Sabato, 04 maggio 2024 - ore 00.12

UNA POLITICA INDUSTRIALE PER LA RIPRESA| P.Toia

| Scritto da Redazione
UNA POLITICA INDUSTRIALE PER LA RIPRESA| P.Toia

20% DEL PIL DAL MANIFATTURIERO WE CAN DO IT
Un altro 20 si è aggiunto agli obiettivi strategici e simbolici dell'"Europa 2020" e di "Horizon2020".
E' il contributo del 20 per cento del settore manifatturiero al PIL europeo che, appunto al 2020, dovrà essere raggiunto.

Non è solo un numero, quasi simbolico nella sua ripetitività, è anche un concreto e possibile traguardo, WE CAN DO IT potremmo dire, per sottolineare che è un risultato a portata di  mano, certamente a determinate condizioni e non nell'inerzia e nello spontaneismo.

Innanzi tutto è un obiettivo che va collegato e reso compatibile con gli altri "famosi 20": 20% in meno di emissione di gas serra e altrettanti in più di efficienza energetica e di fonti rinnovabili. Questa coerenza delle nostre politiche industriali, energetiche e ambientali, è un inquadramento strategico, ma é anche un'indicazione precisa del tipo di sviluppo economico e industriale da perseguire: uno sviluppo sostenibile, energeticamente diversificato, sicuro e a costi più competitivi.

Ma se il 20% è un obiettivo realistico (WE CAN DO IT) è anche molto ambizioso, perché oggi l'Europa a 27 (anzi meglio dire l'Europa di qualche giorno fa, perché dal 1 luglio siamo 28) ha un PIL che è composto solo al 16% (anche un po' meno) di manifatturiero.

L'obiettivo del 20% ci rimanda ai livelli degli anni '90, rispetto ai quali siamo disastrosamente calati e a questo disastro di perdita della produzione industriale ha contribuito anche l'Italia.

Di fronte ad una tale caduta della nostra capacità produttiva manifatturiera, il quadro del continente europeo sta rischiando un profondo indebolimento strutturale della sua vocazione e identità produttiva industriale, di fronte al quale occorre reagire se  non si vuole scivolare nell'accettazione del totale o prevalente protagonismo dell'Est del mondo quale produttore globale.

Abbiamo invece, ancora, nel nostro continente europeo, anche se in modo diversificato da paese a paese, una forza industriale, una capacità e qualità di produzione, una competenza tecnica dei lavoratori. Queste condizioni sono punti di forza che vanno recuperati per salvaguardare e accrescere la nostra strutturale identità europea di grandi e qualificati produttori.

La vocazione industriale europea è un pilastro, accanto all'agricoltura e ai servizi, che è indispensabile per qualunque strategia di crescita si voglia immaginare e realizzare per l'Europa.

Crescita e sviluppo passano necessariamente per il recupero della nostra "potenza industriale", innovandone prodotti e processi produttivi, garantendo materie prime, sicurezza e qualificazione, semplificando la vita amministrativa, diventando più competitivi e concorrenziali sotto il profilo della sostenibilità, della qualificazione ambientale, valorizzando anche la sostenibilità sociale del nostro "industrial business model" e avviando politiche commerciali europee aperte, ma esigenti e lungimiranti.

C'è molto da fare dunque, sia a livello europeo che nazionale, ma le cose da fare adesso sono abbastanza chiare e il tempo dei proclami deve lasciare spazio agli interventi e alla coerenza tra gli stessi.

A livello europeo, sin dall'inizio della legislatura, il nostro gruppo per primo, ha chiesto con chiarezza alla Commissione, una nuova strategia di politica industriale e ha accompagnato questi passi con proprie proposte. Abbiamo detto di più: cioè che la centralità della politica industriale la rendeva importante come la politica economica e monetaria. Non si può più infatti senti parlare di astratta governance economica che agisce solamente solo sulle dimensioni monetaria e finanziaria, senza che sia collegata ad una governance dell'economia reale, cioè quella della produzione e del lavoro.

Secondo punto caratterizzante per noi è che la politica industriale, come tutte quelle di sviluppo e di crescita, deve essere finalizzata all'occupazione, come quantità e qualità, e dunque al valore del lavoro. Metro di giudizio e di orientamento dello sviluppo, sarà quello di combattere la disoccupazione, ampliare l'occupabilità e le opportunità di lavoro, puntando sull'occupazione di qualità, con le necessarie azioni di formazione, qualificazione e riqualificazione di capitale umano.

