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La cattura e la fucilazione di Farinacci.Testimonianza del Vescovo E.Assi

| Scritto da Redazione
La cattura e la fucilazione di Farinacci.Testimonianza del Vescovo E.Assi

A VENT’ANNI DALLA MORTE DEL VESCOVO ENRICO ASSI, “CATTOLICI E RESISTENZA”. LA CATTURA E LA FUCILAZIONE DI FARINACCI, TESTIMONIANZE.
Monsignor Enrico Assi, originario di Vimercate,  fu vescovo di Cremona dal 1983 al 1992, anno in cui morì. Durante il suo episcopato avvenne la storica visita di Giovanni Paolo II nella nostra diocesi nel giugno 1992. Fa il suo ingresso tra noi nel giugno 1983. Lo stesso cardinale Martini, recentemente scomparso, volle personalmente accompagnarlo e presentarlo a tutta la diocesi nella cattedrale di Cremona. E’ sepolto nella cripta del nostro Duomo.
Perché parlare di un vescovo, dopo vent’anni dalla sua morte (16 settembre 1992), in prospettiva della Liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista? Semplicemente perché partecipò, lui giovane prete, alla lotta della Resistenza favorendo, così come tanti uomini e donne, la Liberazione dell’Italia. Si impegnò, con preghiere, azioni e sacrifici, a quell’avvenimento di popolo che furono Resistenza e Liberazione. Nel bel libro “Cattolici e Resistenza” da lui scritto nell’anno 1985 quando era vescovo di Cremona,  tra le tante, mons. Assi riporta una testimonianza che “tocca” molto da vicino noi cremonesi: LA CATTURA E LA FUCILAZIONE DI FARINACCI. Racconta:
“Il fatto che ebbe più vasta risonanza NON SOLO a Vimercate, ma in tutta Italia, fu la cattura e la fucilazione di Farinacci. Nelle prime ore del 27 aprile del 1945 Farinacci fu portato dal Comando partigiano della 103esima Brigata Garibaldina nella sede del comune dove  una grande folla si accalcava nel cortile. Il sindaco del C.N.L. Felice Sirtori, appoggiato da Alfredo Cremagnani, rappresentante della D.C. nel C.N.L. insistette affinché Farinacci fosse portato a Milano a disposizione del Tribunale Speciale secondo le direttive delle autorità politiche e militari costituite e le norme emanate da tempo da C.L.N. A.I (Alta Italia). A tale proposito si oppose violentemente il rappresentante del P.C.I. Achille Frigerio, appoggiato dal rappresentante del P.S.I. Stefano Oggioni. Frigerio sostenne che il popolo esigeva giustizia sommaria con un tribunale composto dalle famiglie dei caduti vimercatesi, da membri del C.N.L. e dal sindaco. Il sindaco si rifiutò considerando invece suo dovere inviare Farinacci al Tribunale  Speciale, non per eludere la responsabilità politica e morale di quella presidenza, ma per non usurpare competenze che non aveva, e perché fosse data da parte di tutti piena e leale osservanza agli ordini impartiti dal C.N.L. A.I.  Lo scontro tra il Sindaco e Sirtori e un Comandante delle Divisione Garibaldina “Fiume Adda” fu violentissimo. Non conoscendo la provenienza del Sindaco dalle file partigiane credette di poterlo accusare di pusillanimità. Il Comandante tentò allora di giustificare il processo sommario adducendo come motivo il timore che colonne nazi-fasciste che ancora si trovavano nei dintorni di Vimercate riuscissero a liberare Farinacci. Il Sindaco allora si offrì per portare il gerarca fascista a Milano, sotto la sua personale responsabilità. Ma anche questa proposta, coraggiosa e saggia, fu respinta. Prevalse la tesi del giudizio sommario. Si istituì allora nella Sala Consigliare un tribunale composto dai membri del C.N.L., da alcuni rappresentanti delle famiglie dei caduti vimercatesi e presieduto dal rappresentante del P.C.I. Achille Frigerio. Parlò il comandante partigiano accusando