Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 05.13

Una rivoluzione fasulla di RAR

Cosa avrebbe potuto fare Renzi e non ha fatto

| Scritto da Redazione
Una rivoluzione fasulla di RAR

L’idea che ha convinto gli italiani a credere a Renzi è stata esaltata dalla promessa di effettuare una rivoluzione globale per cambiare l’andazzo ventennale di una politica fallimentare. Molto probabilmente non abbiamo la medesima visione del concetto di “rivoluzione”; riteniamo, infatti, che la rivoluzione come fenomeno sociale, sia  un processo, non sempre violento, con il quale classi o gruppi sociali, più o meno ampi, si ribellano alle istituzioni al potere per modificarle e determinare un nuovo ordinamento politico. L’ultima grande rivoluzione sociale, che fu anche etica, la fece Cristo, dettando, nel “Discorso della Montagna” quelle Beatitudini che formarono il manifesto che rivoluzionò la Storia; una rivoluzione solo in parte attuata, che continua dopo circa 2.000 anni, con alterne vicende non sempre coerenti con quell’insegnamento,  per cui possiamo definire quella rivoluzione.

La rivoluzione di Renzi avrebbe dovuto produrre un ridimensionamento del capitalismo liberista che ha affondato il mondo del lavoro e favorito solo le classi opulente, che hanno visto incrementare il loro patrimonio attraverso speculazioni finanziarie, senza cessioni all’ingombrante fardello del lavoro, della ricerca, della solidarietà tra le classi.

La rivoluzione renziana, che sarebbe più corretto chiamare renzusconiana, in quanto parto della fantasia di due menti che si sono associate per realizzare un programma che non prevede il “bene comune” ma il “Bene individuale e  selettivo”, tale e quale quello che avrebbe dovuto modificare con la sua rivoluzione.



Ha cominciato più che male, anzi malissimo: innanzitutto associando alle decisioni governative il medesimo personaggio che ha provocato e minimizzato l’attuale crisi, causando le conseguenze estreme cui stiamo assistendo. Per allinearsi al metodo e ai contenuti del socio, che potrebbe anche identificare con complice, dopo una miriade di promesse e nessun fatto concreto, è passato all’azione attiva e visibile, come ? Organizzando una cena da 1.000 euro a testa, con lo scopo di riunire solo quanti potevano permettersi tale onere; si presentarono al botteghino, con 1.000 euro in bocca, i maggiori capitalisti italiani, accompagnati da imprenditori dediti allo sfruttamento della manodopera, sostenuti dai turbatori di aste pubbliche e annessa esportazione di capitali all’estero. Facevano bella mostra di sè i maggiori evasori fiscali, nonché i corruttori, circondati dai corrotti che attiravano verso il loro club i corruttibili .



Come esordio di una rivoluzione sociale non c’è male! Abbiamo vissuto una lunga serie di vicissitudini iniziate con la fine della 2° Guerra mondiale, quando il sistema liberale e democratico riuscì a risollevare le sorti di una nazione, uscita da una guerra perduta, ridotta d un cumulo di macerie. Fu il momento del  quando uomini illuminati presero in mano le sorti della nazione e la rimisero in piedi creando lavoro, attività industriali, imprenditoriali, economiche e sociali.

Il liberalismo per attuarsi necessita di un sistema democratico, di uno Stato credibile, capace di esercitare il controllo, premiando gli sforzi produttivi e penalizzando le attività truffaldine. Ma il liberalismo, che ebbe in  etc.etc., i maggiori fautori, dopo essersi affermato con la democrazia, tende alla sua trasformazione interna, diventando.

Iniziò allora la grande operazione del capitalismo, che ebbe in Craxi il suo mentore più significativo; iniziarono gli scandali, le ruberie, le corruzioni e l’aumento esponenziale del debito pubblico, che videro l’operazione della magistratura di “mani pulite” combattere tali eccessi.

Craxi sparì dalla circolazione, preferendo la latitanza dorata in Tunisia alla resa dei conti che la magistratura voleva. Ma ci fu chi riprese in mano il bandolo di quella matassa e ripropose i termini che il capitalismo d’assalto aveva inaugurato. Il liberismo autoritario prese il sopravvento mostrando una faccia nuova, conciliante, piena di promesse e di una nuova resurrezione dalle proprie ceneri. Ma additò subito i cardini sui quali intendeva organizzare il futuro del paese.

Impose la libertà di mercato e nel mercato, favorito in ciò dalla globalizzazione dei mercati, fortemente sostenuta dai gruppi  e , i quali pretendevano sostenere che: “il mercato si regolamenta da solo; impone le sue regole, le sue alleanza, impone i suoi cartelli per oscurare la concorrenza, provoca la svalutazione della moneta e la rivalutazione dei beni di consumo che vengono "spinti" da compiacenti campagne pubblicitarie, gode della depenalizzazione del falso in bilancio, evade il fisco senza nessun rischio di essere perseguito (da Wikipedia).



