Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 10.48

Il punto di Rosario Amico Roxas. La terza via

Il nostro opinionista prende posizione a favore del Centro Democratico di Tabacci

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. La terza via

La soluzione trovata e posta in essere per l’elezione dei tre esponenti mancanti della Consulta, dopo mesi di intransigenze reciproche, indica una via diversa per affrontare con dignità politica, la gestione della Cosa Pubblica, senza privilegi per la “cosa privata”. Non sappiamo se sotto l’attuale scelta di Renzi ci sia un qualche trucco, destinato a emergere nel tempo; c’è di mezzo Forza Italia e il suo padrone Berlusconi, per cui i timori di trucchi rimane valido e nessun risultato, anche valido, può mitigare e neutralizzare le ipotesi di accordi sottobanco.

Berlusconi ha dimostrato ulteriormente che è possibile fare accordi con lui e con la sua forza politica (ormai ridotta a “debolezza” politica), solo a condizione di accettare i suoi diktat, come fu per la Presidenza della Repubblica quando esigeva un candidato disponibile a concedergli al tanto anelata “grazia”. Come è stato adesso con i candidati alla Consulta, proponendo sine qua non un candidato al suo personale servizio. Renzi appare come il vincitore in questo scontro, che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) rappresentare la chiusura a ogni possibile inciucio con l’accozzaglia di estrema destra che sta emergendo, con Salvini, novello don Chiosciotte, e Berlusconi, nel patetico ruolo di Sancho Panza.

A un occhio smaliziato, ma pur sempre prudente nel riconoscere vittorie e sconfitte, apparirebbe una scelta renziana che asseconderebbe la teoria di una “terza via” in grado di aprire nuovi scenari tanto nel campo squisitamente politico, quanto nel campo economico e morale. Certo che tale eventuale scelta, ove di scelta definitiva dovesse trattarsi, non sarebbe gradita ai liberisti, ai capitalisti senza capitali, agli imprenditori della finanza creativa, ai corruttori, ai corrotti, ai corruttibili, agli evasori fiscali, ai tangentari, ai turbatori di aste pubbliche, ai mafiosi di tutte le sigle, cioè a tutta quella umanità pendente tra l’illecito e il reato, tanto agevolata dai governi a marchio Berlusconi, che, però non rappresenta che un misero 10% della popolazione, anche se possiede oltre il 50% della ricchezza nazionale.

Già da Sindaco di Firenze, Renzi manifestò il suo interesse per una tale terza via, che avrebbe dovuto rappresentare l’allargamento politico a tutte le forze in Parlamento, sia di destra che di sinistra, che di volta in volta avrebbero dovuto appoggiare il Governo, specialmente nel campo delle riforme, ormai giunte al punto di non ritorno con un’indifferibilità che suggeriva e imponeva scelte coraggiose.

Ma le scelte di Renzi non furono coraggiose, essendo caduto nella trappola del Nazareno, incontrando, in senso monopolistico, un Berlusconi che usò quegli incontri per una miracolosa resurrezione dal pantano melmoso in cui si trovava. Le prime riforme calcarono i voleri dell’ex-tutto, che Renzi accettò senza neanche consultare né gli altri partito, né le forze sociali, anzi, dichiarando pubblicamente di ascoltare tutti, ma di decidere da solo. Ciò dette forza e vigore a Berlusconi, che capì di potere calcare la mano e utilizzare il suo collaudato sistema del ricatto: «O così o faccio cadere il Governo». Il Governo non cadde, quindi Berlusconi l’ebbe vinta, dotando il corpo elettorale della peggiore legge elettorale immaginabile. Ma i due, diventati compari, non fecero i conti con l’elettorato che premiò Renzi alle elezioni europee elargendo un illusorio 40,8% di consensi, revocati immediatamente quando si accorse che quegli incontri del Nazareno altro non erano che una cella dove l’ex-tutto aveva rinchiuso il socio Renzi, impedendogli anche le visite formali degli avvocati difensori. Renzi cominciò a sentire il peso della solitudine, che toccò con mano in occasione delle elezioni del Capo dello Stato, quando le pretese, che Berlusconi chiamava accordi programmatici, avrebbero avuto ragion d’essere, solo accettando i diktat.

Fu una ripresa d’orgoglio o il frutto di nuovi e innominabili accordi tra i due? Non lo sapremo mai, ma la scelta presidenziale segnò una sconfitta bruciante per Berlusconi, non potendo neanche sperare che il nuovo Presidente Mattarella gli concedesse la “grazia”, come se con quella elezione si fosse aperto un “settennato santo” che permettesse a Berlusconi di transitare per la Porta Santa della politica, ricevendo l’assoluzione da tutti i reati, passati, presenti e futuri già programmati.

Adesso lo scenario si ripete e si ripetono le invettive del pregiudicato Berlusconi, detentore di un sondaggio che non gli fa superare il 10% di consensi e lo relega al ruolo di spalla del bulletto padano Salvini. Si fa strada la terza via? Presto per dirlo, ma, pur sempre, appare opportuno chiarire il senso di una possibile scelta idonea a favorire un riequilibrio finanziario e una ripresa della variabilità economica e politica, in grado di imporre, con i mezzi previsti dalla Costituzione, la dignità del lavoro, la tutela delle fasce più deboli, la lotta all’evasione fiscale, leggi severe per combattere la corruzione dilagante, con scelte politiche tra i movimenti chiaramente progressisti liberalsocialisti sulla linea keyseniana contrastati dal neoliberismo berlusconiano e dalla nuova estrema destra pilotata da Salvini.

La terza via rappresenterebbe un’idea coltivata dai movimenti socialdemocratici e liberali di sinistra. Si inaugurerebbe un tipo di collaborazione tra forze socialmente interdipendenti per promuovere la difesa della giustizia sociale, della coesione sociale, nonchè l’eguaglianza di tutti i cittadini e le pari opportunità. Si aprirebbe l’esigenza di un nuovo ruolo dei sindacati, non più classisti a difesa e tutela delle classi lavoratrici, bensì mediatori sociali dell’incontro tra capitale e lavoro, in reciproca sintesi.

Ma si apre anche un nuovo ruolo politico, oltre a quello sociale, gestibile da un partito politico a vocazione liberalsocialista, svincolato dagli schemi rigidi di “destra” o “sinistra” ma volto a tutela delle fasce più deboli; un ruolo che rientrerebbe, a pieno diritto nei canoni sociali e politici del Centro Democratico di Bruno Tabacci, uno dei pochi politici italiani in grado di mediare con le altre forze politiche che hanno dimostrato la volontà operativa di gestire il bene comune, ma che, senza precisi accordi e alleanze non riusciranno mai a entrare nella logica governativa, perdendosi nei meandri della protesta che non arriva alla proposta.

Verrebbero così isolati fondamentalismi nazionalisti dell’estrema destra e le rivendicazioni di parte dell’estrema sinistra, in un prosieguo antistorico della lotta di classe.

Rosario Amico Roxas

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