Greenpeace Italia rilancia lo studio “Premature mortality due to air pollution in European cities: a health impact assessment”, pubblicato su The Lancet Planetary Health da un team internazionale di ricercatori guidato dall’Institut de Salut Global (ISGlobal) e Universitat Pompeu Fabra di Barcellona, che evidenzia i drammatici impatti dell’inquinamento atmosferico nelle città italiane.
Mark Nieuwenhuijsen, autore senior dello studio e direttore dell’Iniciativa de Planificació Urbana, Medi Ambient i Salut di ISGlobal, sottolinea cher «Questo è il primo studio a stimare il carico di mortalità dovuto all’inquinamento atmosferico a livello di città in Europa. I nostri risultati supportano l’evidenza che non esiste una soglia sicura al di sotto della quale l’inquinamento dell’aria è sucuro per la salute. Inoltre, suggeriscono che l’attuale legislazione europea non protegge adeguatamente la salute delle persone, quindi i limiti massimi consentiti di NO2 e PM2,5 dovrebbero essere rivisti. Ci auguriamo che i governi locali possano utilizzare questi dati per attuare la pianificazione urbana e le politiche di trasporto volte a migliorare la salute delle persone».
Greenpeace spiega che «Lo studio stima su base locale il numero di morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico in più di mille città europee, stilando una classifica rispetto ai due principali inquinanti presi in esame, il particolato sottile (PM2.5) e biossido di azoto (NO2), sulla base della popolazione e del tasso di mortalità di ogni città». E purtroppo le due città in testa alla classifica di morti premature legate all’inquinamento da PM2.5 sono due città italiane, Brescia e Bergamo, ma tra le prime dieci troviamo anche Vicenza e Saronno, mentre le città italiane in cui l’inquinamento da NO2 colpisce di più sono Torino (al terzo posto) e Milano (al quinto).
Le dieci città con il maggior carico di mortalità attribuibile all’inquinamento da PM2,5 sono:
- Brescia (Italia)
- Bergamo (Italia)
- Karviná (Repubblica Ceca)
- Vicenza (Italia)
- Unione metropolitana dell’Alta Slesia (Polonia)
- Ostrava (Repubblica Ceca)
- Jastrzebie-Zdrój (Polonia)
- Saronno (Italia)
- Rybnik (Polonia)
- Havirov (Repubblica Ceca).
In termini di mortalità associata all’NO2, le dieci città in cima alla lista sono:
- Madrid area metropolitana (Spagna)
- Anversa (Belgio)
- Torino (Italia)
- Parigi area metropolitana (Francia)
- Milano area metropolitana (Italia)
- Barcellona area metropolitana (Spagna)
- Mollet de Vallès (Spagna)
- Bruxelles
- Belgio)
- Herne (Germania)
- Argenteuil – Bezons (Francia)
Le dieci città europee con il minor carico di mortalità attribuibile all’inquinamento da PM2,5 sono:
- Reykjavik (Islanda)
- Tromso (Norvegia)
- Umea (Svezia)
- Oulu (Finlandia)
- Jyvaskyla (Finlandia)
- Uppsala (Svezia)
- Trondheim (Norvegia)
- Lahti (Finlandia)
- Orebro (Svezia)
- Tampere (Finlandia).
Le dieci città europee con il minor carico di mortalità attribuibile all’inquinamento da NO22 sono:
- Tromso (Norvegia)
- Umea (Svezia)
- Oulu (Finlandia)
- Kristiansand (Norvegia)
- Pula (Croazia)
- Linkoping (Svezia)
- Galway (Irlanda)
- Jonkiping (Svezia)
- Alytus (Lituania)
- Trondheim (Norvegia)
Per Greenpeace, «Questa classifica impone una riflessione urgente, se si pensa che nelle città europee 51.900 di queste morti potrebbero essere evitate ogni anno, se solo il livello dei due inquinanti presi in considerazione per stilare questo ranking fosse mantenuto al di sotto delle soglie raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Nelle sole città italiane prese in considerazione, rispettando gli standard dell’Oms, si potrebbero evitare ogni anno quasi 15 mila morti premature».
Il recente studio “Covid-19, esposizione al particolato e allevamenti intensivi”, realizzato in collaborazione da Greenpeace Italia e Ispra, evidenzia che «In Italia riscaldamento e allevamenti intensivi sono responsabili in totale del 54% del PM2.5. In particolare, il contributo degli allevamenti è strettamente legato al gran numero di animali allevati e ha continuato a crescere, passando dal 7% del 1990 al 17% nel 2018».
