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Gli impatti della plastica monouso da Covid-19 sull’ambiente europeo

Mascherine monouso, imballaggi e nuovi tipi di consumi al tempo delle pandemie

| Scritto da Redazione
Gli impatti della plastica monouso da Covid-19 sull’ambiente europeo

La pandemia di Covid-19 è un evento complesso e che ha causato impatti dirompenti, non solo sulla salute e sull’economia. La sua gestione è molto complessa, come rivela l’impatto della risposta alla prima ondata di COVID-19 sulla produzione e consumo di plastica monouso.

Dal nuovo briefing dell’ European environment agency (Eea) basato sullo studio “Impact of COVID-19 on single-use plastics and the environment in Europe”  dell’European Topic Centre on Waste e Materials in a Green Economy (ETC/WMGE) emerge che più mascherine, guanti e  alcuni tipi di imballaggi in plastica monouso devono essere gestiti come rifiuti o vengono gettati nella spazzatura e causano l’aggiunta di gas serra e altre emissioni. Nell’Ue sono aumentate le importazioni e la produzione di mascherine e guanti. A causa del rallentamento delle nostre economie, la produzione dell’industria degli imballaggi in plastica dell’Ue è diminuita più rapidamente durante i primi mesi di Covid-19. E’ probabile che l’aumento del commercio elettronico durante i lockdowns abbia fatto aumentare il volume di plastica utilizzata negli imballaggi per il commercio elettronico nell’Ue. Durante i lockdowns i ristoranti sono passati al take-away e alle consegne di cibo, aumentando l’uso di contenitori per alimenti in plastica monouso. Allo stesso tempo, i lockdowns  potrebbero aver ridotto le vendite complessive di snack, cibo e bevande da asporto, riducendo la necessità di plastica per questi prodotti.

Prima della pandemia di Covid-19, Francia e Germania erano gli unici paesi dell’Ue ad avere una quota considerevole della produzione e delle esportazioni globali di mascherine (rispettivamente il 7% e il 2% delle esportazioni globali nel 2017). Le importazioni di mascherine nell’Ue sono più che raddoppiate rispetto al periodo pre-pandemia, insieme a un forte aumento della produzione dell’Ue. Supponendo un peso medio delle mascherine di  2,7 grammi, questo comporta un’importazione media di 0,75 mascherine pro-capite al giorno per la popolazione dell’Ue.

Anche se l’Oms non ha raccomandato l’utilizzo generalizzato di guanti come misura preventiva, durante la prima ondata europea della pandemia, da aprile a settembre 2020, le importazioni di questi guanti nei 27 Stati membri dell’Ue sono state di 105.000 tonnellate in più, un aumento dell’80%.

L’aumento dell’utilizzo di mascherine e guanti monouso ha impatti ambientali e climatici che riguardano l’estrazione delle risorse e la produzione, il trasporto e la gestione dei rifiuti. Gli impatti durante la fase di produzione avvengono principalmente nei Paesi esportatori extraeuropei, mentre quelli relativi ai rifiuti si verificano in Europa.

Il briefing Eea fa notare che «Sebbene i Paesi europei abbiano scelto diverse strategie di gestione dei rifiuti per gestire mascherine e guanti, la maggior parte dei Paesi ha consigliato ai propri cittadini di smaltire mascherine e guanti monouso nei rifiuti solidi urbani indifferenziati, che di solito vengono inceneriti , sebbene lo smaltimento in discarica sia ancora una pratica comune in alcune regioni d’Europa.  L’abbandono di mascherine e guanti monouso è un effetto collaterale visibile del loro maggiore utilizzo. Sebbene possano essere involontariamente persi nell’ambiente, un sondaggio del luglio 2020 ha rivelato che il 5% delle persone in Francia (ovvero oltre 2 milioni) ha ammesso di aver gettato via le mascherine per le strade pubbliche (Connexion, 2020). Mascherinee e guanti disseminati si trovano sulle strade, nei fiumi, sulle spiagge, lungo le coste e in mare. Gli esperti avvertono che pesci e uccelli possono ingerire plastiche morbide e flessibili. Gli animali possono anche rimanerci impigliati fisicamente. Mascherine e guanti sono ora inclusi come elementi da segnalare nel monitoraggio dei rifiuti marini (OSPAR, 2020), ad esempio utilizzando l’ app EEA Marine Litter Watch».

