Sabato, 20 aprile 2024 - ore 13.56

Cremona Pianeta migranti. Perché tanti migranti in mare?

E’ il ricatto dei trafficanti libici per sfidare il governo di Tripoli e ricattare l’Europa.

| Scritto da Redazione
Cremona Pianeta migranti. Perché tanti migranti in mare?

Cremona Pianeta migranti. Perché tanti migranti in mare?

Più di 2000 persone messe in mare in meno di due giorni. E’ il ricatto dei trafficanti libici per sfidare il governo di Tripoli e ricattare l’Europa. In mare nessuna nave di soccorso, né civile, né militare.

 La scarcerazione del boss Abdurahman al-Milad “Bija”, promosso al grado di maggiore della Guardia costiera libica a Zawyah, anziché calmare le acque ha galvanizzato i trafficanti, che proprio dalla fascia costiera tra Zawyah, Zuara e Tripoli hanno moltiplicato le partenze. E sul conto di Bija emergono altre imbarazzanti conferme riguardo i contatti riservati con le autorità italiane.

Le traversate.

A Lampedusa, nonostante i continui trasferimenti con il traghetto di linea per Porto Empedocle o sulle navi quarantena, il centro di prima accoglienza è ormai al collasso. Circa 700 persone sono rimaste all’addiaccio sul molo Favarolo per mancanza di posti all’interno dell’hotspot. Intanto, al largo della Libia, si consumava l’ennesima tragedia: un’imbarcazione si è capovolta e cinque persone, fra cui un bambino, sono annegate. I superstiti, una quarantina, sono stati soccorsi dai pescatori locali. Poche ore dopo una motovedetta di Tripoli è intervenuta quando un altro barcone si era capovolto: 42 i sopravvissuti, almeno 24 i dispersi. Dopo i 16 sbarchi con circa 1.500 migranti registrati domenica, sono approdati a Lampedusa altri 4 barconi con 635 persone, mentre 2 barchini segnalati da Alarm Phone non sono stati individuati e si è perso ogni contatto con i migranti. Sul molo Favaloro sono rimasti in attesa per tutta la notte circa 700 stranieri, mentre nell’hotspot si trovavano già un migliaio di persone. I vigili del fuoco hanno montato sul molo una tenda per fare in modo che i migranti si riparino sia dal sole che dall’umidità della notte.

La reazione dell’Onu.

Solo ieri «circa 600 persone sono state riportate a Tripoli e a Zawiyah dalla guardia costiera libica, tra cui molte donne e bambini», informa l’Acnur. Tutti i naufraghi «sono stati posti in detenzione» conclude un tweet dell’agenzia Onu riferendosi ai campi di prigionia. Al 5 maggio, secondo i dati dell’Alto commissariato per i rifugiati, 6.060 migranti e profughi sono stati registrati come intercettati in mare dai guardacoste libici. A strappare il velo d’ipocrisia sulle relazioni con la Libia è stato Filippo Grandi, capo di Unhcr-Acnur, secondo cui in linea di principio «non ci sarebbe nulla di sbagliato nel rafforzare la guardia costiera libica se il sostegno fosse finalizzato a interventi efficienti e secondo sani principi». Invece le persone «intercettate dalla guardia costiera libica – ha aggiunto –, vengono riportate in Libia. Finiscono in un sistema di abusi dove nulla funziona, e allora non ci siamo, non è giusto».

Il giallo del passaporto di Bija.

Alla vigilia del boom di partenze le Nazioni Unite e l’Ue hanno confermato le sanzioni per Bija, che prevedono il congelamento dei beni in patria (richiesta mai eseguita da Tripoli) e all’estero, oltre al divieto di espatrio. Nel divulgare le restrizioni internazionali per il guardacoste accusato di essere anche trafficante di uomini, petrolio e armi, viene citata una nota interna dell’Interpol che per la prima volta indica il numero di passaporto 'G52FPYRL' del comandante Aburahman al-Milad (Bija). E quel numero, così come la data di emissione e quella di scadenza, corrisponde esattamente al documento con cui il boss libico nel 2017 ottenne il visto per partecipare a una serie di incontri a porte chiuse in Italia. Il governo “Conte II” aveva negato nell’ottobre 2019 l’autenticità del passaporto di Bija, accusandolo di avere fatto ingresso nel nostro Paese in modo fraudolento. Ora l’Interpol e il Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza, confermano che il documento utilizzato era quello tuttora in corso di validità. Nei giorni successivi alle rivelazioni di Avvenire del 4 ottobre 2019, fu lo stesso Bija nel corso di contatti piuttosto turbolenti, a difendersi dall’accusa di essere entrato illegalmente in Italia mostrando poi alla giornalista Francesca Mannocchi, che lo aveva intervistato a Tripoli, la copia del passaporto e del visto, poi pubblicati su l’Espresso.

Le minacce dei clan al nuovo governo.

Non si tratta di un dettaglio secondario. La legittimazione anche internazionale di cui hanno goduto diverse milizie libiche ha permesso di rafforzare le posizioni dei capiclan che ieri hanno sfidato platealmente con un atto dimostrativo il nuovo governo di unità nazionale. Uomini armati hanno assediato l’Hotel Corinthia di Tripoli, che funge da quartier generale del Consiglio presidenziale libico. La prova di forza delle milizie, secondo i media locali è stata inscenata per intimidire la ministra degli Esteri Najla al-Mangoush, che ha chiesto ai mercenari e ai combattenti stranieri dislocati nel Paese, comprese le truppe turche, di farsi da parte. Altri media hanno ridimensionato l’episodio, sostenendo che i capi dell’operazione 'Vulcano di collera' -l’alleanza di milizie che con l’aiuto turco difesero Tripoli dal fallito attacco del generale Khalifa Haftar - si erano diretti verso il consiglio presidenziale per discutere «alcune questioni».

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