Venerdì, 10 maggio 2024 - ore 04.50

Analizzando il capitalismo di Rosario Amico Roxas

Perché l’Italia si è ridotta ad essere una “Italietta”

| Scritto da Redazione
Analizzando il capitalismo  di Rosario Amico Roxas

Capitalismo, questo sconosciuto

Perché meravigliarsi se oggi capitalisti, imprenditori, manager, finanzieri non sono più quelli di una volta? In realtà, Tanzi, Cragnotti, Fiorani, Consorte, Ricucci, nonché i politici corrotti e/o corruttori, sono il frutto di una logica sistemica. Rappresentano un capitalismo in declino, entrato nella sua Terza Età. E non che all’estero vada meglio, come insegna lo scandalo Enron, La madre di tutte le truffe contabili. Insomma, anche i padroni non sono più quelli di una volta. Ma diamo la parola alla storia.Il capitalismo viene da lontano. La fase eroica va dal XVI al XIX secolo, e vede al comando pirati come Drake, inventori-imprenditori come Wyatt, Arkwright, banchieri del calibro di Rotschild e Morgan e capitani d’industria come Carnegie, Rockfeller. Figure che interpretano la natura creativa e sanguigna del capitalismo. Ma nel 1914, si apre un periodo di crisi e transizione. Magari emergono uomini ancora capaci come Ford, ma la tendenza generale è verso un capitalismo manageriale e speculativo. Due guerre mondiali, l’abbraccio dello stato, la paura di nuovi crolli (come nel 1929) faranno il resto: il capitalista da sanguigno e attivo diverrà parassita.

Ricapitolando:

• fase 1 o eroica (che tocca il culmine nel XIX secolo), dove si affermano i capitani d’industria, le cui attività portano alla formazione di grandi imprese, come le corporations americane;

• fase 2 o dei diadochi (che si generalizza nella prima metà del secolo XX), dove gli eredi dei grandi imprenditori, passano la mano a manager e proprietari azionisti;

• fase 3 o speculativa (che dopo un primo sviluppo negli anni Sessanta giunge solo oggi a completa maturazione), dove i principale azionisti, non confidando nei manager, iniziano, come si dice in gergo, a non mettere tutte le uova nello stesso paniere, diversificando gli investimenti per distribuire i rischi.

Nascono così i manager di portafoglio, la cui funzione è assolta da venditori istituzionali e intermediari finanziari (fondi di investimenti, società finanziarie ecc.). Ma anche da finanzieri e imprenditori privi di scrupoli… Il “gioco” finisce così per riguardare solo chi decide di offrire capitale e chi decide come investirlo. E quel che conta per entrambi, non è più la bandiera o il carisma imprenditoriale, ma la redditività di un capitale investito, che a causa della crescente instabilità dei cambi e del progresso tecnologico, diventa sempre più speculativo.E’ perciò ovvio che in tale situazione proliferino avventurieri di ogni genere. Il capitalismo sembra tornato alle sue origine piratesche. Ma personaggi come Drake erano intrepidi spadaccini e furbissimi pirati , mentre figure come Tanzi, Cragnotti e Ricucci, sono a dir poco patetiche: da capitalismo in disarmo. Come finirà? Schumpeter riteneva che il capitalismo generasse una forma mentis ipercritica, giovevole al progresso economico (la cosiddetta distruzione creatrice…), ma non a quello sociale. Perché l’ “ipercriticismo”, dopo aver distrutto l’autorità morale delle altre istituzioni, si sarebbe rivolto contro le proprie. Il sistema gli appariva proiettato, già negli anni Quaranta del secolo scorso, verso “l’esaurimento delle risorse morali”. E i continui scandali di oggi, come gli appelli retorici al rispetto delle “regole” , indicano che Schumpeter aveva ragione. Del resto, come tutte le istituzioni sociali, anche il capitalismo è “mortale”, anche se a coloro che vi sono nati e vissuti, può apparire eterno. Non si capisce allora perché anche il capitalismo, come sistema politico, economico e sociale, non possa subire la stessa sorte di altre grandi istituzioni come l’Impero Romano, giudicato, altrettanto eterno dai suoi contemporanei. Ecco, allora, che figure, in fondo patetiche, come quelle di Tanzi, Cragnotti e Ricucci, possono ricordare quelle degli ultimi imperatori romani d’Occidente, ad esempio Giulio Nepote e Romolo, detto Augustolo, dediti in modo infantile alle proprie questioni private e ignari che il mondo politico e sociale circostante era sul punto di svanire per sempre.

La dissoluzione del capitalismo liberista.

La fine dei dittatori africani coincide con la fine di un capitalismo anomalo, giunto al potere senza transitare dal sistema democratico che lo genera. Il capitalismo occidentale ha iniettato il virus del capitalismo non nella cultura di un popolo che non lo avrebbe capito nè promosso, ma nel singolo personaggio giunto ad un potere di stampo, inizialmente, tribale, in grado di soddisfare la base popolare con l’esaltazione della religione e la soddisfazione del nazionalismo tribale.Ma il capitalismo occidentale era in agguato, in attesa del consolidamento di quel potere per fornire i mezzi e i metodi più caratteristici alla ricerca dell’arricchimento personale e di una ristretta cerchia di fedelissimi (meglio se facenti parte della corte familiare). Reduci da secoli di colonialismo e di sfruttamento, le popolazioni accoglievano il leader come il salvatore della loro libertà (termine del quale ignoravano il significato), al quale non chiedeva altro che essere ben amministrati e di poter disporre dei mezzi necessari per avere l’indispensabile per vivere.In occidente l’evoluzione del capitalismo ha prodotto una forma mentis ipercritica, favorevole al progresso economico, ma non a quello sociale, essendo il progresso economico riservato ad una selezionata casta prossima al potere. Succede però (come è successo) che l’ipercriticismo, dopo aver distrutto l’autorità morale delle altre istituzioni, considerate un orpello farraginoso di ostacolo alla “libertà” che il capitalismo esige per continuare a svilupparsi, finisce, come è finito, a rivolgersi contro le proprie istituzioni, attraverso le degenerazioni del sistema: il continuo esplodere di scandali ne è la prova, perché qual genere di capitalismo non concepisce nemmeno il lavoro come mezzo di sviluppo anche economico, ma blandisce la finanza, ma senza rispettare le regole che controllano le attività e i circuiti virtuosi.Accade così che figure patetiche, coinvolte nella quotidiana litania di scandali, appropriazioni indebite, evasioni fiscali, possono solo ricordarci gli imperatori del tardo impero romano che si crogiolavano nella convinzione di una presunta eternità, dediti alle proprie questioni personali, ivi compresi i processi per reati comuni, ignari o distratti, ma incapaci di capire che il loro mondo sociale e politico è in fase di dissolvimento.Nel mondo occidentale sta accadendo sotto forma di una crisi economica senza controllo, mentre nei paesi arabo-mediterranei accade oggi con crudele determinazione perché sono saltati tutti i passaggi , generando un GAP che non è politico ma sociale, tra governanti e governati.Si è preteso di pilotare i popoli secondo usi e riti tardo medievali, mentre il governo gestiva l’economia secondo le più avanzate pretese del capitalismo più aggressivo, diventato liberismo, esente da controlli.L’incontro tra capitalismo occidentale e oligarchia tribale è stato fatale per entrambi, in quanto nelle nazioni arabe è esplosa la popolazione, in occidente sta esplodendo la democrazia.

Con il berlusconismo finisce anche il capitalismo liberista.