A causa dell’influenza di agenti atmosferici, radiazioni ultraviolette e abrasioni, mascherine e guanti gettati via possono rompersi in pezzi più piccoli, causando inquinamento da microplastiche che possono essere rilasciate dalla degradazione dei tessuti dello strato esterno (polipropilene) e dello strato interno (polietilene) che compongono le mascherine monouso.

L’Eea evidenzia che «La valutazione degli impatti quantitativi delle mascherine facciali monouso sull’ambiente e sul clima non è semplice, perché la varietà di design e combinazioni di materiali rende difficile ricavare una composizione media».  Per stimare le emissioni di gas serra delle mascherine facciali, è stata presa a modello una mascherina monouso a tre strati che soddisfa i requisiti della norma europea EN 14683:2014 e ne è venuto fuori che «Le emissioni di gas serra relative alla produzione, al trasporto e al trattamento dei rifiuti delle mascherine monouso variano da 14 a 33,5 tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2 e) per tonnellata di mascherine, a seconda della composizione delle maschere». Il che Ciò corrisponde alle emissioni di gas serra di 38 – 90 g CO2 e per mascherina, uguale alle emissioni su 127 – 300 m di un veicolo a benzina di medie dimensioni.

La produzione e trasporti rappresentano la quota maggiore. Visto che queste mascherine sono prodotte principalmente in Cina, gran parte di queste emissioni ha luogo al di fuori dell’Europa. Dopo l’aumento del consumo di mascherine in Europa, nei 6 mesi da aprile a settembre 2020 sono state emesse ulteriori 2,4 – 5,7 milioni di tonnellate di CO2 e, il 118% in più del livello normale. Ulteriori CO” emissioni sono da aspettarsi nel periodo successivo. Altri impatti delle mascherine monouso, come il potenziale di tossicità umana e di acidificazione, mostrano lo stesso trend.

L’Eea dice che è importante notare che  gli studi che confrontano gli impatti ambientali e climatici delle mascherine  monouso e riutilizzabili «Non hanno considerato la funzionalità o l’efficacia di queste mascherine riutilizzabili nella prevenzione della diffusione del virus o nella loro conformità alle linee guida dell’Oms. Si può presumere che le mascherine riutilizzabili non forniscano lo stesso livello di protezione delle mascherine monouso approvate: le prestazioni dei dispositivi di protezione individuale devono sempre essere una considerazione primaria».

Studi di valutazione del ciclo di vita e degli impatti ambientali delle mascherine monouso e riutilizzabili realizzati nel 2020 hanno confrontato i loro impatti ambientali di una mascherina chirurgica in polipropilene e di una mascherina in cotone a due strati, scoprendo che «L’impatto climatico di entrambi i tipi di mascherine è dominato dalla loro composizione materiale e dal processo di produzione, mentre l’incenerimento dei rifiuti fornisce un contributo minore (il trasporto non è stato incluso nello studio). Aumentare il numero di volte in cui la mascherina di cotone viene riutilizzata migliora le sue prestazioni ambientali. Tuttavia, se le mascherine riutilizzabili vengono lavate a mano, l’impatto del lavaggio diventa significativo e può ribaltare l’impatto ambientale complessivo a favore delle mascherine monouso».

Nel confronto tra le emissioni di gas serra di una mascherina di cotone riutilizzabile (compresa la produzione, il lavaggio a 60 °C tra gli usi e l’incenerimento dei rifiuti) con quelle di una mascherina chirurgica monouso che viene sostituita dopo ogni utilizzo (compresa la produzione e l’incenerimento dei rifiuti) nel corso 30 utilizzi, il  punto di svolta avviene a circa 13 utilizzi, il che implica che, per avere un impatto inferiore rispetto all’utilizzo di un numero uguale di mascherine monouso, una mascherina di cotone dovrebbe avere una durata minima di 13 utilizzi. Dopo 30 utilizzi, quasi il 90% dell’impatto complessivo della mascherina in cotone può essere attribuito alla sua produzione, il 10% al suo lavaggio e lo 0,2% al suo incenerimento. Per le mascherine monouso, il 63% dell’impatto è legato alla loro produzione e il 37% al loro incenerimento.

