Mercoledì, 15 maggio 2024 - ore 07.05

Suini, nel 2015 boom di Spagna e Germania: rischio “invasione”, serve etichetta chiara

E’ tutta una strategia per prendersi ancora quote di mercato in Italia

| Scritto da Redazione
Suini, nel 2015 boom di Spagna e Germania: rischio “invasione”, serve etichetta chiara

Germania, Spagna e Danimarca si preparano a scatenare l’offensiva sul mercato europeo dei suini e anche l’Italia rischia, con la Lombardia che pesa per circa la metà del totale dei capi a livello nazionale. Secondo l’ultimo report diffuso dall’Anas (l’associazione degli allevatori del settore) – spiega la Coldiretti Lombardia – l’anno prossimo le stalle iberiche potenzieranno la produzione di quasi il 7% nel primo trimestre e del 5,6% nel secondo trimestre, mentre i tedeschi, che hanno già il record europeo con quasi 46 milioni di capi, aumenteranno ancora  dello 0,7% fra gennaio e marzo e di un altro 0,1% fra aprile e giugno. Anche i danesi, che con oltre 29 milioni di suini allevati ogni anno sono al terzo posto in Europa, nel primo trimestre del 2015 aumenteranno la produzione di un altro 4,2%.

“E’ tutta una strategia per prendersi ancora quote di mercato in Italia” commenta Marco Lunati, allevatore della provincia di Lodi e consigliere Anas. “L’impatto ci sarà – ammette Andrea Cristini, bresciano, Presidente di Anas – ma ci dobbiamo difendere puntando su una chiara identificazione dei nostri prodotti”. Anche perché – spiega la Coldiretti - tre prosciutti su quattro venduti in Italia provengono in realtà da maiali stranieri senza alcuna indicazione per i consumatori proprio per la forte opposizione in Italia ed in Europa ad una norma che obblighi ad indicare la provenienza delle carni in etichetta. Il tutto mentre gli italiani hanno visto scendere il loro patrimonio suinicolo sotto i 12 milioni di capi (circa la metà allevata in Lombardia), con ulteriori riduzioni previste nei primi 6 mesi del 2015.

“Stiamo lavorando in perdita – spiega Lunati – a fronte di una quotazione di 1,43 euro al chilo noi abbiamo 1,47 euro al chilo di costi, mentre in altre paesi d’Europa le spese sono inferiori perché risparmiano sulla qualità del mangime e sui tempi di ingrasso considerato che non fanno il maiale pesante di alta qualità che serve per i nostri prosciutti e salami Dop”. E adesso - afferma la Coldiretti – c’è anche chi sta tentando di avere il via libera a nuovi aromi chimici, di aumentare dell’uno per cento il contenuto di umidità per far pagare l’acqua come la carne e di chiamare “prosciutto” un salume senza carne di maiale.

Il tutto in un settore dove il rischio frodi è sempre in agguato, visto che – spiega la Coldiretti - nei primi nove mesi del 2014 i sequestri da parte dei carabinieri dei Nas sono aumentati del 150 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008. “La sfida per il nostro Paese e per la nostra economia – spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – non è abbassare la qualità italiana, ma conservare questa qualità e renderla riconoscibile al consumatore con un’adeguata indicazione d’origine su tutti i prodotti: dalla carne ai prosciutti agli insaccati”.

 

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