestseller Lucrezia Borgia di Maria Bellonci. La figlia illegittima di Alessandro VI diviene così prototipo della femme fatale, assassina esperta di pozioni, sadica, spietata… Al di là delle sofisticazioni romantiche l’approssimazione storica è un pericolo concreto che deforma la realtà e genera dicerie dure a morire. Nel caso specifico entrano in gioco il luogo comune, l’ignoranza e la boria intellettuale di una società storicamente maschilista, abituata a escludere la donna dal palcoscenico della storia, della vita. Per lunghi secoli l’universo femminile si è infatti mosso nell’ombra, sia a livello costruttivo che delittuoso, generando ambiguità e allo stesso tempo predisposizione, sagacia, attitudine comportamentale. Per non esporsi pubblicamente la donna è costretta a tramare, agire dietro le quinte. Ecco che il veleno diventa l’arma preferita dalle assassine. Un medium discreto, silenzioso, che non comporta interventi diretti e non lascia tracce evidenti. Se ben usata la tossina permette di far passare la morte della vittima per un decesso naturale, e non è poco. L’aneddotica è dunque zeppa di figure affascinanti di avvelenatrici, streghe, mogli dissolute, giovani tradite, squilibrate assetate di sangue, che delegano alla pozione il gesto cruento. Da Medea a Sempronia, da Agrippina a Madame Bathory… Ne Il Veleno è Donna sono presenti ventotto storie vere che attraversano le epoche per raccontare il rapporto privilegiato tra sostanza tossica e animo femminile. Noa Bonetti ha studiato vecchi ricettari, polverosi tomi di alchimia e medicina, carte processuali, al fine di ricostruire i principi attivi preferiti dalle assassine… Assenzio, belladonna, cicuta, mandragora, ricino, stramonio, cloroformio… Nel libro viene investigato il carattere trasversale, ancora attuale, di psicologie criminali che trascendono il contesto storico o sociale di riferimento dedicandosi alla preparazione, alla somministrazione, di dosi mortali. L’avvelenatrice non ha un profilo determinato, univoco. Istruzione, età ed estrazione sono variabili poco ficcanti. C’è l’ingenua fanciulla traviata, la vecchietta sadica, la nobildonna rancorosa, la popolana avida… e persino qualche suora! Dietro le ricostruzioni delittuose s’intuiscono passioni, delusioni e illusioni di donne violente o estremamente fragili, folli o segnate dalla sofferenza. Non esiste però fondamento comune… ogni storia è assestante, e non sempre riconducibile a chiare dinamiche psicopatologiche. Sovente è lo stato di minorità e subordinazione sociale, culturale, sentimentale, a ispirare la mente delittuosa. L’argomento è straordinariamente attuale, sociologicamente rilevante. Basta aprire il giornale per scoprire ogni giorno nuove terribili cronache di donne avvelenatrici. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello di un’infermiera francese che ha terminato sei pazienti in una casa di riposo con dosi letali di farmaci proibiti. Vi è poi l’agghiacciante vicenda di Daniela Poggiali, l’infermiera killer di Lugo di Romagna, in carcere dall’ottobre scorso con l’accusa di aver ucciso pazienti iniettando cloruro di potassio. E secondo le ultime indiscrezioni processuali le vittime della donna potrebbero essere ben novantatre… Cosa c’è d’interessante? Di intellettualmente stimolante? Innanzitutto il misterioso impulso che determina la volontà di morte, l’inaccettabile delirio di onnipotenza di un’infermiera che s’illude di poter decidere chi deve perire e chi sopravvivere…

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