Sabato, 20 aprile 2024 - ore 09.09

Se questo concorso s’ha da fare… | Maurizio Tiriticco

| Scritto da Redazione
Se questo concorso s’ha da fare… | Maurizio Tiriticco

…che le prove siano ben fatte!!! Dopo tanti anni ecco finalmente il concorso! La polemica divampa su più fronti e non voglio entrare nel merito della scelta effettuata e delle finalità perseguite. Mi limito soltanto alle modalità operative come emergono dalle bozze in circolazione, ufficiose, ma non più di tanto, quindi sui contenuti delle prove e le modalità delle correzioni e delle valutazioni. E’ chiaro che le prove concorsuali che io stesso affrontai molti anni fa, oggi, stante l’avanzamento della ricerca in merito sia della professionalità docente (fattore sociopolitico e istituzionale) che del concreto comportamento insegnante (come operare in aula con alunni e colleghi), non sarebbero più proponibili. E’ chiaro che bisogna andare oltre, perché è cambiata la scuola, sono cambiati i giovani, per non dire dell’incremento che c’è stato nella ricerca e nei saperi. Occorre andare oltre e perseguire altre strade per reclutare gli insegnanti, ma… ed è su questo “ma”, o meglio sui tanti interrogativi che emergono da una prima lettura delle bozze in circolazione che intendo intervenire e avanzare alcune riflessioni critiche e propositive. Il tutto con brevissime schede illustrative


La prova preselettiva

Stando alle recenti informazioni, la prova preselettiva del prossimo concorso a cattedre consta di 50 quesiti a risposta multipla così ripartiti:

a) capacità logiche, 15 domande;

b) capacità di comprensione verbale del testo, 15 domande;

c) competenze informatiche, 10 domande;

d) conoscenza della lingua straniera, 10 domande

Il totale è di 50 quesiti. Il tempo massimo per rispondere è di 50 minuti. Alla risposta corretta viene attribuito un punto, alla risposta non data zero punti; alla risposta errata meno 0,5 punti. Ne consegue che, nell’incertezza, è meglio non rispondere piuttosto che perdere mezzo punto errando. Il limite di accettabilità è di punti 35 su 50. Seguono le seguenti considerazioni.

Sub a) Non si comprende perché e come possano essere proposti quesiti di questo tipo, in considerazione del fatto che i concorrenti da “testare” sono soggetti laureati i quali, dopo anni e anni di studio e di elaborazione intellettuale, non possono non possedere abilità logiche. Dubitarne è folle! Il Miur che ha la governance della scuola e dell’università dubita dei loro prodotti? A meno che non vengano proposti i “giochini” della Settimana enigmistica o quelli che ritroviamo in centinaia di pubblicazioni dedicate. In effetti, le librerie sono piene di manualetti finalizzati a misurare le proprie capacità intellettive, in cui si propongono quesiti a volte cervellotici, “indovinelli”, cerchietti e triangolini, disegnini vari, tutti stralciati dai test che in genere si adottano per misurare il Qi, sempre ammesso che sia possibile misurare l’intelligenza, se è poi vero che non ne esiste una sola. Sono “giochini” che, com’è noto, creano sempre mille difficoltà anche a un severo e preparatissimo professionista. Io non ne azzecco mai uno, quindi… se mi presentassi alla prima prova preselettiva, sarei rigorosamente bocciato!

Sub b) Anche questa prova lascia perplessi! Non si comprende come e perché un laureato non debba essere in grado di comprendere un testo, a meno che non si tratti di un testo di settore estremamente specialistico! Io stesso avrei mille difficoltà di fronte a un testo di alta matematica, come le ho quando il mio medico mi affida la ricetta da spedire in farmacia! Solo lui e il farmacista sono in grado di decodificarla! Per non dire poi quanto sia difficile trovare persone che azionano cche non si voglia persistere ad oltranza con la scuola verbosa e nozionistica che da almeno mezzo secolo stiamo combattendo! Occorre ricordare i preziosi contributi che ci sono offerti da Moreno con le sue ricerche sulle dinamiche di gruppo, da Kurt Lewin con la sua teoria del campo, o da Rogers con le ricerche sull’empatia, o da Jakobson sulle funzioni linguistiche o dagli analitici inglesi sugli atti linguistici, o dalla psicologia transazionale e da tanti altri in materia di quelle dinamiche interpersonali che un insegnante non solo deve conoscere ma soprattutto governare. Insomma, a fronte delle indicazioni che ci provengono dalle ricerche più avanzate, che senso ha proporre una lezione simulata?

Altro passaggio infelice è quello relativo alle “competenze di trasmissione delle discipline di insegnamento”. Una disciplina non si trasmette! Non è un telegiornale! Non è un insieme di informazioni che vengono “trasmesse” senza poi verificare se sono state “ricevute” o meno! La stessa teoria della comunicazione rifiuta ormai questo modello. In un processo di apprendimento una disciplina non è tanto un insieme di contenuti (dati e informazioni) da erogare indiscriminatamente, quanto un insieme coordinato di occasioni e di sollecitazioni tese a promuovere in chi apprende processi cognitivi finalizzati a “leggere” e “scoprire” come e perché si producono fenomeni, eventi, oggetti con i quali abbiamo anche consuetudini quotidiane. Bere un bicchier d’acqua o mangiare un panino o percorrere una strada, ripararsi dalla pioggia o tuffarsi in una piscina rimandano anche – ed è ciò che si deve realizzare nell’ambito scolastico – a riflessioni mirate a comprendere origine, natura, variabili dei mille fenomeni che ci circondano e che dobbiamo imparare a conoscere nei loro processi, a governare e… a produrre! Insomma, la disciplina non è un libro di testo, non è una classe di concorso, ma un modo di pensare, ragionare, scoprire, valutare, intervenire sulla realtà per modificarla.

Concludendo, sembra, dalle prove proposte che si voglia andare a un concorso innovativo, che invece è saldamente incentrato soprattutto sulla rilevazione delle conoscenze di dati contenuti! Insomma, contenuti e sempre contenuti. So che non tocca al Miur dettare una didattica di Stato, ma di fatto il nostro Miur propone ai suoi insegnanti la didattica delle prove oggettive e della lezione! Che non sono i fattori fondanti dell’insegnare/apprendere in una scelta che sia veramente ispirata al curricolo! E se si vuol dare veramente vita a una scuola che sia in grado di garantire a tutti quel “successo formativo”, di cui all’articolo 1 del Regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche!

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