Sabato, 11 maggio 2024 - ore 21.03

Unioni Civili nel dibattito consiliare a Cremona: c'è chi non ci sta

A chi tocca fare le leggi, in Italia?

| Scritto da Redazione
Unioni Civili nel dibattito consiliare a Cremona: c'è chi non ci sta

In Consiglio Comunale a Cremona oggi approdano le mozioni sulla richiesta di trascrivere i matrimoni tra lo stesso sesso contratti all'estero nell'ordinamento legislativo italiano, o meglio, dell’approvazione di un Registro delle Unioni Civili a Cremona. Vorremmo fare una domanda alle istituzioni pubbliche locali che domani saranno chiamate al confronto e alla discussione: di che cosa si vuole davvero discutere? 

«L’unione civile non è un matrimonio più basso, ma la stessa cosa. Con un altro nome per una questione di realpolitik» - Ivan Scalfarotto, Esponente del PD, Sottosegretario di Stato al Ministero delle Riforme costituzionali e Rapporti con il Parlamento nel Governo Renzi - Repubblica 16 ottobre 2014.  Se è di questo allora che si sta discutendo, cioè arrivare prima o poi al matrimonio tra persone dello stesso sesso usando scappatoie, ci permettiamo di sottolineare alcuni punti. L’unione di due persone, secondo lordinamento giuridico italiano, trova pieno riconoscimento solo attraverso il matrimonio, istituto accessibile alle sole persone celibi ed inaccessibile alle coppie dello stesso sesso.

A chi tocca fare le leggi, in Italia? La risposta dovrebbe essere logica: al Parlamento. Secondo quanto insegna la Costituzione, i tre poteri dello Stato – Legislativo, Esecutivo e Giudiziario – hanno compiti diversi, complementari e non sovrapponibili.

L’unione civile è il termine con cui si indica l’istituto giuridico, diverso dal matrimonio, comportante il riconoscimento giuridico, organico e complessivo, della coppia di fatto (indipendentemente dall’identità sessuale), finalizzato a stabilirne diritti e doveri. In Italia tale istituto giuridico non è mai stato disciplinato positivamente dal legislatore in 70 anni di vita repubblicana. Sia il Parlamento che con coraggio affronti seriamente la questione e si decida a legiferare in modo omogeneo in ogni angolo e comune d’Italia. C’è bisogno di Registri comunali delle unioni civili? E per che cosa? Non siamo «omofobi» trinariciuti, non siamo tra quelli che vogliono impedire agli omosessuali di visitare il loro convivente in carcere o in ospedale o di subentrare nel contratto di affitto quando il loro convivente muore. Questi diritti in Italia ci sono già. Elencarli, risolvendo piccoli problemi che qua è là ancora rimanessero, in una carta dei diritti e doveri dei conviventi, uno statuto o un testo unico non sarebbe per nulla sconveniente: ma anche questo è un compito e una prerogativa del Parlamento, non dei Comuni, delle Province e delle Regioni.

La coppia di fatto, anche omosessuale, quale formazione sociale, trova già riconoscimento nell’articolo 2 della Costituzione italiana, secondo cui la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Noi chiediamo alle istituzioni locali più interventi e politiche di promozione e sostegno della famiglia con figli, più investimenti per i nostri giovani, più opportunità di valorizzare e riconoscere il lavoro di cura (minori, anziani, disabili) che le famiglie cremonesi mettono in campo nel fai da te quasi assoluto. Davvero pensiamo che "indebolire ulteriormente la famiglia creando nuove figure che finiscono per scalzare culturalmente e socialmente questo nucleo portante della persona e della società" - perchè di questo in realtà si sta discutendo – contribuisca a costruire una società che investe sul proprio futuro?

Il punto di partenza giuridico è la definizione del modello di famiglia richiamata dalla Costituzione della Repubblica Italiana dove si parla di famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29 della Costituzione). Se la famiglia naturale viene colpita anziché valorizzata, non è soltanto un problema etico: è un problema economico e sociale, è una politica miope che provocherà maggiore disoccupazione, recessione e aumento di spesa pubblica (basti pensare soltanto ai costi dell’assistenza sociale per venire incontro ai bisogni provocati dalla disgregazione della famiglia).

Massimiliano Esposito

Referente Circolo Voglio La Mamma Cremona-Mantova

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