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L'intervento di R. Bona (Anpi) alle celebrazioni del 25 aprile a Cremona

| Scritto da Redazione
L'intervento di R. Bona (Anpi) alle celebrazioni del 25 aprile a Cremona

Un cordiale saluto a tutti voi in questo 25 aprile e un vivo ringraziamento dell’ANPI alle associazioni presenti oggi, all’ARCI di Cremona che anche quest’anno ha voluto con noi questa bella festa popolare di resistenza e liberazione, ma soprattutto al Presidente e ai volontari dell’ARCI grazie per il lavoro che fanno quotidianamente per la cultura di questa città, affinché Cremona sia più libera ed inclusiva, aperta e solidale. Anche in questo l’ANPI è al loro fianco.

Quest’anno il 67° anniversario della Liberazione e la manifestazione del 25 Aprile, si svolgono in uno scenario particolarmente grave non solo a livello italiano.

La drammatica crisi economico sociale che investe l’Europa e che si presenta in forme nuove nel mondo, oltre ad aggravare le condizioni di vita di milioni di cittadini e ad acuire la piaga della disoccupazione, soprattutto giovanile, rischia di provocare ripercussioni pericolose sotto lo stesso profi­lo democratico, mettendo a repentaglio fondamentali diritti e importanti conquiste realizzate nel corso della seconda metà del Novecento.

Sempre più preoccupante nel nostro Paese è la caduta dei valori che sono alla base dello Stato di diritto, dal rispetto delle regole e delle istituzioni a quello della stessa persona umana, mentre viene periodicamente messo in discussione il principio della divisione dei poteri su cui si fonda la democrazia repubblicana. La crescita delle disuguaglianze sociali, la mancanza o la precarietà del lavoro, la messa in discussione dei diritti dei lavoratori, il crescente numero di morti sul lavoro, che rimane una tragica costante del nostro Paese, confi­gurano violazioni dello spirito della Costituzione, che fonda la nostra Repubblica proprio sul lavoro e le affida il compito di rimuovere le barriere di disuguaglianza tra i cittadini.

Al lavoro, valore fondante della Repubblica, deve essere restituito il suo ruolo e la sua dignità, eliminando il contrasto stridente tra i principi costituzionali e la durissima realtà del nostro Paese.

Perché bisogna cioè uscire dalla crisi con più lavoro, più uguaglianza e più diritti. E con un’Europa democratica, politicamente e socialmente unita. Ecco perché auspichiamo un cambiamento profondo nella politica europea. Per troppo tempo i nostri destini sono rimasti nelle mani della destra e della sua concezione liberista dell’Europa. I disastri di questa ideologia, che lascia al mercato il compito di disegnare il rapporto tra gli uomini, oggi li abbiamo tutti davanti agli occhi e ne sentiamo gli effetti sulla nostra pelle.

 

E’ ora di cambiare ciclo, in Italia e in Europa. Per rimettere l’uomo al centro dei pensieri della politica. Ed è per questo che abbiamo bisogno di più politica. Perché senza politica lasceremmo ancora una volta al mercato e ai suoi padroni il compito di farla per noi.

Abbiamo bisogno di più politica, di buona politica, di una politica al servizio delle persone e della parte più debole e meno protetta della società. Abbiamo bisogno di più etica e spirito di servizio nella  politica. Di più partecipazione, disinteressata e rispettosa del bene pubblico. Per questo chiamiamo tutti: partiti, associazioni, sindacati, cittadini e noi stessi a fare la propria parte per rinnovare la politica, con umiltà, con orgoglio per la propria appartenenza ma senza egoismi. Questa è una battaglia che si può vincere solo insieme, nell’unità e nella solidarietà.

