Torniamo sulla poesia di Silvio Ramat, uno dei massimi poeti viventi italiani | Vincenzo Montuori (Cremona)
Ramat ha scritto tantissimi volumi si poesia, da quella in versi liberi a veri e propri poemetti (si ricordi “Mia madre, un secolo”) dedicato alla madre.
La sua vena poetica più efficace risiede, secondo me, nei testi brevi, dal sapore epigrammatico, a volte ironico, che spesso nel giro delle rime nascondono delle sottili verità.Tra essi ricordo un volumetto, “il Canzoniere dell’amico espatriato” che è formato da testi in quartine in genere a rima incrociata (ABBA). Leggiamone qualcuna:
Un giorno -certo- dovrai replicarmi
per le rime.Ritrarre in quattro versi
me che decanto i dieci nostri persi
anni, abile solo a farne carmi.
Sono gli oggetti a trascinarci via-
noi che crediamo di portar via loro-:
un fermacarte, un lume, un filo d’oro
o la vecchia poltrona della zia.
Una cascata, più che una valanga,
queste parole. N’è sorgente il cuore.
La rima destinata è con dolore.
Per il tuo bene, spero che tu pianga.
SILVIO RAMAT
Seguendo questa modalità dell’epigramma, ho scritto anch ‘io diversi testi che, sotto un velo ironico, nascondono smarrimenti e dubbi: vi riporto due esempi ricavati dal volume “Amore e disamore” del 2010:
I
La rosa che mi offri
domani è già avvizzita:
vita della mia vita,
che cosa posso farci?
Il bacio che m’inganna
sfiorisce sulle labbra:
che vuoi che me ne abbia
se a un altro tu già pensi?
II
Si comportava come un moroso
che, per tutta la vita,
abbia un conto in sospeso
Chiedeva sempre: “Ha scritto qualcuno,
forse telefonato”?
All’evidenza non si arrendeva:
mai nessuno lo aveva cercato.
VINCENZO MONTUORI