Sabato, 20 aprile 2024 - ore 07.28

Pianeta Migranti. L’aiuto negato a casa loro

Le forze politiche che gridano di più “aiutiamoli a casa loro” quando erano al governo hanno fatto i tagli maggiori alla cooperazione internazionale. I migranti economici che oggi arrivano sulle nostre coste sono il frutto del mancato aiuto di allora. E’ troppo tardi per invocare -adesso- politiche di aiuto negate in passato.

| Scritto da Redazione
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I migranti che arrivano coi barconi non hanno più né casa né patria e vanno aiutati dove sono, cioè a casa nostra.

 Ma quando stavano nel loro paese quali politiche di cooperazione internazionale ha messo in atto il nostro governo?

Berlusconi ha governato dal 1994 al 2011, alleato anche con la Lega. Le scelte del suo governo in questo arco di tempo dimostrano che “l’aiutarli a casa loro” non stava tra gli obiettivi politici. Per esempio, nel 2001 mentre nel mondo aumentava l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) fino a toccare il livello più alto mai raggiunto (78,6 miliardi di dollari) l’Italia andava in controtendenza: -15,3% dal 2002 al 2003 e -9,7% tra il 2003 e il 2004. Inevitabilmente, l’Italia perdeva posizione nelle classifiche del DAC, il comitato dell’OCSE per la cooperazione allo sviluppo.

Nel 2002 a Barcellona, il governo italiano si era impegnato a raddoppiare i fondi destinati alla cooperazione internazionale entro il 2006, raggiungendo lo 0.33% del PIL. Ma nel 2003 gli stanziamenti previsti raggiungevano soltanto lo 0.17%, e per il 2004 lo 0,15% . Riguardo al rapporto aiuto pubblico allo sviluppo e PIL, la situazione per l’Italia era vergognosa: nel 2004 era l’ultima della lista.

Ma il top dei tagli si è raggiunto nel 2011. Era passato un mese dall’Assemblea generale dell’Onu dedicata agli obiettivi del Millennio, il programma avviato nell’anno 2000  che prevedeva di dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015 con l’aiuto ovviamente dei paesi ricchi. Il nostro Governo tagliava del 45% i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo del nostro paese raggiungendo un record negativo di 179 milioni di euro investiti. Alla cifra, la più bassa degli ultimi 20 anni, andavano sottratti oltre 80 milioni per le spese di gestione anche 90 milioni per operazioni sul terreno. Per fare una proporzione, l'Italia contribuiva alla lotta alla povertà per meno di un sesto dei fondi annuali di Medici Senza Frontiere.

Con una scelta del genere il Governo si assumeva la responsabilità di lasciare milioni di persone a un futuro di fame, povertà, pandemie come l’AIDS e la tubercolosi.

Ma nessuno allora diceva “aiutiamoli a casa loro” perché non si voleva credere -anche se sociologi e demografi lo dicevano- che povertà e miseria li avrebbero spinti fino da noi. Da notare che mentre si tagliavano risorse alla cooperazione, i ministri La Russa e Tremonti (Lega) trovavano i fondi per comprare gli F35: un piano faraonico di acquisto di 131 cacciabombardieri con una previsione di spesa di 15 miliardi di euro entro il 2026.

Dietro lo slogan “aiutiamoli a casa loro” manca spesso una cognizione dell’impegno economico che ciò comporta; manca la cognizione della situazione geopolitica di paesi come Siria, Afganistan, Yemen e tanti altri dove l’unico modo di aiutarli è fermare le guerre e non vendere più le armi, come invece fa l’Italia che vende bombe che distruggono lo Yemen nel disinteresse dell’opinione  pubblica. Ciò dimostra  che non importa se vivono o muoiono, ciò che conta è che non vengano qui. Un’ulteriore conferma sono le barricate per strada e le proteste in vari paesi anche solo per l’arrivo di pochi profughi. Si dice aiutiamoli a casa ma si vuol dire “state a casa vostra!” Di fatto, i migranti economici noi li respingiamo.

 

 

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