Farinacci di vari reati e di tradimento della patria. Rispose Farinacci ricordando i suoi atti di valore compiuti in guerra, la sua fede, mai spenta, nell’Italia e nel suo destino, osservando anche che dal 1926 non aveva occupato cariche in sede nazionale del Partito fascista. Seguì la sentenza di morte emessa dal Tribunale del Popolo. Il sindaco, intervenendo in quel momento nella sala, chiese a Farinacci se desiderava l’assistenza spirituale di un prete. Ebbe risposta affermativa. Non tutti nella sala erano d’accordo nel consentire l’assistenza spirituale al condannato.
Don Attilio Bassi, imprigionato dai fascisti il 2 febbraio, appoggiò vivacemente la richiesta di Sirtori e lo accompagnò nello studio del sindaco. Farinacci uscì con don Attilio Bassi: a loro due si affiancò don Anselmo Radaelli un insegnante del famoso Collegio Nicolò Tommaseo. Essi lo accompagnarono sino alla piazza sul luogo dove avvenne la fucilazione. Nella gravità della tragedia non si può non rilevare che il gerarca che aveva condotto la più aspra polemica contro la Chiesa, contro il suo saggio ed intrepido Vescovo, Mons. Giovanni Cazzani, quel gerarca che aveva protetto e cercato di lanciare contro la Chiesa lo sparuto ma combattivo drappello dei preti di “Crociata Italica”,  moriva con dignità, dopo aver parlato, in quel momento supremo, con un prete cattolico fedele alla sua Chiesa, accompagnato al luogo dell’esecuzione da DUE SACERDOTI CHE AVEVANO PARTECIPATO VIVAMENTE ALLA RESISTENZA, MA CHE IN QUELL’ISTANTE, MINISTRI DEL SIGNORE DELLA MISERICORDIA, CON LA LORO PRESENZA E CON LA LORO PAROLA. CONFORTAVANO NELLA FEDE IL CONDANNATO.
In quelle stesse ore io Enrico Assi, inforcata la bicicletta e partito dal Seminario di San Pietro Martire di Severo, sulla strada Seregno-Albiate-Biassono-Villasanta-Arcore, dovetti superare numerosi posti di blocco istituiti dalle diverse formazioni partigiane. Giunsi a Vimercate troppo tardi. Seppi del processo e della condanna a morte del Farinacci, della fucilazione. Rimasi profondamente scosso.
LA RESISTENZA DOVEVA SPEZZARE LA SPIRALE DELLA VIOLENZA. DOVEVA PROCEDERE A RICOSTRUIRE  UNA SOCIETA’ NUOVA SENZA RABBIA E SENZA ODIO. I COLPEVOLI DOVEVANO ESSERE PUNITI. MA DOPO REGOLARI PROCESSI”.
La storia riporta che Farinacci rifiutò di farsi bendare e pretese di essere fucilato al petto, ma ciò gli fu rifiutato. Ciononostante riuscì a divincolarsi e a girarsi, così i partigiani spararono in aria. Alla seconda scarica riuscì nuovamente a girarsi venendo colpito al petto. Prima di morire le sue ultime parole furono “viva l’Italia”.  Roberto Farinacci fu sepolto inizialmente a Vimercate. Solo nel 1956 la famiglia ottenne di farne trasferire le spoglie nella tomba di famiglia  a Cremona nel Civico Cimitero.
“Non c’è alcuna frattura tra il culto dei valori civili e cristiani che abbiamo ereditato dai nostri padri e lo slancio patriottico e cristiano che ha ispirato e sorretto la nostra Resistenza. Il rispetto inviolabile della vita e della persona, l’umile fierezza di una dignitosa povertà, la volontà di sviluppare una particolare forma di ESSERE UOMINI, quella cioè di essere liberi fino a pagare il prezzo della libertà e preferire – nel momento della prova – LE RAGIONI DEL VIVERE AL VIVERE STESSO: questo e’ L’HUMUS sul quale spuntò il seme della rivolta contro la tirannide e fiorì l’albero del sacrificio, fino al SANGUE DEI RESISTENTI” (Enrico Assi vescovo di Cremona).
La bella e suggestiva immagine del vescovo Assi (olio su tela) è opera del famoso artista cremonese Graziano Bertoldi.
Giorgino Carnevali

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