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Lettera aperta al Ministro Poletti

Oggetto: Job Act

| Scritto da Redazione
Lettera aperta al Ministro Poletti

Crema, 27 novembre 2014

 

Gent.mo Ministro Poletti,

 

innanzitutto Le rivolgo un saluto manifestando il mio dispiacere per non poter essere presente alla Sua visita in terra cremasca: gli impegni istituzionali mi trattengono a Roma. Affiderò quindi a questa lettera aperta quanto Le avrei riferito durante il Suo intervento, sperando che la parola scritta possa trasmettere il sentimento ed il senso di preoccupazione che provo dinnanzi al cosiddetto Job Act che Lei viene a dispensare come una amare medicina. In primis la mancanza del confronto: anche il Governo di cui Lei fa parte è segnato dalla grave malattia berlusconiana e grillina della spavalderia che, tronfia di sé, va attorno credendo che non pagherà (anche se il dato emiliano di questi giorni vigorosamente afferma il contrario) il disprezzo per il principio democratico del confronto.

In seconda battuta bisogna che venga chiarito che questo Job Act, che non è un Disegno di Legge ma un Decreto del Governo e quindi - anche lui - non nasce dal confronto democratico, non migliorerà certamente la situazione dei lavoratori perché, insieme al Decreto precedente dei contratti a tempo determinato e che porta il suo nome, aumenta di fatto la precarietà, dentro e fuori i luoghi di lavoro.

Al di là, quindi, di tutta la scoppiettante e roboante propaganda di cui Lei e il Suo Governo siete artefici, questa normativa non produrrà più lavoro ma più precarietà, non più diritti e sicurezze per il futuro dei nostri giovani ma il profondo abisso in cui gettare il domani delle ultime generazioni che non hanno padri nobili od oscuri poteri più o meno forti a coprire loro le spalle. E’ possibile pensare che si esca dalla crisi aumentando la precarietà del lavoro? Noi pensiamo di no. Bisogna cambiare mentalità. Noi crediamo che per uscire dalla crisi servano investimenti per scelte strategiche e politiche industriali che creino lavoro e non precarietà. Più precarietà per le persone significa meno futuro per l’Italia: c’è bisogno di una vera riforma del mercato del lavoro che superi e riordini le quarantacinque forme contrattuali; dobbiamo regolare quelle poche (cinque!) che servono: il contratto a tempo indeterminato, il contratto a tempo determinato (con la motivazione del termine), part - time, le collaborazioni (in più le partite IVA laddove non nascondano una forma di lavoro dipendente), il contratto di apprendistato. Job Act: questo inglesismo mi fa riflettere. To Act prevede tra le possibili traduzioni in italiano anche quella di recitare. E’ questo il punto caro Ministro: la vostra è una recita che, purtroppo, sta incantando, come lo fece quella di Berlusconi, molti italiani. Lo spettacolo però finirà e il vostro sipario si chiuderà: il rischio più grosso è quello per i lavoratori, per la gente normale: resteranno ancora più esclusi e marginalizzati, proprio come quelli dello stabilimento Bosch che oggi avete escluso dal dibattito. Ancora.

On. Franco Bordo

Deputato di Sinistra Ecologia e Libertà

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