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Stato vegetativo. Quali strutture?

| Scritto da Redazione
Stato vegetativo. Quali strutture?

Quali strutture per le persone in stato vegetativo e stato di minima coscienza?
Articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2011 e presente nella categoria: Uneba.
La Conferenza unificata Stato Regioni ha approvato le Linee di indirizzo per l’assistenza alle persone in stato vegetativo e stato di minima coscienza.

Nascono dalla rilevazione di varie disomogeneità nei servizi offerti a queste persone lungo l’Italia: diverse le diagnosi, le terapie, i requisiti strutturali per le varie fasi, il sistema di remunerazione.

Le Linee d’indirizzo invitano, d’intesa con le associazioni delle famiglie, a non considerare “malato” o “paziente” la persona che si trova in stato vegetativo (SV, da non definire “permanente”) o stato di minima coscienza. Bensì a considerarlo “persona con gravissima disabilità” e che quindi “può seguire terapie di prevenzione, mantenimento e cura presso strutture non sanitarie”.

Ma quali? Che tipo di soluzioni?

Il gruppo di lavoro che ha curato le Linee di indirizzo ne individua tre.

DOMICILIO

La soluzione preferita è il ritorno a casa della persona gravemente disabile per SV o SMC. Le aziende sanitarie fornirebbero assistenza sanitaria e sociale e l’accoglienza periodica in un centro diurno.

SPECIALI UNITÀ DI ACCOGLIENZA PERMANENTE (SUAP)

“Devono essere – si legge nelle Linee di indirizzo – separate e distinte da aree di degenza ordinaria e dai reparti di riabilitazione intensiva o estensiva o di riabilitazione per Gravi Cerebrolesioni Acquisite. Esse debbono essere aree/nuclei con spazi specifici (…) in grado di favorire una risposta adeguata e personalizzata ai bisogni di questi pazienti. (…) L’accesso alle SUAP può essere effettuato, alla luce di un preciso progetto individuale, direttamente da reparti di riabilitazione e/o lungodegenza o da strutture riabilitative per GCA o dal domicilio per periodi di sollievo, nell’ambito del progetto individuale .”

RESIDENZE DOMICILIARI PROTETTE

Ovvero, chiarisce il documento, “case di accoglienza dove coabitano in un domicilio comune più persone in SV o SMC, che recentemente stanno nascendo come modello teorico grazie alle iniziative di singoli professionisti del settore in collaborazione con associazioni di volontariato e con gli enti locali (comune, regione, ASL).

Si tratta di modelli di assistenza integrata dove la ASL territoriale garantisce le competenze sanitarie di assistenza domiciliare e il supporto gestionale viene fornito dal comparto sociale, da associazioni di volontariato, dalle famiglie stesse, tutti sottoposti preventivamente ad adeguato training formativo. (…)Si configura non solo come luogo di residenza, tutela ed assistenza per persone con totale assenza di autonomia ma, anche come luogo di servizi psico-sociali a sostegno della famiglia (…) Oltre a posti di residenza stabili, possono essere dotate di ‘posti di sollievo’ e di ‘transito’”.

Le Linee di indirizzo insistono sulla necessità di definire con direttive nazionali i percorsi di cura e incentivare lo sviluppo di reti regionali assistenziali dei pazienti in SV e SMC.

fonte: http://www.uneba.org/quali-strutture-per-le-persone-in-stato-vegetativo-e-stato-di-minima-coscienza/

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