Era prevedibile, anzi scontato: il capitalismo mondiale è entrato in una fase di crisi profonda.Non si tratta di una delle periodiche crisi di crescita come teorizzato da Schumpeter, bensì di una crisi maturata nel tempo, pronta ad esplodere ormai da decenni, ma tamponata con misure di emergenza, che ne hanno aggravato le condizioni, fino allo stato di irreversibilità. E' proprio in questi frangenti di radicale cambiamento provocato dalla nave che affonda per incapacità dei nocchieri, che i sorci scappano.Il capitalismo è finito da parecchi decenni; ma è riuscito a sopravvivere transitando da una crisi alla'altra, identificando le varie crisi come momenti di crescita, di superamento degli schemi precedenti per inventare schemi più nuovi.Il sistema per reperire denaro non poteva che contemplare lo sfruttamento al massimo del potenziale del mercato, attraverso la mobilitazione dei media per spingere al consumo, anche ipotecandosi la casa, pur di potere seguire la moda imposta del superfluo. Era questione di tempo, ma i nodi dovevano venire al pettine, e in tutto l’occidente, nonché in quelle nazioni che si sono lasciate irretire dal consumismo sfrenato.L’Italia è stata la nazione più disgraziatamente coinvolta, perché ha avuto la maledizione di avere un presidente del consiglio impelagato fino al collo nel conflitto di interessi,e, contemporaneamente convinto promotore di un liberismo fuori dal controllo dello Stato, inadeguato ad inserirsi nella dinamica di una nazione che era riuscita ad emergere dallo sfacelo fascista con la forza del lavoro, della produzione, con il sostegno delle classi socialmente più deboli, ma messe nella condizione di lavorare e produrre.Con l’arrivo di Berlusconi le condizioni si sono capovolte; è emersa la finanza creativa, la protezione delle classi che avrebbero dovuto pilotare la produzione, attraverso condoni fiscali a ripetizione, favorendo (e giustificando) l’evasione fiscale, quindi la penalizzazione del lavoro mortificato dal precariato.Ora si proclama la lotta all’evasione, ma assolvendo il capitalismo dalla patrimoniale, magari sperando di ottenere credibilità; ma se durante il governo Prodi, in una riunione dell’Assindustria, quello che oggi è solo uno dei tanti pregiudicati in politica, ebbe a dire che una fiscalizzazione oltre il 40% giustifica l’evasione; (questo perché prometteva riduzione di tasse e benefici per le fasce più bisognose); non è accaduto nulla di ciò, anzi le tasse aumentarono (ma non si chiamarono più “le mani nelle tasche degli italiani” , ma SACRIFICI NECESSARI”), e l’allora premier pretese che il popolo (bove quanto vi pare, ma non fino a questo punto) gli credesse.Dopo avere esaltato la classe capitalista, gli imprenditori, le cordate eroiche, ora che li ritrova sull’orlo del fallimento, vorrebbe chiamare a raccolta la piccola e media borghesia del lavoro perché vada a soccorrere gli sconfitti. Salvare, poi, questo capitalismo significherebbe salvare il boia che ha pronta la corda per impiccare la piccola e media borghesia che vive di lavoro e crede nella democrazia; questo perché il capitalismo non soltanto non ha bisogno della democrazia, ma la combatte in nome di un regime autoritario che tuteli le condizioni di privilegio che ha generato. In questo periodico transito ha preso piede l'idea portante che il capitale avrebbe potuto generare altro capitale senza ricorrere al fastidio di dover promuovere il lavoro, la produzione, la competitività, la ricerca .Fino a quando c'erano risorse il giochetto ha funzionato; ma ora le risorse sono terminate e incalza il debito pubblico, mucche da mungere non ne sono rimaste.A questo punto non resta che passare la mano, fingendo di volere proseguire, ma solo per avere il tempo di raggranellare quanto serve per godersi una comoda vita lontano dai guai che questo governo ha prodotto.I peones si agitano, mentre i gerarchi cercano di tenerli buoni sprizzando raggi di ottimismo e proclamando certezze solo per mantenere l'indispensabile maggioranza numerica; ma tutti stanno cercando la più agevole via di fuga, ben sapendo che un diverso governo, con diversa filosofia politica, non potrà più garantire i loro averi.Ci lasceranno alcuni decenni di ristrettezze, per ricominciare da dove eravamo 18 anni addietro, anche retrocedendo in termini di sviluppo, ormai diventato un modello insostenibile.

Rosario Amico Roxas

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