Come risultato della diminuzione complessiva della produzione di imballaggi in plastica nell’Ue, tra aprile e ottobre 2020 sono state risparmiate in totale circa 770.000 tonnellate di CO2, equivalenti alle emissioni dirette di CO2 di 480 000 cittadini dell’Ue nel 2019.

Tra marzo e settembre 2020, l’e-commerce ha registrato un aumento delle entrate del 16% e anche i servizi di consegna pacchi sono stati utilizzati ai massimi storici: DHL ha registrato un aumento di quasi 15% rispetto al 2019 corrispondente a circa 1,8 miliardi di pacchi. Si stima che l’aumento dell’e-commerce abbia portato a un aumento del volume di plastica da imballaggi 11.400 – 17.600 tonnellate da marzo a settembre 2020. Gli impatti ambientali e climatici degli imballaggi in plastica monouso aggiuntivi per l’e-commerce includono quelli derivanti dalla produzione e dal trasporto (gas serra e altre emissioni) e dalla gestione dei rifiuti aggiuntivi, principalmente attraverso l’incenerimento.

Il settore della ristorazione e dei servizi di ristorazione è stato duramente colpito dalle restrizioni per i  pasti al tavolo che ha obbligato a chiudere i ristoranti. Da marzo ad agosto 2020, il fatturato del settore, che era cresciuto del 25% dal 2015, è calato del 45%. Molti ristoranti sono però passati ai pasti da asporto o alle consegne a domicilio, il che potrebbe aver portato a un maggiore utilizzo di imballaggi monouso.

Al momento della pubblicazione del nuovo briefing Eea non sono disponibili dati affidabili sui trend dell’uso di imballaggi in plastica monouso da parte dell’industria dei servizi alimentari durante la pandemia di Covid-19 in Europa nel 2020. Quindi,  non è possibile valutare gli effettivi impatti ambientali dovuti ai cambiamenti in questa parte del mercato degli imballaggi in plastica monouso.

Per l’Eea, «Una lezione importante dalla pandemia di Covid-19 è che dovremmo prepararci ora per potenziali eventi dirompenti in un futuro incerto. Questo dovrebbe includere strategie per affrontare gli impatti ambientali e climatici delle risposte, come gli impatti dei dispositivi di protezione medica e degli imballaggi. I nostri preparativi dovrebbero includere le seguenti aree chiave: Ricerca: per valutare e ridurre i potenziali impatti ambientali e climatici delle risposte future sono necessarie ulteriori ricerche, ad esempio: materiali alternativi e design del prodotto; strategie per incoraggiare i comportamenti desiderabili dei consumatori relativi all’uso, all’igiene, alla raccolta, allo smaltimento sicuro e alla prevenzione dell’abbandono dei rifiuti; l’impatto ambientale dei rifiuti negli spazi pubblici e in natura; opzioni tecnologiche per la sanificazione di prodotti riutilizzabili, come le apparecchiature mediche; opzioni di riciclaggio per i prodotti monouso.  Monitoraggio: è necessario un monitoraggio più accurato e tempestivo degli aspetti della plastica monouso per facilitare la ricerca e guidare le future opzioni politiche, come: raccolta di dati specifici e aggiornati sulla produzione, il consumo e il commercio dei prodotti; raccolta di dati sui rifiuti, compresi i rifiuti provenienti dalle discariche.  Politica: sulla base di un migliore monitoraggio e ricerca, dovrebbero essere prese in considerazione opzioni politiche per affrontare gli impatti ambientali e climatici dei prodotti monouso, tra cui: sensibilizzazione a livello europeo e incentivi per modificare i comportamenti; incentivi all’adozione e regolamentazione di modelli di business circolari; riciclaggio e gestione dei rifiuti urbani.  Imprese: dovrebbero essere sviluppati incentivi per e da parte delle imprese per: adottare modelli circolari come imballaggi riutilizzabili per alimenti e altri beni, sistemi di ritiro e ridistribuzione degli imballaggi riutilizzabili, processi di sanificazione per garantire igiene e sicurezza e schemi efficienti di raccolta e riciclaggio; sviluppare imballaggi da materiali riciclati o a basso impatto che possono essere facilmente riciclati alla fine del loro ciclo di vita.

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