Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 10.28

Il punto di Rosario Amico Roxas. La guerra all’ISIS

Il nostro opinionista: «Va fatto un lavoro di intelligence, non di trincea e, men che meno, di bombardamento»

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. La guerra all’ISIS

Non è una guerra che si vince in trincea, non si vince nemmeno con i bombardamenti da alte quote; non è una guerra di posizione con conquiste di terreno; si tratta di una guerra anomala nella quale non si identifica un nemico, ma un’organizzazione molto mobile, evanescente, capace di colpire i bersagli più impensabili delle nazioni prese di mira. L’ISIS non combatte per conquistare territori, né per obbligare a scelte religiose, combatte per seminare terrore, per cui l’obiettivo prescelto è la popolazione inerme.

I predicatori nostrani di grandi alleanze per sconfiggere questi fantasmi del terrore, mostrano di non avere capito nulla di quanto sta accadendo. Presidiare taluni bersagli identificati come “punti sensibili” serve solo a distogliere forze dell’ordine e favorire attacchi mirati a ben altri bersagli, purché popolosi. Se il Vaticano, il Colosseo, Castel Sant’Angelo, il Pantheon (solo per fare un esempio) vengono sottoposti a sorveglianza rigidissima, rimangono scoperti i supermercati di periferia, le Chiese dei paesini nel giorno delle nozze, oppure i mercati rionali, le scuole, gli uffici postali il giorno delle “pensioni”.

La guerra all’ISIS deve perdere la fisionomia della vendetta che sta dimostrando, per assumere la dimensione di una battaglia di intelligence. Appare già chiaro che l’ISIS è riuscita a infiltrare suoi adepti nelle fila degli emigranti, che si mantengono pronti a un segnale convenuto per colpire nel mucchio. Bombardare i territori che si ritiene essere quelli prescelti come base logistica non colpisce i vertici, ma, molto spesso, la popolazione civile, vittima anch’essa.

I soli alleati sui quali l’Occidente potrebbe contare sono proprio quegli emigranti tra cui si intrufolano adepti del terrore. Sono i soli che potrebbero infiltrarsi nelle fila dell’organizzazione terroristica e carpirne i programmi, i progetti e le strategie. Un’attenta selezione potrebbe permettere di assumere (non meno di 5.000 su tutto il territorio nazionale) in una speciale organizzazione di intelligence, nella quale ogni singolo prescelto deve ignorare l’identità degli altri e fare capo solo a un direttivo in grado di coordinare le informazioni; il costo sarebbe di gran lunga inferiore a una partecipazione attiva ad azioni di guerra, ma con risultati, nel tempo, molto più concreti.

Regolarmente stipendiati, con un lavoro di copertura, il permesso di soggiorno e la garanzia di pubblico anonimato e successivo inserimento nella società, sarebbero le condizioni per far loro accettare un’attività certamente pericolosa, ma in grado di garantire una pianificazione operativa, anche a vantaggio degli altri emigranti.

Rosario Amico Roxas

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