Un altro elemento è il collegamento con la politica commerciale internazionale europea, in nome della reciprocità e della trasparenza delle transazioni, in un quadro di regole, che assicurino correttezza e lealtà, soprattutto di fronte ai nuovi e recenti giganti economici e alle loro tentazioni di giocare - ad armi non sempre pari -.

Questo è il valore anche della battaglia del "MADE IN" che non è solo per l'Italia e la Francia, ma per la chiarezza e la tutela di tutti in consumatori europei.

Ma quali sono i titoli di questa politica europea?

La ricerca finalizzata al trasferimento tecnologico e all'innovazione industriale, è il primo e forse più importante. Non a caso, in Horizon2020 uno dei tre pilastri è esattamente quello della "Leadership Industriale" al quale saranno dedicati nei prossimi sette anni approssimativamente 20 miliardi degli 80 previsti per Horizon.

Per l'innovazione è stato implementato il ruolo dello IET che con le sue KICs svilupperà ambiti strategici, dal manifatturiero all'invecchiamento attivo.

Fondamentale è anche la politica europea di sostegno a tutte le tecnologie abilitanti (KET) in particolare quelle individuate come prioritarie: tecnologie di informazione  e comunicazione, nanotecnologia, materiali avanzati, biotecnologie, processi manifatturieri avanzati, spazio.

Va ricordata anche l'agenda digitale europea per lo sviluppo del digitale nei servizi e nelle infrastrutture.

Accanto a questi interventi, indispensabili per arrivare all'obiettivo del 20% del manifatturiero nel PIL europeo, vi è il tema dolente (dolentissimo in Italia) dell'accesso al credito. Abbiamo più volte chiesto alla Commissione che non rimanga inerte, condividendo con noi la critica, ma limitandosi ad allargare le braccia, di fronte allo "scandalo" dei fondi messi a disposizione alle banche a tassi bassissimi e arrivati solo con il contagocce alle aziende, peraltro a tassi molto alti.

Non ci stancheremo di chiedere, fino a quando lo otterremo, che ci sia al giusto livello, un atto vincolante che obblighi gli istituti di credito, così riforniti di risorse a convogliarle rapidamente, almeno in gran parte, al mondo delle imprese, come per altro fanno, lodevolmente, banche di dimensioni locali.

Vi sono anche da utilizzare ora più adeguatamente le risorse disponibili con la ricapitalizzazione della BEI che dovranno essere strutturate in meccanismi e strumenti finanziari innovativi capaci di generare effetto leva, puntando sulle garanzie sul mercato dell'equity e su altre modalità.

Naturalmente l'obiettivo del 20% di PIL dal manifatturiero, contrariamente agli altri capitoli di Europa2020 (efficienza energetica, rinnovabili ecc) non si potranno tradurre in definiti target nazionali per ciascuno stato membro, perché troppo diverse sono le condizioni strutturali e le caratteristiche dell'economia produttiva. Ogni Paese ha differenze e specificità che richiedono diverse valorizzazioni in un mix europeo, secondo il modello del Mercato Unico, che può trarre reciproco giovamento, anche dalla diversità dei modelli di crescita. In Europa la Germania ha già oggi il 22,6%, l'Irlanda con il 21, l'Italia più del 16%, sono le punte più avanzate che crescendo possono aiutare le altre economie manifatturiere più deboli e favorire un accresciuto commercio interno.

L'Europa sta facendo sul serio tanto è vero che si è già deciso che nella prossima primavera si dedicherà alla politica industriale un Consiglio europeo ad hoc (come quest'anno è stato fatto con la lotta alla disoccupazione giovanile) e anche la presidenza italiana concentrerà su questo tema il suo semestre. Noi peró vogliamo che il Consiglio sia un punto partenza per nuove e più incisive politiche e non un punto di arrivo.

Se raggiungeremo questo 20%, l'occupazione crescerà di più di dieci milioni di unità.
Di nuovo un traguardo ambizioso ma possibile.
WE CAN DO IT, ma si tratta di farlo sul serio.

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