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In ricordo di Don Centimetro di Giorgino Carnevali (Cremona)

DAI RICORDI PIU’ BELLI, VUALA’, “DON CENTIMETRO”, PRETE TUTTO D’UN PEZZO. PERCHE’ L’OBLIO NON E’ UN DIRITTO!

| Scritto da Redazione
In ricordo di Don Centimetro di Giorgino  Carnevali (Cremona)

In ricordo di Don Centimetro di Giorgino  Carnevali (Cremona)

DAI RICORDI PIU’ BELLI, VUALA’, “DON CENTIMETRO”, PRETE TUTTO D’UN PEZZO. PERCHE’ L’OBLIO NON E’ UN DIRITTO!

Gianni Carlo, direttore d’un direttore, la dimensione del ricordo ha sempre a che fare con la parte emotiva di ciascuno di noi. Per questo i ricordi sono importanti e ci aiutano a costruire il nostro presente. Senti su allora, e te lo narro come meglio m’è venuto, quel ricordo.

E’ mezzodì, le campane suonano i dodici rintocchi. Oh Jesus quelle sante campane! Prima periferia di Cremona, un quartiere, ma non uno qualunque. Impossibile ipotizzare un suo ampliamento, così com’è “strozzato” da un perenne quadrilatero. Cimitero da un lato, due linee ferroviarie dall’altro, il resto la fa una tangenziale ad alto scorrimento di “anime perse per la strada”.

Spesso transito davanti a quella piccola chiesa, una volta cristianamente cristiano-cattolica. ora dedicata e frequentata dalla Chiesa Ortodossa Rumena. Transito, come altre volte, davanti e sempre mi prende un magone, un nodo alla gola. Era un “tot” di anni fa, già! In quel quartiere sviluppai tutta la mia “meglio gioventù”. E che gioventù! Così che: “Giorgino, vammi a comperare il vizio”. E’ lui, certo che è lui, e chi se no! E lo rivedo materializzarsi sul sagrato di quella angusta chiesetta. Ma è proprio lui, “don centimetro”.

Corro, e “di corsa”, entro in tabaccheria: “Un pacchetto di sigarette Nazionali senza Filtro”. Ritorno, puntuale il don è là ad attendermi. “Ecco don il resto”. Poi lui scompare in ver l’oratorio, tra i ragazzi, stretto in quella lunga “tonega” nera, sormontata da una sfilza interminabile di bottoni allacciati da sotto il mento sino ai talloni, ed abbellita dal solito immancabile bianco colletto. Azzardato dire “tonega” pulita? Non molto per la verità, ma non è così importante, tanto è il suo abitudinario “darsi da fare” nelle faccende di tutti i giorni.

Muratore, falegname, cuciniere, ortolano, affaccendato in “faccende” ordinarie di pulizia stanze e locali. Instancabile ed infaticabile “piccolo-grande uomo”. Madre natura non era stata sicuramente generosa in quanto a “statura”, tuttavia le efficaci pedate al fondo schiena dei più giovani rimarranno di sicuro palestra di vita. Celebrazioni eucaristiche? Sempre partecipate. Insegnamento e presenza in oratorio? Costante e coinvolgente. Supporto infaticabile per i più bisognosi e ammalati. Insomma un prete a 360 gradi. Guida morale e spirituale di tutta la comunità, sempre disponibile all’ascolto.

Ma quanto andava orgoglioso allorquando raccontava delle vicende di guerra, l’ultima (speriamo!), del supporto morale e materiale che infondeva ai “suoi ragazzi”, giovani soldati mandati prematuramente al fronte. Lui, “don centimetro”, valoroso Cappellano Militare.

Lui, che finita la guerra, nominato parroco, non si risparmiò mai fino a quando non riuscì, con volontari del posto e giovani parrocchiani, a terminare quell’aggregazione di giovani e non più giovani i quali godevano di una salutare e fresca “boccata d’ossigeno”, l’impareggiabile “Colonia Alpina”, costruita con tanta fatica in quel dell’allora poco frequentato Ponte di Legno, memorabile ritrovo estivo disciplinato per generazioni e generazioni di giovani.

Là io consolidai un indissolubile vincolo d’amore con la mia “ragazzotta” (termine per nulla volgare, anzi sentimentoso di tanto affetto!), coronando di lì a poco un orgoglioso: “Ti porto all’altare.”. Per tutta risposta: “Si, lo voglio anch’io!”.

 Negli anni del suo autunno, “don centimetro” volle tenacemente costruire l’attuale nuova chiesa, con la sottostante cripta dedicata ai caduti di guerra, fortemente voluta per la sua comunità che, pian piano, si stava espandendo. “Povera chiesa! Intorno tutto cresce, case, ricchezza, rumori, dolori e infelicità tante. Sola non cresce, anzi sembra invecchiare, coi muri scalcinati e sporchi, di parole sciocche, il sagrato pieno d’erba, i tetti ingombri di nidi vecchi e nuovi Chi osa credere ancora nella tua vita?

Eppure tu ci credi e sai attendere e guardare, senza turbarti….” (don Primo). Ecco, la mia metafora vale quel che vale, ma è un inscindibile attaccamento al culto religioso dei cristiani. Quanto attuali, amico mio Gianni Carlo, suonano ancora a festa quelle vigorose, spronanti parole del curato di campagna, prete in Bozzolo, cremonese di nascita. A “don centimetro” fu  meritoriamente intitola una piazza, proprio in quel quartiere, presenti sindaco e molte autorità cittadine.  Così che vecchi e nuovi frequentatori di quel quartiere non vollero mancare a quel prestigioso appuntamento.

Grande lavoro umano, pastorale generosa nel prendersi cura quotidiana del “suo gregge, contraddistinguono ancora oggi “don centimetro”, collocandolo tra le anime buone di una storia costellata di ricordi che mai cadranno nell’oblio. E tutti noi, “i suoi “ragazzi” non potremo mai dimenticare. A perenne ricordo di tutti i cristiani, senti su: “Ai borghesi le loro trombe, a noi le nostre campane” (don Primo Mazzolari). Ciao e di nuovo commosso, non già rattristato, un sincero grazie a te, Gianni Carlo, per lo spazio che mi vorrai riservare. Ciao.

Giorgino  Carnevali (Cremona)

17 luglio 2018

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