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Il peccato e il reato |RAR

| Scritto da Redazione
 Il peccato e il reato |RAR

Si accende la polemica sulle unioni gay e sulle unioni di fatto non sancita da un matrimonio; approdo, così, ad un breve commento, perché  tale polemica  si inserisce  dentro un dibattito  che vede interventi critici da tutte le parti, non tenendo conto della radice del problema che necessita di una visione più approfondita che parta dalla sola certezza che viene, invece, trascurata.  L’Italia è una Repubblica laica e democratica, non uno Stato teocratico; ha il dovere di agire secondo democrazia, trattando, in paritetica funzione, tutti i cittadini.

Con il precedente pontificato di Benedetto XVI venne esasperata la concezione interscambiabile tra il REATO e il PECCATO, con una visione dei ruoli che si coinvolgevano a vicenda. Così il peccato di una unione di fatto o di una unione tra gay  avrebbe dovuto essere intesa, dallo Stato laico e democratico, come un reato da punire con l’esclusione da taluni diritti riconosciuti alle coppie “regolari”.

Ma accadeva anche l’effetto opposto, cioè di un reato, la pedofilia, che la Chiesa, per volontà del pontefice , avrebbe voluto  ridurre a peccato da trattare e assolvere nelle sacrestie, negando alle vittime la benché minima giustizia.  Ricordiamo la lettera “Crimen sollicitationis” dell’allora cardinale Ratzinger, inviata ai vescovi americani, nella quale imponeva un omertoso silenzio nei casi di pedofilia, da trattare nell’ambito del diritto canonico; imposizione che valse a Ratzinger una imputazione da parte della Corte distrettuale di Harris County (Texas), per ostruzione alla giustizia; tale imputazione è tuttora in vigore, ma Ratzinger non può essere processato poiché è stata accolta dall’allora presidente Bush la sua formale richiesta di immunità in quanto "Capo di Stato in carica".

Non tutti gli atti intesi come peccato possono essere identificati da uno Stato laico come reato, e agire di conseguenza, comminando sanzioni o condanne; può capitare una coincidenza tra peccato e reato, come nella truffa e nell’evasione fiscale, che coprono entrambe le forme giuridiche, e non basta l’assoluzione da parte di un compiacente sacerdote per neutralizzare gli effetti penali, perchè la Chiesa deve riflettere le parole di Cristo “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”.

E’ il caso delle “unioni di fatto”, non sancite dal matrimonio, considerate peccato dalla Chiesa che non possono essere valutate dallo Stato laico e democratico,  come reato, con azioni di conseguenza, escludendo i “peccatori” “NON PREGIUDICATI (!)” dai diritti che lo Stato riconosce alle coppie non in odore di peccato.

La pretesa inoltre di voler imporre ai parlamentari cattolici di esprimere un voto non di coscienza ma di obbedienza, ci riporta indietro di secoli, ai margini della lotta per le investiture, quando sorse il problema del potere temporale dei vescovi-conti, se dovevano riconoscere il primato di autorità al Papa in quanto vescovi o all’imperatore in quanto conti.

Così oggi si ripropone il dilemma se il parlamentare cattolico deve obbedienza al Papa in quanto cattolico o alla Costituzione in quanto parlamentare.

Tutto ciò è, e deve essere, argomento di un dibattito estraneo allo spirito confessionale di parte, dovendosi tutelare paritariamente tutti i cittadini, qualunque sia la religione, la razza, la fede o anche solo le temporanee esigenze.

Si tratta di una polemica sterile, alla quale Papa Francesco ha ritenuto di porre fine in nome della carità cristiana, quando affermò “Chi sono io per giudicare….”, ripetendo le parole di Cristo “non giudicare e non sarai giudicato”. Le difese ad oltranza da parte di taluni politici mostrano tutta la loro insipienza, perché si appellano a presunte lobby dei gay, che, se esistessero, andrebbero combattuta, così come tutte le lobby che amministrano ed esercitano il potere.

Ma si tratta di politicune a giornata che ha trovato un argomento sul quale insistere, ma a caccia dei voti cattolici, perché gli stessi si guardano bene dall’affrontare il ben più grave problema delle lobby affaristiche che hanno ridotto la nazione al lastrico, con il solo scopo finale del proprio arricchimento personale.

Le battaglie etiche e morali si fanno a 360°, non selezionando quelle di convenienze immediata, driblando i poteri forti che li condiziona, li sovvenziona e li corrompe.

Il dibattito è iniziato da tempo, facilitato dai mezzi moderni, perché si tratta di problemi attuali che necessitano di chiarimenti idonei alle attese; ma si sono inseriti, abusivamente, taluni personaggi che in questo dibattito hanno voluto trovare l’occasione per esibirsi quali difensori di una mortale che non prevede reati, ma peccati per il pianeta dei credenti, trasformando un dibattito interno al mondo dei fedeli, in una polemica con personalissimi interessi di esibizione politica, per cercare approvazione all’interno di un panorama che non appartiene loro, i quali non servono la Chiesa ma aspirano a servirsene.

Rosario Amico Roxas

2014-01-11

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