Lo scontro in Palestina tra lo Stato ebreo sionista e i palestinesi, in secolare attesa di uno loro Stato, ha assunto i contorni di una pulizia etnica che vorrebbe cancellare i palestinesi dalla storia, per impadronirsi dell’intera Palestina, con mire chiare, anche se non dichiarate, verso ulteriori dilatazioni territoriali verso la Giordania, Libano e Siria.
Ufficialmente l’attribuzione di una parte della Palestina avrebbe dovuto rappresentare un risarcimento per le persecuzioni patite dagli ebrei e messe in atto dal nazismo.
Ma allora fu una nazione europea e occidentale a volere lo sterminio, mentre il conto viene presentato agli incolpevole palestinesi.
Ma volendo andare a fondo al problema emerge una paradossale pretesa da parte del sionismo, che persecuzioni non ha mai subito; si tratta di un diritto vantato dagli ebrei e fatto proprio dai nazionalisti sionisti. Un diritto “biblico”, in quanto quella terra, e oltre, sarebbe stata assegnata loro da Dio e destinata solo a loro, in forza di quanto contenuto nell’Antico Testamento.
Avviene così lo scontro tra Antico Testamento e Nuovo Testamento, che si traduce in uno scontro tra il “Dio degli eserciti”, descritto nel Vecchio Testamento e il “Dio dell’amore” del Nuovo Testamento, che si può riassumere in una domanda: “Porgere l’altra guancia o porgere la spada ?”.
Il tema della “guerra santa”, come è noto, scompare nel Nuovo Testamento; certo è che la prospettiva generale cristiana è ormai protesa in tutt’altro senso, oltre non solo la “guerra santa”, ma oltre la guerra tout court e la violenza: prima ancora che invitasse Pietro a rimettere la spada nel fodero, nella sera del suo arresto al Getsemani, così arringò i suoi discepoli: “perché tutti quelli che mettono mano alla spada di spada periranno” (Mt 26, 51-52; in Gv 18, 11).
Gesù aveva pronunziato parole lapidarie nel suo Discorso della Montagna:
“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello; avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori!” (Mt 5, 38-44).
Manca nella cultura religiosa ebraica il riferimento-guida che Cristo lasciò con il discorso della Montagna e con le Beatitudini in esso contenute. Nelle Beatitudini, che considero come “in Manifesto” della più grande rivoluzione culturale che il mondo abbia mai visto, Gesù non dettò i termini di una nuova legislazione religiosa o sociale, volle, molto più incisivamente indicare un mutamento radicale come scelta della coscienza; apparentemente, specialmente per quei tempi storici, si trattò di uno scontro con il buonsenso e con i luoghi comuni, per promuovere un più alto senso della vita in una diversa società, come una meta inconsueta, aperta all’uomo e a tutti gli uomini. Le Beatitudini appaiono utopistiche, ma segnano la nuova missione di tutte le religioni.
Il mondo ebraico-sionista riduce la religione alla gestione del presente, che interpreta come estrema volontà del Dio degli Eserciti che li anima.
Rosario Amico Roxas