Domenica, 28 aprile 2024 - ore 21.44

Il punto di Rosario Amico Roxas. Ratzinger, da cardinale a pontefice

Le contraddizioni che papa Francesco sta cercando di dirimere, pur esaltando l’esigenza di unità della Chiesa

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. Ratzinger, da cardinale a pontefice

Gli scandali che periodicamente colpiscono le strutture vaticane, hanno una origine ben chiara, che papa Francesco tenta di neutralizzare, trovando ostacoli proprio in quelle strutture verticali che dovrebbero sostenete le innovazioni che Francesco vorrebbe portare avanti. Tutto è partito con l’acquisizione, in un crescendo rossiniano, di potere da parte di Ratzinger. Da cardinale si adoperò senza sosta per proiettare se stesso sul soglio di Pietro. Ci riuscì, grazie ad accordi interni che fanno impallidire gli scambi di favore che ritroviamo nella politica italiana. Ratzinger sfruttò la sua orecchiabile cultura pseudoteologica per impostare un Cristianesimo avulso dalle parole di Cristo e imbevuto di pretestuose affermazioni teologiche, ma di una teologia targata Ratziner. Dall’alto del trono di Pietro, propagandò, imponendo la sua personale visione di un Cristo diverso, dissolutore della soggettività umana, come improvvisata risposta al nichilismo e al relativismo, entrambi combattuti a parole, servendosi del peggior relativismo e del peggior nichilismo.

Con le risposte provenienti dal più alto seggio della cristianità, venne riproposto, sotto mentite spoglie, un ritorno a quel neopositivismo che riduceva la sfera umana e umanistica nella oggettività del processo evolutivo, intrinsecamente deterministico, praticamente una caratteristica antropologica, come il naso adunco degli Atzechi.

Gli esempi che Ratzinger ha lasciato, risultano così gravi da generare perplessità, malgrado l’attuale papa Francesco, che non riesce a liberarsi dal giogo teologico impostato da Ratzinger. Gli aspetti più evidenti diventarono (e lo sono ancora, senza una decisa contrapposizione, che tarda ad arrivare) elementi dottrinali contro la Chiesa cattolica, specialmente da parte delle scuole di teologia islamica, coma l’Università Teologia Zi Tuna di Tunisi. È la ragione per la quale noi cattolici non siamo in grado di difendere i nostri principi religiosi, essendo stati stravolti dalla dottrina ratzingeriana.

Bastano pochi esempi per chiairre il tutto: la lectio magistralis di Ratisbona; il blasfemo battesimo di Magdi Allam la notte che ricordava la Resurrezione di Cristo, battesimo in pompa magna, trasmesso in mondovisione; il libercolo Senza radici scritto a quattro mani con l’ateo razzista Pera; la lettera Crimen sollicitationis, rivolta ai vescovi americani, nella quale imponeva il silenzio (vera omertà di stampo mafioso) sui casi di pedofilia; lettera che valse all’allora cardinale una denuncia per ostacolo alla giustizia, da parte di un tribunale del Texas. Non vale la pena proseguire negli esempi, perché occuperemmo troppo spazio, senza concludere il nostro modesto parere.

La grandiosa semplicità dell’insegnamento di Cristo ha subito, con Ratzinger cardinale prima e pontefice dopo, un dimensionamento umano attraverso una esegesi che rende elitaria la Fede, riservandola ai dotti che inseguono l’ipotesi di poter aggiungere qualcosa alle parole di Cristo.

L’attuale pontificato di Francesco, nel quale in molti emerge il tentativo di indicare una continuità con il predecessore, in realtà ne rappresenta la negazione e la contraddizione, riaprendo un dialogo interiore che era stato sostituito da elucubrazioni parascientifiche.

Attraverso lo studio del testo Gesù di Nazaret ho capito perché il cardinale Ratzinger abbia condannato la Teologia della Liberazione, i preti operai e abbia consentito, da pontefice, la divulgazione delle lettere di Teresa di Calcutta, quasi a volerne esorcizzare l’intera vita dedicata agli emarginati del mondo, perché in quelle lettere Madre Teresa esprimeva il dubbio che solo i giganti dell’umiltà possono avere e che diventa la santità del dubbio. Ho cercato di leggere prima e studiare dopo Gesù di Nazaret, scritto da Benedetto XVI, ma iniziato quando era ancora il cardinale Ratzinger. Già dall’introduzione si evince la volontà di trasferire nel metodo dell’analisi storica la figura e l’insegnamento di Cristo, nel tentativo di realizzare un’esegesi che in 2000 anni nessuno aveva chiesto e della quale nessun credente sentiva il bisogno. A pagina 11 si legge: «Se dunque la storia, la fatticità, in questo senso appartiene essenzialmente alla fede cristiana, quest’ultima deve esporsi al metodo storico. È la fede stessa che lo esige». Così, attraverso il metodo dell’analisi storica, dovremmo spiegare il senso più intimo della fede! Ma così il cattolicesimo cristiano, più che una religione, si ridurrebbe a un evento storico, analizzabile nei fatti più che negli effetti.

Ampliando il discorso, il cattolicesimo cristiano diventerebbe un fenomeno transitorio come transitori sono tutti i fatti umani, più che una religione o la religione, più che un insegnamento universale, diventerebbe un momento storico dell’evoluzione del pensiero, analizzabile, valutabile e interpretabile come qualunque altro evento antropologico. Concetto ribadito anche in quel Senza radici nel quale il Cristianesimo finisce con l’assumere le caratteristiche che appartengono più all’antropologia che alla mistica e alla Fede.

Per trovare un conforto alle certezze di una Fede intima e semplice che ho sempre sentito interiormente, ho voluto rileggere per l’ennesima volta quell’Imitazione di Cristo che ha sorretto la fede negli anni bui del Medioevo, quando la Chiesa era “distratta” dalle lotte per le investiture, dal potere temporale, dalle crociate e dalla vita opulenta e, spesso, dissacrata e dissacrante, vissuta nelle stanze del Vaticano. Fu il monachesimo che consentì la verifica dell’antica promessa di Cristo non praevalebunt, attualizzandosi e proseguendo il suo itinerario, malgrado la Chiesa ufficiale.

Rosario Amico Roxas

1136 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria