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Dossier Donna n. 9 LE NUOVE OPPORTUNITÀ DELLA CASALINGHITUDINE |Piero Carelli

In un paese come l’Italia che ha il tasso di fecondità più basso al mondo, la maternità dovrebbe essere al centro delle attenzioni dell’intera comunità, in primis delle istituzioni pubbliche, ma ciò non accade

| Scritto da Redazione
Dossier Donna n. 9 LE NUOVE OPPORTUNITÀ DELLA CASALINGHITUDINE |Piero Carelli

Dossier Donna n. 9 LE NUOVE OPPORTUNITÀ DELLA CASALINGHITUDINE |Piero Carelli

In un paese come l’Italia che ha il tasso di fecondità più basso al mondo, la maternità dovrebbe essere al centro delle attenzioni dell’intera comunità, in primis delle istituzioni pubbliche, ma ciò non accade.

 E così procreare dei figli diventa una vera e propria corsa agli ostacoli per chi non può fruire del supporto di genitori e suoceri: trovare un asilo-nido a portata di mano con orari flessibili e a un prezzo non proibitivo, andare perennemente alla ricerca di persone fidate al fine di affrontare le emergenze (frequentissime le malattie nei primi anni di vita).

Non mancano, è vero, delle isole felici (una… scuola nel bosco, ad esempio, che prevede “un percorso studiato per dare ai bambini un’educazione emozionale e in natura” e dove, tra l’altro, si offrono “pet-terapia, musico-terapia, yoga, meditazione, arte e pittura” – si veda il saggio di Annamaria Datena in “Donne al lavoro”- ), ma a quali costi!

Chi proprio non riesce a coniugare attività lavorativa e gestione dei figli opta, spesso obtorto collo, per le dimissioni con la speranza di riprendere a tempo debito il lavoro, una speranza che, tuttavia, rimane spesso un sogno. Da qui l’assunzione in toto del ruolo della casalinga, un ruolo che, con le sue mille incombenze, è di fatto un lavoro, seppur non adeguatamente riconosciuto e, tanto meno, remunerato (il suo riconoscimento economico è tutt’altro che ben accetto da tutte le associazioni femminili: vi è chi, infatti, teme un ritorno della donna alla missione di angelo del focolare).

Un dato pare certo: la casalinghitudine, nella gran parte dei casi, non è più vissuta come una condanna e con frustrazione, ma come un’opportunità: l’opportunità di coltivare le proprie passioni e attitudini (dai corsi ginnico-sportivi agli incontri di approfondimento per accrescere la consapevolezza della funzione di madri). Vi è addirittura chi fa della casalinga un’attività di micro-imprenditorialità: chi inventa il ruolo di Tagesmutter, chi diventa un book blogger con tanti follower che attendono nuove recensioni e suggerimenti per chi ha l’aspirazione di pubblicare un proprio libro (si veda il bel saggio di Immacolata  Russo, sempre in “Donne al lavoro”).

Essere calsalinga nel XXI secolo non significa poi (o non significa tout court) isolamento e frustrazione, ma può regalare delle occasioni uniche per auto-realizzarsi. Ciò che conta è che la casalinghitudine sia uno status temporaneo e che la norma sia un punto di equilibrio tra una professione (che dà, tra l’altro, alla donna l’indipendenza economica e quindi un maggior potere contrattuale nei confronti del partner) e lavoro domestico. Un punto di equilibrio che potrebbe realizzarsi con la diffusione dello smart working, una modalità che, purtroppo, è ancora un miraggio (anche per ragioni oggettive) per molte lavoratrici.

6 gennaio 2020

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