E’ scritto nell’art. 49 della Costituzione che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente per concorrere con spirito democratico a determinare la politica nazionale”. Non possiamo farci derubare da questa conquista. Non solo perché l’antipolitica ha già guidato, attraverso il populismo della destra e il mito dei partiti personali, gli ultimi vent’anni della nostra storia, ma anche perché chi parla genericamente della politica come se fosse un casta indistinta e come se il conflitto sociale non esistesse, rivela le proprie finalità propagandistiche a favore di quelle oligarchie che, temendo il protrarsi della crisi, vogliono ancora una volta piegarne a proprio favore il suo esito. Per costoro tutto deve cambiare affinché nulla cambi. Così chi non ha mai pagato, come le rendite finanziarie ed immobiliari, continuerà a non pagare e pagheranno ancora i giovani, i lavoratori dipendenti, le piccole e medie imprese, i pensionati e il terzo settore. La politica democratica serve invece a consentire ad una comunità di reagire alle ingiustizie e alle sofferenze; a dare rappresentanza, dentro il conflitto sociale, agli interessi e a cercare di comporli in un programma di governo. Questa è la politica per tanti giovani e tanti cittadini, come molti di voi, che si impegnano per senso civico, controcorrente.

 

Voi siete gli eredi dei padri costituenti. Perché questa libertà di associarsi è stata acquisita, prima con la Guerra di Liberazione e poi attraverso il libero confronto parlamentare. La libertà non è stata un regalo ma è stata conquistata al prezzo di spaventose sofferenze di quella parte del popolo italiano che ha resistito alla dittatura fascista e al nazismo. La libertà, oggi come ieri, non può vivere senza il coraggio e la partecipazione delle persone, dei cittadini.

Attenzione però perché l’esito della crisi non è scontato. Nel fallimento della destra, leghista e berlusconiana, non si affacciano solo l’antipolitica e la demagogia, ma anche formazioni di estrema destra che propongono modelli neofascisti, nazionalisti, reazionari e xenofobi. Vanno emarginati e sconfitti, conducendo una limpida battaglia unitaria d’idee e di azioni, una battaglia ferma ed intransigente ma non violenta e rispettosa della legalità e della Costituzione democratica e repubblicana.

 

Occorre però anche contrapporre una rigorosa concezione antifascista del nostro sistema normativo, delle Istituzioni, dei cittadini, ai sempre più frequenti tentativi di riportarci ad un passato che non può e non deve tornare, in qualsiasi forma.

Non possono essere più consentite tolleranze, connivenze e favori nei confronti di chi si ostina a negare il complessivo signifi­cato antifascista della nostra Costituzione. Mentre ricordiamo i Caduti della Resistenza contro il nazifascismo e celebriamo le pagine più ricche e belle della nostra storia, dobbiamo assumere l’impegno solenne a realizzare gli ideali per cui tanti sacri­fici sono stati compiuti ed a tradurre nella realtà i principi e i valori contenuti nella nostra Costituzione, consegnando ai giovani la speranza di un futuro migliore, di un’Italia libera e unita. Ciò signi­fica anche battersi per la realizzazione dell’unità politica e democratica dell’Europa, di un’Europa che, secondo la visione contenuta nel manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, dovrà essere unita non in nome di interessi mercantili, ma negli ideali della pace, della democrazia, della solidarietà, della giustizia.

In un contesto internazionale preoccupante è doveroso lanciare un forte appello per la salvaguardia e il rafforzamento della democrazia, per il rispetto e la garanzia, in ogni Paese, dei diritti umani, nella profonda convinzione che – come ha insegnato la Resistenza – ciò costituisce il fondamento della libertà e della pace. Un saluto particolare dunque alle associazioni che si battono per questi obiettivi.

Ancora una volta festeggiamo come una data storica, una ricorrenza che riguarda e coinvolge tutti i cittadini e l’intera nazione.

Una ricorrenza fatta di memoria e di ricordi di giorni gloriosi, di donne e uomini che hanno combattuto per la libertà e di molti che hanno perduto – per essa – la vita. Una festa che è anche tale perché ogni anno è l’occasione per rinnovare quei sentimenti di fratellanza e solidarietà che sono il connotato vero di un paese civile, anche se il nostro è lacerato ancora da accese divisioni, da inestinguibili odii, da interessi che nulla hanno a che fare col bene comune.

Oggi siamo in tanti, in tutte le piazze d’Italia, per ritrovarci, per cantare insieme le nostre canzoni più care, per rinnovare e rinsaldare il patto che cerchiamo di stringere tra generazioni diverse, tra coloro che hanno vissuto la Resistenza e coloro che – non avendovi partecipato per ragioni di età – ne percepiscono e ne accettano i valori di fondo.

Ma il 25 aprile di quest’anno è anche un momento di impegno in una fase così difficile della vita nazionale. Dobbiamo impegnarci a rimettere in primo piano i valori tramandati dalla Resistenza e trasfusi nella Costituzione, in un paese che, talvolta, sembra averli smarriti.

Lì troveremo la via per uscire in avanti da questa crisi che attanaglia il nostro paese, per ricominciare il cammino di progresso e di sviluppo non solo economico, ma anche culturale, sociale e civile che le vicende di questi anni sembrano avere interrotto.

Bisogna uscire dalla crisi “con rigore ed equità” ci ha detto il nuovo governo, che è venuto, non dimentichiamolo, non dopo i partiti, ma dopo Berlusconi e i suoi sodali, dopo i loro disastri; in diversi, troppi momenti abbiamo avuto la sensazione però che ci fosse però più rigore che equità e che mancasse quell’attenzione che pur sarebbe necessaria, verso i soggetti più deboli, quelli che pagano sempre, quelli che contribuiscono al bene nazionale pagando le tasse, quelli che cercano di lavorare, e spesso non ci riescono. Equità, dunque, è – e deve essere – una parola d’ordine fondamentale per superare questo momento, ma non deve restare solo una parola e deve tradursi in azioni di governo che riguardino anche chi ancora non ha pagato. In modo che ciascuno contribuisca davvero in relazione alle proprie capacità economiche. In modo che alleviando il carico sui ceti medi e bassi si possa far ripartire il lavoro e l’economia.

Le parole che pronunciamo in modo forte e chiaro in questo 25 aprile sono dunque lavoro, dignità, equità e solidarietà sociale, uguaglianza, democrazia, libertà, Costituzione.

Questo invocavano i caduti per la libertà, questo sognavano coloro che per la libertà hanno combattuto. A loro dobbiamo non solo corone, medaglie o riconoscimenti, ma anche e soprattutto azioni positive, che portino avanti i loro sogni, le loro attese e le loro speranze, e cerchino di realizzarle.

 

Una giornata, dunque, di festa e di impegno, perché ci sono tante voci che si levano per protestare contro l’ingiustizia sociale, contro la corruzione, contro il malaffare, contro la cattiva politica. Raccogliamole e mettiamole insieme, oggi e domani, per aprire nuovi orizzonti, nuove possibilità di sviluppo e di lavoro, per consolidare la democrazia, ancora troppo fragile, per garantire il perseguimento – da parte di tutti, istituzioni e cittadini – del bene comune.

In questo senso, il 25 aprile deve essere davvero la festa di tutti e deve unire tutti i cittadini di sinceri sentimenti democratici e antifascisti, attorno a una nuova speranza: costruire un paese civile, compiutamente democratico, onesto, come lo sognò  la Resistenza; un paese in cui la base della convivenza civile non sia costituita dagli interessi dei potenti e dai prepotenti, ma dalle parole, dai principi, dai valori della Costituzione.

A questa grande sfida andiamoci da oggi tutti insieme, al di là delle differenze e degli egoismi, per un’esaltante impegno, che ci apra il cuore non solo alla speranza, ma addirittura alla certezza di un futuro migliore.

 

Cremona 25 aprile 2012

 

Rodolfo Bona

(Presidenza ANPI Provinciale Cremona)

 

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