Di recente la Coldiretti Toscana ha lanciato alla stampa un nuovo allarme relativo ai danni causati dai cinghiali all’agricoltura, chiedendo sostanzialmente alla Regione ancora più caccia, ovvero la reiterazione, con maggiore incisività, della legge obiettivo Remaschi che prevedeva, nel dispositivo, solo abbattimenti di massa.
E’ doveroso premettere che i danni arrecati dagli animali selvatici alle attività umane, in particolar modo all’agricoltura, accompagnano la storia dell’uomo sin da quando, da pastore errante si è trasformato in agricoltore stanziale, ed è irrealistico pensare che possano essere eliminati completamente. Quelli causati dai cinghiali attuali, sono dovuti ad una razza modificata , creata circa 50/60 anni orsono, con l’immissione di specie alloctone molto prolifiche e successivamente anche tramite incroci con suini, questo con il probabile scopo venatorio di avere un gigantesco allevamento a cielo aperto, con carne disponibile e fruibile, per cui si è creato un vero e proprio inquinamento genetico della specie originaria, che con gli anni è sparita lasciando spazio ad un suide molto riproduttivo. Questo non ce lo inventiamo noi ma è sancito da innumerevoli studi scientifici facilmente documentabili!
La situazione relativa alla presenza di questi animali è quindi andata fuori controllo (se così si può dire), a questo dobbiamo aggiungere il continuo e pressante foraggiamento a cui questi suidi sono sottoposti, è di poche settimane fa la notizia che due cacciatori sono stati pizzicati dalle forze dell’ordine, a svolgere in modo organizzato questa odiosa e delinquenziale pratica nel Grossetano.
Gli animali interagiscono con le attività umane come qualsiasi altro evento naturale. Sono le attività antropiche che negli anni hanno tolto e guadagnato terreno rispetto agli habitat faunistici e non viceversa!
La legge obiettivo della Regione, pur essendo definita al palo da Coldiretti , ha, dai dati forniti dalla Regione stessa, in circa tre anni di applicazione, eliminato oltre 200.000 ungulati, se il problema della loro massiccia presenza sembra ancora essere pressante, dopo tale ecatombe, forse dovremo farci qualche domanda sulla reale efficacia di tale azione e sulla richiesta di replicarla. Allora ci chiediamo e chiediamo alla Coldiretti: Il ricorso semplificato alla sola caccia nella gestione della fauna è davvero proficuo ai fini dell’abbassamento del loro numero e dei relativi danni? Obiettivamente sembrerebbe di no poiché i danni non solo non diminuiscono, ma sono altresì in aumento, questo dalle ultime stime fornite da Coldiretti.
Vorremmo quindi provare anche un po’ a ragionare su questa non banale questione, cercando di essere il più possibile razionali: L’approccio a questa problematica non può essere semplificato e basato su un’equazione, sin troppo elementare, ovvero: se gli animali selvatici causano il problema, diminuiamo con gli abbattimenti la loro presenza.
Questa argomentazione non tiene però conto di un aspetto molto importante, le popolazioni di animali selvatici hanno una loro dinamica sociale ovvero, se minacciate dalla caccia pesante, reagiscono aumentando il tasso di riproduzione (strategia R), aumentando di conseguenza , anche la loro dispersione nel territorio, andando ad invadere e a premere sugli agro-sistemi nelle aree più antropizzate.
Nonostante tutto, fino adesso, la caccia è stata vista quasi come un aspetto salvifico. Le varie Regioni (in modo particolare la nostra) emanano innumerevoli atti e delibere, legalizzando la presenza dei cacciatori anche laddove, per normativa statale, dovrebbe intervenire nel controllo delle specie selvatiche l’Ente Pubblico (Carabinieri Forestali e Polizia Provinciale). Con la PDL attualmente in discussione in Regione, presentata ancora una volta dal Dott Remaschi, la caccia sarà totalizzante, arrivando ad espletarsi anche in maniera seriale, nelle aree protette e nei parchi, con grave minaccia per tutta la biodiversità. Allo stato attuale possiamo affermare che, forte di tutto ciò , la caccia possa considerarsi come un’attività economica a se stante, alla luce del fatto che ogni singolo cacciatore può vendere e commerciare capi di selvaggina abbattuta , quindi , in sostanza, ha necessità che le popolazioni di cinghiali, siano sempre presenti, al di là di tutte le stime di consistenza in aree vocate e non vocate che , pur non basandosi su nessun principio scientifico, non “potranno” mai essere rispettate!
I censimenti palesati da Coldiretti, (secondo loro oltre 450.000 cinghiali presenti in Toscana), sono effettuati dagli A.T.C. quindi, guarda caso, dagli stessi cacciatori che andranno ed eseguire gli abbattimenti. Crediamo che questa problematica debba essere affrontata in modo multidisciplinare, tenendo conto di tutti gli aspetti e di tutte le componenti in causa, relegando l’eventuale ricorso al controllo numerico, solo a chi è realmente preparato e preposto, per legge, ad esso, (gli Enti sopra elencati), tenendo al di fuori il mondo venatorio e interessando altresì quello scientifico.
Due piccoli (grandi) esempi di soluzioni che non prevedono la risoluzione caccia e assolutamente realizzabili e che devono tracciare il futuro:
1) La tecnologia relativa all’uso di ultrasuoni (Ultrarep) per tenere lontani gli ungulati dalle attività agricole e forestali , con un progetto pilota che è appena stato avviato in Toscana che coinvolgerà, tra l’altro, anche alcune aziende agricole vitivinicole del Chianti Classico, finanziato dal Bando “Sostegno per l’attuazione dei Piani Strategici (PS)” e la costituzione e gestione dei Gruppi Operativi (GO) del Partenariato Europeo per l’Innovazione in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura (PEI-GO).
2) Per la problematica relativa alla sicurezza stradale, può essere utilizzata la tecnologia (siamo nel 2020!), interessante a tal riguardo, la recente attivazione di progetto Europeo Life SAFECROSSING, che prevede l’ installazione di un innovativo sistema di sensori- ricettori e led, per la prevenzione degli incidenti stradali con la fauna selvatica, (sistema AVC PS), nelle aree del progetto (fra cui alcune regioni Italiane), per ridurre il rischio delle collisioni veicolari con le specie selvatiche, ma anche nell’educare i guidatori ad aumentare l’attenzione alla guida nelle zone target del progetto (https://life.safe-crossing.eu/).
In questo la Regione deve investire anziché continuare a sovvenzionare a pioggia gli ambiti territoriali di caccia, per alimentare un’attività che si è rivelata ampiamente fallimentare nella risoluzione del problema.