Il 31 marzo è scomparso all’età di 90 anni Franz Joseph Müller. Testimone della Rosa Bianca tedesca, amico di Hans e Sophie Scholl, a Ulm aveva collaborato a diffondere il quinto volantino della Weisse Rose e per questo era stato arrestato, processato e condannato a cinque anni di carcere.
Per la prima volta a Brentonico nel 1993 insieme a amiche e amici della Rosa Bianca abbiamo ascoltato la sua testimonianza. Con lui Marie Luise Jahn, arrestata e condannata a 12 anni di prigione per aver collaborato con Hans Conrad Leipelt a diffondere i volantini e per aver aiutato la vedova del prof. Kurt Huber.
A Milano nel giugno 2011 ha preso parte alla cerimonia di dedica a Sophie Scholl di un albero nella Foresta dei Giusti. In quell’occasione altre memorie ci avevano riportato a avvenimenti tragici del XX secolo: dal Genocidio Armeno a quello del Rwanda, dal dramma della Shoah alla violenza dei Gulag. Sono drammi che purtroppo non sono confinati nel passato.
In questi giorni assistiamo in Kenya, in Siria, e in tanti altri luoghi del mondo il perpetuarsi di efferate violenze.
Nell’ultimo incontro a Monaco nel 2012, in occasione di un campo mobile della Rosa Bianca, abbiamo incontrato nuovamente F. J. Müller che ci ha offerto un racconto appassionato degli ultimi mesi di attività della Weisse Rose. Ci ha ricordato come all’organizzazione appartenessero credenti e diversamente credenti accomunati dalla disponibilità a ricercare insieme i modi per abbattere il regime nazista e per sollecitare le coscienze a reagire, a partire dagli studenti che – a loro avviso – potevano essere più sensibili alla riflessione e al cambiamento.
Commemorando i giovani della Weisse Rose, Romano Guardini ponendosi dinanzi ai fatti drammatici e agli episodi cruenti della guerra si chiedeva: “Come possiamo venire a capo dell’accaduto, affinché non si propaghi ulteriormente come un veleno interno, né divenga modello per il futuro?”.
La risposta di Franz Joseph, insieme ad Inge Scholl, Anneliese Graf, Marie-Luise Jahn e molti altri ancora è stata attraverso il loro impegno a far conoscere l’esperienza della Rosa Bianca tedesca e ha consentito che questa testimonianza giungesse fino a noi.
Raccogliamo quindi questo impegno per la memoria e per rilanciare le parole della “giovane resistenza”.
Tra qualche giorno ci sarà un altro anniversario. Per Dietrich Bonhoeffer il 9 aprile 1945 è stata eseguita la sentenza di morte a Flossenbürg, a poco meno di un mese alla fine della guerra per la Germania, dopo 2 anni di prigionia. Attraverso le sue parole, ritroviamo una riflessione pasquale.
Fabio Caneri
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«Ove invece si riconosce
che la potenza della morte è infranta,
ove il miracolo della risurrezione e della vita nuova
splende in mezzo al mondo di morte,
lì non si pretendono dalla vita cose eterne,
lì si prende dalla vita quanto essa dà,
non il tutto o il nulla,
bensì il bene e il male,
le cose importanti e quelle meno,
la gioia e il dolore,
lì non ci si aggrappa convulsamente alla vita
ma neppure la si getta via spensieratamente,
lì ci si contenta di una misura finita di tempo limitato
e non si attribuisce un valore eterno a realtà terrene,
lì si lascia alla morte il limitato diritto
che ancora possiede.
E si attende l’uomo nuovo e il mondo nuovo
solo al di là della morte,
dalla potenza
che l’ha vinta.
Il Cristo risorto
porta la nuova umanità in sé,
l’ultimo glorioso sì di Dio
all’uomo nuovo.»
(Dietrich Bonhoeffer, 1940)
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Video Caricato il 07 giu 2011
Intervista a Franz Josef Müller in occasione dell'albero piantato al Giardino dei Giusti di Milano per Sophie Scholl