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Ungheria le catene alla costituzione

| Scritto da Redazione
Ungheria le catene alla costituzione

Ungheria, gli emendamenti che mettono in catene la Costituzione  
Le modifiche approvate dal Parlamento riducono l'indipendenza dei giudici, criminalizzano i senzatetto, limitano pesantemente i diritti civili. Eppure la popolarità di Fidesz e del governo Orbán è in aumento DI OSME
Osservatorio Sociale Mitteleuropeo
Lo scorso 11 marzo il Parlamento ungherese ha approvato una serie di modifiche alla Costituzione. Ciò è avvenuto malgrado le preoccupazioni e gli appelli delle principali istituzioni europee e degli Stati Uniti. Tali emendamenti limitano le competenze della Corte costituzionale, infatti uno degli articoli approvati dall’Assemblea nazionale priva la Corte costituzionale della facoltà di pronunciarsi sul contenuto della legge fondamentale (quindi sulle modifiche dell’11 marzo) e annulla la validità dei verdetti già enunciati dalla Corte.
Le modifiche riducono inoltre l’indipendenza del settore giudiziario consentendo la possibilità di spostare i processi a piacimento, favoriscono la criminalizzazione dei senzatetto, riducono l’autonomia delle università e condizionano l’immediato futuro dei laureati che usufruiscono di borse di studio statali obbligandoli a lavorare per dieci anni in Ungheria.
L’iniziativa del governo ungherese coinvolge altri aspetti sociali: le modifiche toccano anche i diritti delle coppie conviventi e riconoscono solo la famiglia costituita dal matrimonio tra un uomo e una donna. Come già riferito da diversi organi di stampa, le più importanti istituzioni europee hanno reagito alla decisione del governo Orbán che, secondo Bruxelles, limita pesantemente i diritti civili. L’esecutivo però sostiene che gli emendamenti approvati sono perfettamente in linea con il diritto europeo.
Una dichiarazione congiunta del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e del segretario generale del Consiglio d’Europa Thornbjorn Jagland dice che “gli emendamenti alla Costituzione ungherese destano preoccupazione per il rispetto dello Stato di diritto, delle leggi dell’Ue e degli standard del Consiglio d'Europa”. Le due istituzioni intendono portare avanti un attento esame degli emendamenti e sperano di ottenere la collaborazione delle autorità magiare, il che è tutt’altro che scontato viste le propensioni dell’esecutivo di Budapest sempre meno orientato al dialogo con l’Unione europea e con gli altri soggetti comunitari.
Il Fidesz, principale partito del Paese e forza guida del governo, ha impostato la sua azione politica sulla ricerca, non sempre coerente e credibile, di una via peculiare al popolo ungherese e funzionale al soddisfacimento dei suoi bisogni. Orbán ha saputo presentarsi ai suoi elettori come difensore degli interessi dell’Ungheria contro le intromissioni delle organizzazioni sovranazionali che pretenderebbero di dettar legge sul suolo magiaro. Non sono pochi quelli che continuano a credergli. È vero che le statistiche dicono che dal 2010, anno delle elezioni vinte dal suo partito, i consensi sono diminuiti, ma secondo l’istituto di ricerche Tárki nel mese di febbraio la popolarità del Fidesz è aumentata. Questa forza politica è in testa alle preferenze degli elettori complice forse la decisione del governo di ridurre il costo delle utenze.
“Gli ungheresi non si preoccupano della Costituzione ma delle bollette”, aveva detto non a caso il primo ministro alla seduta parlamentare dell’11 marzo in risposta alle rimostranze delle opposizioni. L’affermazione non è del tutto errata dal momento che, anche secondo diversi osservatori, molti ungheresi si sentono lontani dalla politica di palazzo e hanno come principale preoccupazione la sussistenza. Il problema di far quadrare i conti alla fine del mese è comune a numerose persone. In generale la società ungherese rimpiange le certezze di un tempo e dà la sensazione di poter accettare tranquillamente un sistema dirigista non necessariamente animato da spirito democratico pur di ritrovare le garanzie del passato.
Non che manchino i momenti di protesta, ma restano il frutto di ambienti progressisti ancora circoscritti e non esprimono istanze diffuse. Latita inoltre l’attitudine alla rivendicazione corale che nel caso dell’Ungheria è sostituita dall’espressione individuale di un disagio non dovuto, peraltro, alla violazione di principi democratici.
Lo scrittore Lajos Parti Nagy che partecipa alla critica rivolta al governo da diversi intellettuali fa notare che il Paese non ha ancora un’identità democratica, per questo cade nelle trappole del Fidesz e c’è chi sostiene Jobbik (un limite, quest’ultimo, che secondo Parti Nagy il Paese non avrebbe dovuto oltrepassare) e per questo la maggior parte delle persone non si sente toccata dal problema in questione. Orbán, come si diceva, non ha fallito nel suo tentativo di presentarsi come colui che tutela gli interessi del Paese e dà a molti la sensazione illusoria che l’Ungheria riesca con i suoi soli 93.000 chilometri quadrati a tenere testa all’Unione europea.
Ovviamente non mancano coloro i quali non credono a questa tesi, l’opposizione ritiene irresponsabili le scelte del governo e Jobbik, partito di estrema destra, accusa quest’ultimo di aver tradito la fiducia degli elettori, di non aver realizzato quel cambiamento, quella svolta promessa in campagna elettorale e di non aver restituito “l’Ungheria agli ungheresi”.
Le manifestazioni contro gli emendamenti non sono mancate, nelle scorse settimane infatti, un centinaio di persone è andato a manifestare davanti alla sede del Fidesz con dei cartelli recanti le scritte “Democrazia”, “Stato di diritto” e “Costituzione”, a due passi da loro si sono visti quelli dei sostenitori di Orbán con su scritto “Comunisti”, “Traditori”. Questi ultimi hanno aggredito verbalmente i manifestanti esortandoli a “tornare a Mosca” e accusandoli di essere degli agenti al servizio dello “straniero”.
A separare le due fazioni ingenti forze di polizia. I manifestanti hanno cercato di entrare nella sede del Fidesz ma sono stati respinti. Il partito di governo ha accusato “Insieme 2014”, il movimento civico dell’ex premier Gordon Bajnai, di aver organizzato l’iniziativa definita un’aggressione inaccettabile” e la sinistra di essere responsabile di una campagna basata sull’odio. Bajnai ha respinto le accuse in un comunicato ma ha espresso preoccupazione per le modifiche alla Costituzione che ritiene pericolose. La posizione del Fidesz è sintetizzata nell’accusa di tradire la Patria e di coltivare sentimenti antiungheresi a chi critica l’operato di un governo che cerca di fare il bene del Paese e di renderlo libero. Purtroppo, come già specificato, c’è chi crede a questa tesi.

fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2013/03/22/98350/ungheria-gli-emendamenti-che-mettono-in-catene-la-costituzione

 

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