Martedì, 23 aprile 2024 - ore 21.33

Quali forze può mettere in campo lo Stato democratico per prendere in mano l'emergenza migranti. di Andrea Ermano

L'esperienza di questi anni dimostra che la facoltatività del servizio civile non coinvolge gli strati giovanili più emarginati. Al volontariato approdano uno su sei richiedenti

| Scritto da Redazione
Quali forze può mettere in campo lo Stato democratico per prendere in mano l'emergenza migranti. di Andrea Ermano

Ormai sull'emergenza migranti il tempo stringe. Ma difficilmente il Premier Renzi può illudersi di ottenere il sostegno internazionale se prima non sconfiggerà le infiltrazioni criminali e le pulsioni secessioniste che all'interno del nostro Paese ruotano intorno a questo drammatico fenomeno.

Fortunatamente, in Italia esistono delle "forze" che già sono attive nel salvataggio di migliaia di persone a rischio annegamento nel Mare Mediterraneo. Queste "forze" sono le Forze Armate italiane e anzitutto la Marina militare. Parrebbe perciò financo ovvio che ci si affidi a queste stesse Forze Armate – e non a certe masnade privatistiche o semi-privatistiche stile "mafia-capitale" – per il coordinamento dell'accoglienza dei profughi. Come fare? Sperando di non ricadere nel detto di Ferdinando Galiani riportato sopra nella rubrica “Ipse dixit”, ipotizzerei ciò che segue.

Si può procedere all'istituzione – possibilmente rapida – di un Servizio Civile, nel quale verrebbero obbligatoriamente coscritti tutti i profughi idonei alla leva civile, affinché vi formino una grande comunità di auto-aiuto, organizzata secondo regole militari, ma finalizzata a scopi esclusivamente civili: scopi di formazione linguistica, di apprendistato, di lavoro, di solidarietà e di sicurezza sociale.

La Repubblica nata dalla Resistenza deve stipulare un patto di dignità e chiarezza con ciascuna persona migrante, alla quale lo Stato italiano può garantire, dentro un nuovo quadro normativo, una lineare concessione del permesso di soggiorno e una seria prospettiva di naturalizzazione. Unica conditio: l'assolvimento del Servizio Civile Migranti.

È questa la risposta che l'Italia repubblicana deve dare a chi specula in termini economici, politici e geo-politici sull'emergenza migranti. Lo Stato democratico deve prendere in mano la situazione e chiudere i conti con le bande criminali che lucrano sulla pelle dei disperati nel modo più scandaloso. Lo Stato democratico deve sconfiggere la xenofobia di chi lancia irresponsabili appelli all'eversione (in Italia) e alla guerra (in Libia).

 Perciò l'istituzione di un Servizio Civile Migranti ci appare come lo "strumento degli strumenti", una mano visibile che contrastando l'emergenza rafforza la polis, aggredisce la corruzione, combatte l'eversione, riporta nel Paese un clima di umanità, riscuote il dibattito europeo dall'incantesimo di troppi ego-tatticismi nazionali.

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 Approfondire un discorso sul Servizio Civile Migranti sarebbe cosa qui troppo lunga e complessa. Senza contare che per farlo occorrerebbe poi svolgere un secondo discorso, non meno lungo e complesso, intorno al Servizio civile nazionale tout court. Infine, ci sarebbe anche un terzo discorso, quello sul "salario di cittadinanza", che può essere ragionevolmente incardinato in senso legislativo solo secondo un criterio di equilibrio tra diritti e doveri.

 A proposito di questi ultimi, vale la pena ricordare che in Italia il servizio civile ha assunto forma volontaria nel 2001, contestualmente alla fine dell'obbligo militare. Prima di allora esso rappresentava l'opzione alternativa, ma vincolante, all'obbligo di leva. «Dal momento della sospensione del servizio obbligatorio militare anche il servizio civile sarà interamente volontario», disse il presidente Sergio Mattarella, all'epoca Ministro della Difesa. E aggiunse: «Qualsiasi giovane potrà comunque concorrere alla difesa della patria con mezzi ed attività non militari. I futuri volontari potranno continuare a favorire e promuovere la solidarietà e la cooperazione. Oltre tutto, il servizio civile sarà anche alla portata delle donne. Insomma sarà solo una questione di scelta personale».

Tutti salutammo con grande soddisfazione quella riforma. Ma molte cose sono frattanto accadute, tra cui un'ulteriore diffusione del malcostume, anche all’interno del volontariato. A ben vedere, stiamo incubando un vulnus costituzionale, in quanto l'Art. 52 della Carta recita così: "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.- Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge…".

Ora, posto che la Consulta ha sì stabilito il diritto del cittadino a servire la patria anche espletando un servizio alternativo a quello armato (sentenza n. 164/1985), tale opzione non cancella tuttavia il carattere costituzionale di universalità e obbligatorietà che caratterizza il "sacro dovere" di cui parla la Costituzione.

Del resto, con una disoccupazione giovanile oltre il 40% appare persino opportuno ripensare l'intera materia. L'esperienza di questi anni dimostra che la facoltatività del servizio civile non coinvolge gli strati giovanili più emarginati. Al volontariato approdano uno su sei richiedenti. Ed è facile supporre che ne restano escluse/i proprio quelle ragazze e quei ragazzi che più di altri avrebbero invece bisogno di essere coinvolti in un percorso d'inserimento formativo e lavorativo.

In questa luce il Sevizio civile nazionale andrebbe ripensato. E andrebbe collegato con il tema del "Salario di cittadinanza", a partire dal celebre saggio di Ernesto Rossi, Abolire la miseria, in cui viene trattato il tema "Esercito del lavoro" (vai al testo di Ernesto Rossi) che focalizza abbastanza bene ciò di cui oggi avremmo

Ultima osservazione, telegrafica: anche il discorso sul "sacro dovere" sarebbe molto lungo. Espressioni come "difesa della Patria" possono francamente apparirci ipotecate e retoriche. Diciamo, tuttavia, che la parola "Difesa" esclude qui la possibilità per l'Italia di tornare a essere uno "Stato aggressore" di tipo nazionalista o imperiale o fascista. E l'aggettivo "sacro" può semplicemente intendersi quale attributo di un "dovere" da custodire sottratto alle – umane troppo umane – ipocrisie e/o astuzie del potere, dell'ideologia, dell'intrallazzo, del menefreghismo e anche del "tanto peggio tanto meglio".

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