Lunedì, 06 maggio 2024 - ore 00.01

Dalla Leopolda alla piazza. Il punto di Rosario Amico Roxas

Pubblichiamo l’analisi di Rosario Amico Roxas

| Scritto da Redazione
Dalla Leopolda alla piazza. Il punto di Rosario Amico Roxas

Il 25 e 26 ottobre hanno rappresentato due giorni di esaltazione delle contraddizioni, covate da tempo ed esplose in maniera fin troppo evidente e plateale. Alla Leopolda erano presenti in circa 12000 (diamo per buone le cifre comunicate), con tavoli indipendenti dove venivano trattati i vari aspetti della politica, dell’economia, dello Stato sociale ecc. È emersa la stella di Serra, e dei suoi seguaci, tutti appartenenti al gotha del capitalismo nazionale, ma non certamente ai gruppo dei promotori dell’economia e dei generatori di posti di lavoro; c’erano tutti o quasi gli imprenditori, i capitalisti, i dirigenti d’azienda (grande assente Marchionne), mentre i pochi contestatori stavano fuori, con mesti cartelli. Ritengo opportuno pensare che fossero presenti anche evasori fiscali, esportatori di denaro all’estero, corrotti, corruttori, corruttibili, turbatori di aste pubbliche, politici trombati in attesa di sistemazione. Hanno discusso di tutto, quindi, in pratica di nulla, infatti nessuno è riuscito a comprendere il leitmotif delle giornate di lavori e riassumerne le conclusioni. Ci ha pensato Renzi, con alcune affermazioni categoriche, che non hanno generato dibattito, ma solo ovazioni.

In piazza, con i sindacati e parte dei politici del PD, c’erano i disoccupati, i sottoccupati, i precari, i giovani, gli esodati, i pensionati e la parte malata della nazione, contagiata dagli ultimi rantoli di un capitalismo d’assalto che in vent’anni ha decimato le aspettative di tutte le categorie fragili, perché dipendenti da altri, quegli altri ben accolti alla Leopolda a parlare del nulla; messi insieme formavano una platea di un milione di persone, portavoce della stragrande maggioranza del Paese, quella che soffre e paga per tutti.

La conclusione di Renzi è stata un’apologia dialettica; nulla da eccepire sulla qualità della comunicazione: «Non daremo il PD a chi lo riporterebbe dal 41% al 25%; il PD non sarà più un partito di reduci ma di coloni alla scoperta del futuro». Sarebbe stato anche convincente se in molti, come me, non avessimo sentito l’alitare sul collo di Renzi di un Berlusconi sornione, che è riuscito a reinserirsi come deus ex machina malgrado le condanne e l’esperienza negativa di vent’anni di abusi più o meno legali, che tanto furono graditi ai medesimi ospiti della Leopolda.

Sarebbe stato più credibile, Renzi, se avesse parlato delle riforme, bloccate dal suo partner al governo, che impedisce la nuova legge elettorale per timore di un ritorno alle urne che lo farebbe scomparire insieme al suo Forza Italia; così un eventuale ritorno anticipato alle urne dovrebbe utilizzare la legge elettorale scritta dalla Consulta, senza premio di governabilità, per cui chiunque dovesse vincere non potrebbe far altro che cercare alleanze anche innaturali. Anche eventualmente vincente, Renzi si troverebbe nella condizione di pietire l’alleanza con il pregiudicato Berlusconi, per ufficializzare uno stallo che serve solo a quanti non vogliono riforme a vantaggio dello Stato sociale.

Sarebbe stato più credibile se avesse criticato la riforma del Senato, che dovrebbe essere composto da nominati, ma protetti da immunità, servi dei loro nominatori.

Sarebbe stato più credibile se avesse garantito di mettere mano a una legge severa sul falso in bilancio, azzerato dai governi Berlusconi, che hanno salvato il suo inventore da precedenti condanne.

Sarebbe stato più credibile si avesse accennato a una patrimoniale, ma avrebbe disilluso i suoi ospiti alla Leopolda; patrimoniale intesa come restituzione del maltolto che ha costituito ingentissime fortune, tant’è che, negli ultimi rantoli del governo Berlusconi, prima delle provvidenziali dimissioni, la proprietà della ricchezza nazionale, che prima era del 50% in mano al 10% della popolazione, era passata al 55% sempre in mano a quel 10% della popolazione, con la maggior parte presente alla Leopolda a discutere della povertà altrui e del proprio, ulteriore, arricchimento.

Sarebbe stato più credibile se avesse garantito di non mettere mai più mano a condoni, sanatorie e scudi fiscali.

Sarebbe stato più credibile se avesse parlato di una riforma della giustizia, limitando il garantismo pur senza eccedere nel giustizialismo.

Niente di tutto ciò e anche di altro, ma solo slogan dialettici degni di un affabulatore, capace di stimolare falsi entusiasmi, tale e quale, come nel 1994.

Nell’etere viaggia un’ipotesi di scissione del PD: sarebbe una catastrofe a vantaggio del pregiudicato, che otterrebbe il suo divide et impera; ma tale ipotesi dovrà essere scongiurata dall’analisi dei risultati delle amministrative di Reggio Calabria, che Il Giornale della famiglia di Berlusconi, diretto da Sallusti, relega a fondo pagina e commenta con rabbia: il nuovo Sindaco del centrosinistra Giuseppe Falcomatà (PD, SEL, PSI e liste civiche) ha vinto, infatti, con il 61,24%.

Rosario Amico Roxas

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