Greenpeace fa notare che il contributo è ancora più rilevante nelle zone ad alta concentrazione di allevamenti intensivi, come il bacino padano, dove si trovano Brescia e Bergamo, le due città italiane ai primi posti nella classifica dello studio pubblicato su The Lancet Planetary Health, dove anche la mortalità da Covid-19 è stata particolarmente alta. «Come ipotizzato dalla comunità scientifica, infatti – dicono gli ambientalisti – l’esposizione costante alle polveri sottili potrebbe rendere le persone più vulnerabili al virus».
Secondo Simona Savini, campagna agricoltura di Greenpeace Italia, «E’ sempre più evidente come il nostro modello di produzione e consumo eccessivo di prodotti animali rappresenti un costo insostenibile per l’ambiente e per la salute. Davanti a questi numeri allarmanti è necessario che le istituzioni si decidano a usare gli ingenti fondi messi a disposizione dalla Politica Agricola Comune e dal Recovery Plan per avviare una riduzione della produzione e consumo di carne e una riconversione ecologica del settore, che possa migliorare anche le condizioni degli stessi allevatori, oggi anello debole della filiera».
Il biossido di azoto viene invece largamente prodotto dal settore dei trasporti che, oltre all’impatto sulla qualità dell’aria, è anche responsabile di circa un quarto delle emissioni di gas serra in Italia. Federico Spadini, campagna trasporti di Greenpeace Italia, aggiunge: «Per mettere davvero fine alla crisi dell’inquinamento atmosferico e insieme all’emergenza climatica, dobbiamo intervenire subito per cambiare il settore dei trasporti, puntando sull’abbandono dei combustibili fossili e sulla mobilità sostenibile, elettrica e condivisa, a partire dalle città. Per questo motivo esprimiamo preoccupazione rispetto al fatto che la mobilità urbana è ampiamente trascurata nella bozza del Recovery Plan trasmessa al Parlamento. Chiediamo al governo di rivedere le proposte e le cifre allocate per garantire una mobilità sostenibile, pulita e accessibile per tutti e tutte».
Studio e classifica sono stati commentati anche da Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria: «Ogni anno in Italia muoiono migliaia di persone per l’inquinamento atmosferico e, nonostante questo, è Governo, regioni e sindaci sembrano immoti. Questa ricerca dimostra il problema va affrontato subito, a partire dal PNRR, che deve mettere al centro dell’azione del paese le città e la mobilità delle aree metropolitane. Ancora una volta emerge poi chiaro che è indispensabile, almeno nelle aree di pianura dove si violano i limiti per il particolato, imporre il divieto all’uso di legna e pellet per riscaldare le case».
Tirato in ballo dallo studio e dagli ambientalisti, il ministro dell’ambiente Sergio Costa ha risposto che «E’ tra le mie priorità incontrare gli assessori delle Regioni del Bacino Padano per affrontare insieme in modo strutturale il problema del miglioramento della qualità dell’aria, rispondendo così alla loro richiesta di vederci, anche alla luce del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Grazie al lavoro costante con la maggioranza – continua il ministro –, proprio nell’ultima bozza del Pnrr si fa uno specifico riferimento al tema delle qualità dell’aria: si precisa che è un tema trasversale, che attraversa tutto il piano di investimento. Specificatamente nelle missioni “Agricoltura sostenibile ed economia circolare” e “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”, ma ci sono misure specifiche in tutti i settori che maggiormente impattano sulle emissioni di inquinanti e concorrono al miglioramento della qualità dell’aria, in accordo con il “Clean Air Dialogue” firmato a Torino nel 2019 e con gli accordi di programma già sottoscritti dal ministero dell’Ambiente con le Regioni, che sono l’istituzione con cui interloquiamo. La lotta all’inquinamento atmosferico si fa su più fronti e su questo dobbiamo lavorare, puntando su interventi a tutto tondo, dall’energia ai trasporti al sistema produttivo».
Il ministero dell’ambiente ricorda di aver stanziato 180 milioni di euro nel 2019 per il miglioramento del trasporto pubblico nelle regioni del Bacino Padano; nel dl Agosto è stato previsto il fondo pluriennale da 900 milioni dal 2020 al 2034 e di 40 milioni l’anno dal 2035, per l’abbattimento delle emissioni di polveri sottili e ossidi di azoto, sempre nelle regioni del Bacino Padano.
Costa conclude: «Ritengo che si debba agire su due livelli: misure urgenti e immediate, e strutturali. Di questo parleremo, al più presto, al tavolo con gli assessori. Parallelamente, verrà riformata la normativa nazionale sul controllo dell’inquinamento dell’aria, con l’allineamento della legislazione nazionale e regionale e misure di accompagnamento per la riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici».
(Fonte Greenreport.it)