Anche con le terapie attualmente disponibili, una percentuale minoritaria ma significativa di pazienti non riesce a ottenere una soppressione virologica (cioè una carica virale "non rilevabile") con trattamento di prima linea: lo dicono i risultati di un'ampia meta-analisi.
Gli autori hanno raccolto i dati emersi da 114 studi condotti su oltre 40.000 partecipanti. Con quest'analisi si è confermato un dato già noto: che in materia di terapia antiretrovirale sono stati compiuti passi avanti non trascurabili.
Prima del 2000, solo il 47% dei pazienti che assumevano il trattamento di prima linea arrivava ad abbattere la carica virale fino a livelli non rilevabili. Da allora, questa percentuale è stabilmente aumentata, fino a raggiungere l'82% negli studi successivi al 2008.
Sono risultate associate ai tassi più elevati di soppressione virologica in primo luogo le terapie combinate a base di un inibitore dell'integrasi, seguite da quelle che comprendevano o un inibitore della proteasi potenziato da ritonavir, oppure un inibitore non-nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI). Nel complesso, i dati vanno a confermare le combinazioni farmacologiche attualmente raccomandate nelle linee guida sul trattamento degli Stati Uniti.
È risultato anche che i pazienti con una carica virale superiore alle 100.000 copie/ml all'inizio del trattamento avevano meno probabilità di sopprimere la carica virale rispetto a quelli con livelli inferiori. Per questo, secondo gli autori, le linee guida potrebbero essere integrate con la raccomandazione di iniziare il trattamento prima che la carica virale arrivi a quota 100.000.
L'efficacia delle terapie antiretrovirali è sicuramente aumentata molto nel corso degli anni: ciò nonostante, anche dopo il 2008 restava un 18% di pazienti che non raggiungevano la soppressione virale. Inoltre, più si protraeva il trattamento di prima linea, più diminuivano i pazienti che riuscivano a mantenere soppressa la carica virale.
2013-07-16