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La news di Natale di Medicina Democratica di Alessandria

I tre Referendum Cgil ed altro ancora

| Scritto da Redazione
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I tre Referendum Cgil ed altro ancora

Prepariamoci per i tre Referendum CGIL. Costituire Comitati locali. Reintroduzione dell’art. 18 a tutte le aziende con più di 5 dipendenti (prima erano 15): reintegro del dipendente licenziato senza giusta causa (sotto i 5 dipendenti non automatico ma a discrezione del giudice). Abrogazione dei voucher per prestazioni di lavoro saltuarie o accessorie quali forme di sfruttamento e lavoro nero. Abrogazione delle norme che limitano la responsabilità solidale degli appalti affinchè nel fenomeno dei subappalti le responsabilità giuridiche ed economiche ricadano sempre sulla impresa appaltante.

Inoltre i referendum (3 milioni e 300 mila firme) sono accompagnati da una proposta di legge popolare (un milione di firme): Carta dei diritti universali del lavoro, che aggiorna lo Statuto dei lavoratori (1970), in nome di un principio di uguaglianza che non tuteli solo i lavoratori pubblici e privati, ma anche i parasubordinati, veri o finti autonomi, professionisti atipici, flessibili e precari. Data prevista per il voto: primavera 2017, occorre partire al più presto con i Comitati locali.

I voucher e la bolla e la balla dell'occupazione. Uno dei tre referendum della CGIL riguarda l’abolizione dei voucher. 277 milioni di contratti, 1.380.000 lavoratori coinvolti, con una media di 83 contratti per persona. Solo nei primi 6 mesi del 2016 i nuovi voucher sono stati 70 milioni. Questi finti occupati sono sfruttati in lavoretti. L’occupazione non è salita, come mente il governo, è una bolla e una balla, è esplosa la flessibilità senza professionalità mentre produttività e Pil diminuiscono.

Effetto Jobs Act: crescono i licenziamenti. Uno dei tre referendum CGIL riguarda la reintroduzione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. L’Osservatorio del precariato dell’INPS ha rilevato nei primi 8 mesi del2016 un aumento del 28% dei licenziamenti individuali disciplinari: da 36.048 nel 2015 a 46.255. Nello stesso periodo i licenziamenti complessivi sui contratti a tempo indeterminato sono saliti dai 290.656 del 2015 a 304.437. La disoccupazione resta inchiodata al 12%.

Buon governo. Un italiano su tre a rischio povertà. Lo scrive il rapporto annuale ISTAT (che ha atteso il dopo referendum). 17,5 milioni di persone (28,7% dei residenti) senza lavoro o un minimo di reddito sufficiente a soddisfare i bisogni essenziali come la casa e l’alimentazione. Nel sud si raggiunge il 46,4%. Al nord il 20% più ricco percepisce il 37,3% del reddito totale mentre il 20% più povero solo il 7,7%. Le più colpite sono le famiglie numerose. Secondo la Coldiretti sono 7,2 (11,8%) milioni gli italiani che fanno letteralmente la fame.

Triplicata l’incidenza di povertà assoluta tra gli operai. Sono 2 milioni 987 mila i disoccupati, di cui 1 milione 600 mila con una disoccupazione di lunga durata, oltre 12 mesi, con scarsissime possibilità di trovare lavoro. Sono 1 milione 582 mila le famiglie in povertà assoluta e 4 milioni 598 mila le persone. Secondo la Banca d’Italia le famiglie operaie nel 45,9% dei casi hanno un solo percettore di reddito in famiglia e quasi la metà non ha una abitazione in proprietà. Dal 2005 al 2015 l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie operaie è triplicata.

Quasi il 30% degli italiani vive in povertà, ma il governo spende 64 milioni al giorno per preparare la guerra.  E’ un problema anche costituzionale. E il referendum lo ha mostrato in tutta la sua gravità...

A cura di Medicina democratica Movimento di Lotta per la salute (Alessandria)

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