Juncker, che da lei direttamente dipende, ha fatto affermazioni impegnative in tal senso, naturalmente commentate con viva soddisfazione da Renzi, Cameron e tutti gli altri leader europei.
Una conversione dovuta anche alle recenti difficoltà di Juncker come ex ministro delle finanze dell’allegro Lussemburgo, autentico paradiso fiscale, e per questo in odore di richieste di dimissioni? Se anche fosse, sia benedetto il Lussemburgo. Quel che conta sono i fatti. Se alle parole seguiranno i fatti ben vengano le notizie sui paradisi fiscali.
Oggi Juncker sostiene che al primo posto va messa la crescita e dunque vanno incentivati gli investimenti. Dunque sul piatto subito metterebbe i trecento miliardi per gli investimenti pubblici. L’Italia ha chiesto una parte importante di questo malloppo disponibile. Il ministro Padoan ha parlato di quaranta miliardi che grazie ai privati e alle agevolazioni bancarie potrebbero svilupparne oltre settanta. Si ritorna a Keynes? In qualche modo si.
Che in una fase di recessione o di ristagno economico, anche la Germania adesso non se la passa per niente bene, sia necessario ricorrere anche agli investimenti pubblici, l’avevamo capito già alle scuole medie. Eppure tanti rigoristi europei, compreso naturalmente il Nostro, ci avevano sempre raccomandato di guardare al debito e al deficit che, essendo entrambi calcolati sul Pil, continuano a peggiorare se solo tagliamo le spese, che diminuiscono lo sviluppo…
Mauro Del Bue
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