Se una grande azienda, che distribuisce dividenti ma, nello stesso tempo, si rivolge alla Cassa integrazione per gli operai, venisse "" (non nazionalizzata) e affidata per reparti a cooperative degli stessi operai e impiegati, consorziati fra di loro, con una programmazione produttiva elaborata da tecnici con stipendi "normali", con partecipazione a parte di utili e incremento di posti di lavoro con il resto, si raggiungerebbero gli scopi qualitativi che l'interesse parassitario degli investitori azionari non hanno. Era prevedibile, anzi scontato che il capitalismo mondiale sarebbe entrato nella sua fase di crisi profonda. Non si tratta di una delle periodiche crisi di crescita come teorizzato da Schumpeter. L’attuale crisi, accentrata nell’economia, in realtà è iniziata e si è affermata, innanzitutto, come crisi etica, dove l’avidità del liberismo individualista, che si è abusivamente dichiarato liberale”  ha scardinato ogni forma di possibile cooperazione solidale fra i popoli europei.

Il crollo di Berlusconi in Italia e di Sarkozy in Francia ha indicato la strada da seguire; per l’Italia insistono ancora  difficoltà, determinate dalla presenza di Berlusconi  e del suo liberismo autoreferente, che detiene, abusivamente, una maggioranza parlamentare numerica che non corrisponde alla volontà politica degli elettori che si ricava dall’esito delle votazioni europee e dalle votazioni amministrative di Reggio Calabria, dove FI non è riuscita ad andare oltre l’ 8,4%, scavalcando al ribasso la soglia psicologica del 10%.

Tale crisi, iniziata come crisi etica, si dilatò negli USA, come crisi economica, con il governo Bush, scatenato a reperire fondi per condurre, da petroliere, le sue assurde guerre del petrolio, nelle quali si è lasciato coinvolgere Berlusconi con il suo governo, con l’invio di un contingente militare in Iraq, ipocritamente chiamando tale invio “missione di pace”, ma incassando, contestualmente, un finanziamento americano di 6,5 miliardi di dollari, alle sue aziende inodore di fallimento, come se in giro per il pianeta Terra non ci fossero altri investimenti più tranquilli e sicuri a cui affidare miliardi in dollari.

Era questione di tempo, ma i nodi dovevano venire al pettine, e in tutto l’occidente, nonché in quelle nazioni che si sono lasciate irretire dal consumismo sfrenato. L’Italia è stata la nazione più disgraziatamente coinvolta, perché ha avuto la maledizione di avere un presidente del consiglio impelagato fino al collo nel conflitto di interessi, e, contemporaneamente, convinto promotore di un liberismo fuori dal controllo dello Stato, inadeguato ad inserirsi nella dinamica di una nazione che era riuscita ad emergere dallo sfacelo fascista con la forza del lavoro, della produzione, con il sostegno delle classi socialmente più deboli, ma messe nella condizione di lavorare e produrre. Con l’arrivo di questo speculatore le condizioni si capovolsero; emerse la finanza creativa, la protezione delle classi che, secondo la fede liberista, avrebbero dovuto pilotare la produzione, attraverso condoni fiscali a ripetizione, sanatorie e scudi fiscali per “ripulire”  denaro inviato all’estero, frutto di evasione fiscale,  quindi la penalizzazione del lavoro mortificato dal precariato, nonché identificato come merce da collocare nel mercato del lavoro secondo le regole del mercato.

Salvare poi questo capitalismo, senza modificare la sua struttura interna in capitalismo sociale, significherebbe salvare il boia che ha pronta la corda per impiccare la piccola e media borghesia che vive di lavoro e crede nella democrazia, perché non stimolando i consumi non si verificherà mai una ripresa produttiva; questo perché il capitalismo non soltanto non ha bisogno della democrazia (pur se è stata la democrazia a permetterne l’affermazione), ma la combatte in nome di un regime autoritario che tuteli le condizioni di privilegio che ha generato.

Ma bisognerebbe far capire agli imprenditori che i consumi da sollecitare non sono quelli rivolti al superfluo, perché, oggi come oggi, vengono contenuti i consumi anche del necessario e dell’indispensabile.

Il liberismo non ha capito che la produzione non può aumentare a tempo indeterminato, arriva il momento della saturazione, specialmente quando la produzione si dedica a ciò che rende di più e non a ciò che il mercato richiede. Con la fine del liberismo berlusconiano, che farà soffrire  sia il capitale finanziario che il capitale-lavoro, con la perdita di posti di lavoro, dovrà iniziare, una fase nuova, concentrata in una diversa formulazione dei rapporti di lavoro. Non più un padrone che decide, ordina e si riserva di licenziare i lavoratori e chiudere l'azienda, quando diventa urgente l'adeguamento alle norme di sicurezza, oppure quando la remunerazione del proprio capitale non raggiunge il tetto desiderato, ma stimolare cooperative di produzione e lavoro, dove si incontrano denaro e lavoro, che rappresentano il capitale che ognuno conferisce: sarà questo il  che dominerà il futuro più prossimo. Chi non vorrà accettare l'incontro e il confronto tra capitale e lavoro, perchè arrogantemente ritiene superiore il proprio apporto (vuoi che sia il denaro, come vogliono i capitalisti d’assalto, vuoi che sia il lavoro, come vorrebbero i sindacalisti estremi), sarà condannato all'emarginazione. Anche la grande industria dovrà cedere il passo alle forme cooperative,attraverso i consorzi in grado di mettere insieme le varie componenti. La giusta remunerazione a ciò che si conferisce sarà il collante che renderà sodali le parti in causa.

Rosario Amico Roxas

1175 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria