Amnesty International ha documentato per anni le gravi violazioni dei diritti umani sui migranti fermati in Libia e ha denunciato la complicità dei paesi dell’UE, in particolare l’Italia, che hanno finanziato, equipaggiato e istruito le autorità libiche.
Ma è stato il video-denuncia della CNN a rendere palese la situazione dei centri di detenzione libici e a sollecitare, una presa di posizione. Ad Abidjan in Costa d’Avorio, nel summit tra Unione Europea e Unione Africana del 29 e 30 novembre, è stata presa la decisione di svuotare i centri libici. Una decisione che sconfessa il precedente accordo fatto dall’Italia con la Libia per bloccare lì tutti i migranti, nonostante si sapesse dei trattamenti disumani praticati.
La soluzione raggiunta nel vertice di Abidjan dalle autorità libiche, con l’aiuto di Governo italiano e dell’UNHCR, può interpretarsi come un tentativo di tamponare in extremis una situazione non più tollerabile e che va ad offuscare l’immagine del nostro paese dal punto di vista del rispetto del diritto internazionale e umanitario.
L’evacuazione dei centri libici dovrebbe avvenire in collaborazione con l’ UNHCR e, secondo Carlotta Sami, sua portavoce, è già stata identificata la struttura di transito e di partenza da Tripoli. Un primo gruppo di 25 persone sarebbe già uscito dalla Libia, in Niger, e attende di arrivare in Francia. E’ stato chiesto all’Europa di accogliere 40mila rifugiati africani aventi diritto alla protezione umanitaria, ma la disponibilità offerta è di 10.500 posti, grazie alla Francia. Ciò non basta, pertanto il reinsediamento avverrà anche verso paesi extra-europei, come il Canada, disposto ad accogliere rifugiati tramite canali sicuri.
Ma l’operazione di reinsediare o rinviare nei paesi di origine i migranti presenta sostenute criticità e dubbi. Come farà, ad esempio, il Governo libico, che controlla una porzione molto limitata del territorio, a garantire che i flussi di rifugiati, in particolare le categorie più vulnerabili, che passano per la Libia vengano “intercettati” e inviati a Tripoli. Ci si chiede che impatto avrà “l’evacuazione” sul numero complessivo di rifugiati (oltre 500.000) che transitano sul territorio libico e quale sarà, invece, il destino di coloro che non avendo la “protezione internazionale” sono considerati “illegali”. In quali “Paesi terzi” verranno destinati, e con quali tempistiche? Che ne sarà dei migranti (circa18mila) chiusi nei centri di detenzione? Saranno prima o poi, liberati visto che, l’accesso a questi centri dipende dal permesso dalle autorità libiche e da altre milizie? Inoltre, è noto che la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra e riconosce lo status di rifugiato solo a una lista di sette nazionalità. Che trattamento sarà riservato a quanti non rientrano in questa lista?
Filippo Filippo Grandi, alto commissario Onu per i rifugiati, sostiene che il lavoro in Libia resta difficile e lungo.
Amnesty, invece, in un comunicato fa notare che “i piani che stabiliscono come prioritario il ritorno ‘volontario’ di persone, ora bloccate in Libia, nel loro paese di origine senza un sistema efficace per valutare e soddisfare le esigenze di asilo o per offrire più posti di reinsediamento, finiranno per costituire un meccanismo per una deportazione di massa, coperto da una foglia di fico umanitaria“.